Caciocavallo Podolico

18 marzo 2020 - 10:25

La razza Podolica origina dal “Bos Primigenius Podolicus”, un bovino
dalla mole imponente e dalle corna lunghe che, pare abbia incominciato
a pascolare tra i ricchi arbusti e le piantine dell’Italia meridionale
addirittura a partire dal 452 d.C. quando cioè intere mandrie si
addentrarono nel “bel paese” al seguito degli Unni passati proprio
attraverso le steppe ucraine: la vera culla della razza Podolica.
Secondo un’altra teoria, più affine però alle alte sfere della
leggenda, sin dal I secolo a.C. sarebbero stati presenti bovini a corna
lunghe provenienti da Creta, dove già in epoca minoica esisteva il
bovino macrocero identificabile, appunto, con il Bos primigenius.

Comunque, quale che sia la singolare “genesi” dei capostipiti di questa
razza, ciò che a noi interessa è che proprio dalla mucca podolica si
ottiene, tra le alture dell’Irpinia, un latte dalle superbe qualità
organolettiche ricco di grassi e proteine dall’elevata attitudine alla
caseificazione, con il quale si produce il caciocavallo.
Un latte intriso di pregiate qualità figlie anzitutto dalla singolare
natura del pascolo: cereali, arbusti di sottobosco, particolari erbe
aromatiche che si vanno ad aggiungere a sulla, avena, prugno selvatico,
trifoglio, veccia ecc. Un genuino alpeggio che si sprigiona in tutta la
sua bontà, anche nelle note aromatiche e nei profumi che arricchiscono
il caciocavallo che, in primavera, assume un caratteristico colore
rosato dovuto alle fragoline di bosco di cui si nutrono le mucche.
Questo singolare formaggio si presenta oggi in forma tondeggiante: una
sorta di gustoso “sacchetto”, con una strozzatura chiamata “collo” e un
rigonfiamento che prende il nome di “testa”, modellato con incredibile
velocità dalle abili mani del “massaro”, il vero e rispettatissimo
factotum delle antiche masserie della Campania. Una forma tanto
singolare quanto l’origine di questo particolarissimo nome che deriva,
probabilmente, o dall’usanza, antica quanto il formaggio stesso e
ancora oggi usata, di legare le forme a coppie e di appenderle a
stagionare a cavallo di una trave, o dall’abitudine dei pastori di
inforcare le forme sulla sella del cavallo.

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