Monte Falco: sul tetto dell’Appennino Tosco-romagnolo

20 maggio 2018 - 19:39

D’inverno il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna avvolge il crinale tosco-romagnolo con un ininterrotto candido mantello di boschi incantati.

L’oculata gestione del grande patrimonio forestale del Casentino, durata per molti secoli (risalgono al 1012 le prime testimonianze di presenza umana in questi luoghi, e in seguito qui veniva ricavato il legname per le navi per la Repubblica Pisana o per il Duomo di Firenze) ha consentito la conservazione di ettari di foresta di grandissimo interesse naturalistico per la loro integrità. Non a caso, si dice oggi che sarebbe possibile attraversare il Parco da un lato all’altro senza mai uscire dalla foresta, nella quale si possono contare oltre 1300 specie di piante differenti. Negli ultimi tempi, l’abbandono delle campagne e delle montagne, a favore di altri più confortevoli luoghi di lavoro a valle, hanno fatto sì che il territorio si ripopolasse anche di molte specie animali. Oggi si sa che nel folto delle sue foreste, specialmente tra le aree maggiormente protette o nei versanti romagnoli, più impervi, sono tornati stabilmente il lupo e l’aquila reale, mentre sono aumentate le popolazioni di cervi, caprioli e daini.

Da Campigna (m 1077) si segue l’antica mulattiera per la Calla, come per l’itinerario Nel cuore delle Foreste di Campigna).

A destra del valico (m 1295, 45 minuti), esattamente dal retro del rifugio, si imbocca il sentiero nr.00 (segnavia anche Gea e Ct; controllare di non aver erroneamente preso il nr. 82) che si tiene nella faggeta fino ad uscirne presso il vecchio rifugio CAI della Burraia (m 1451), in sasso, non lontano da quello moderno che sorge poco più in basso tra i prati.

Si tiene la sinistra raggiungendo la cresta che scende da M. Gabrendo, alle nostre spalle, e sale di fronte a noi a Poggio Lastraiolo (m 1483; sempre segnavia nr.00) per poi snodarsi verso Nord-ovest e poi decisamente verso Ovest, alzandosi progressivamente con Poggio Sodo de’ Conti (m 1559) e con una serie di dossi culminanti infine con Monte Falco (m 1658, 1.30 ore), tetto assoluto dell’Appennino tosco-romagnolo.

Dalla cima di Monte Falco si prosegue sull’inequivocabile linea della cresta sommitale, che piega verso Sud-Ovest mantenendosi sempre in quota e culminando infine con il Monte Falterona (m 1654, 30 minuti). Si torna ora sui propri passi fino al Monte Falco.

Poco oltre la cima (circa 250 metri) si volta a sinistra per il sentiero del Lupo (segnavia Gea, Soft e nr.00) che passando sotto la sorgente di Sodo de’ Conti va a cavalcare un crinale secondario coperto di faggi. Ci si tenga religiosamente sulla traccia battuta: i bordi dei burroni a sinistra e i canaloni sulla destra racchiudono formazioni vegetali rare o rarissime e non vanno calpestati.

Si raggiunge quindi la radura di Piancancelli, sulla strada Borbotto-Calla e si volta in quest’ultima direzione (destra) per quasi 2 chilometri di inevitabile asfalto, peraltro in ambiente piacevolissimo di faggeta.

Oltrepassato il Rifugio La Capanna si raggiunge il grande piazzale-parcheggio di Fangacci de’ Conti alla cui estremità orientale si imbocca il bel sentiero nr. 251 che si butta nel versante Nord.

Si giunge al Ponticino, dove convergono quattro percorsi: noi teniamo il nr.251, sulla destra idrografica del Fosso Abetìo (va quindi attraversato il ponticello, ma senza proseguire per il nr. 253 che torna verso La Burraia) in comune con la seconda parte del sentiero Natura.

Si scende ora alla strada della Calla appena a monte di Campigna (2.15 ore).

Testo di Sandro Bassi, Emanuele Perez e Aldo Frezza

 

 

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