La bollette dell’energia

18 marzo 2020 - 10:02

Alcuni potrebbero obiettare che sul nucleare italiano è stata messa la paura fine… FALSO!        

I nostri monopolisti – ENEL,ENI, petrolieri e boiardi di stato – stanno tessendo una rete di falsità nel tentativo di mantenere, e addirittura aumentare, i privilegi che si sono rubati dalle tasche dei cittadini nell’ultimo mezzo secolo della nostra storia.
Una delle più clamorose bugie per giustificare la “necessità” di costruire le centrali atomiche è che il costo alto delle bollette elettriche italiane sarebbe causato da una produzione interna insufficiente che ci costringe ad importare energia dall’estero.
Analizziamo, con dati inconfutabili, quanto questa affermazione sia lontana dalla realtà!

La bolletta domestica

È opinione comune che la bolletta elettrica italiana sia tra le più care d’europa.
Analizzando i prezzi dell’energia elettrica per uso domestico, articolati secondo le diverse fasce di consumo, scopriamo che in Italia, contrariamente a tutti gli altri paesi, la struttura dei prezzi è tale per cui, a consumi crescenti, corrispondono prezzi crescenti. Un utente domestico italiano che consuma 15.000 kWh all’anno, paga l’elettricità 30 centesimi/kWh contro una media europea di 15 centesimi di Euro per kWh e addirittura poco più di 10 Eurocent di un utente francese. Se però ci riferiamo ad una famiglia media che consuma 3.500 kWh/all’anno, il costo del kWh scende a 21 Eurocent/kWh contro una media europea di 17 eurocent/kWh. Per questa fascia dove peraltro si concentra la maggior parte dei consumi, solo la Danimarca e la Germania hanno prezzi più alti dei nostri. Se infine esaminiamo la fascia di più bassi consumi, fino a 2.500 kWh/anno, scopriamo che i prezzi italiani sono assolutamente allineati con la media europea.
 
È importante rilevare come la struttura dei prezzi italiani sia congegnata in modo da penalizzare gli alti consumi e quindi incentivare un uso “parsimonioso” dell’elettricità presso i consumatori domestici. Su questo aspetto peraltro va dato atto che la politica tariffaria per il settore domestico è l’unica in Europa ad essere orientata verso la sostenibilità e il contrasto agli sprechi.

La bolletta industriale

Per i consumatori industriali, invece, la struttura dei prezzi è simile a quella degli altri paesi europei, con prezzi calanti per consumi crescenti. I prezzi italiani per i consumatori industriali però penalizzano particolarmente gli artigiani e le piccole imprese con consumi inferiori ai 20 MWh/anno e favoriscono decisamente i grandi consumatori industriali. Infatti per un artigiano o una piccola impresa che consuma meno di 20 MWh/anno, l’energia elettrica costa il 50% in più rispetto alla media europea, mentre ad esempio, per un’acciaieria il prezzo è allineato alla media europea.

I dettagli della bolletta

Vediamo in dettaglio da quali voci è composta la bolletta elettrica per una famiglia con un contatore da 3 kW e che consuma 3.500 kWh all’anno, vale a dire la maggioranza delle famiglie italiane.

La bolletta dell’energia elettrica è composta da varie voci:
i costi per produrre l’energia elettrica;
i costi di commercializzazione;
i costi di trasmissione, distribuzione e misura;
gli oneri generali di sistema;
le imposte e l’IVA.

Il peso maggiore della bolletta elettrica è dato dal costo di produzione, che incide per il 55%. Seguono le imposte e l’IVA per il 17%, i costi di trasmissione per il 16%, poi gli oneri di sistema per l’8% e infine i costi di commercializzazione pari al 4%.

Ognuna di queste voci ha le sue peculiarità sia per quanto riguarda le sottovoci di cui sono composte, sia nel modo in cui queste componenti sono determinate.
Ma vediamo, voce per voce, come sono determinati i singoli costi e capire perché in Italia la corrente elettrica è così cara.

1) La truffa del “Prezzo Marginale”
Innanzitutto la maggior parte dell’energia elettrica che i vari “produttori” producono viene venduta ai “distributori” nella Borsa elettrica ogni giorno per il giorno successivo, in una contrattazione su base oraria dove l’incontro tra domanda e offerta viene effettuato con una modalità detta sistema del “Prezzo Marginale”.
Con questo sistema l’energia elettrica offerta dai produttori non viene remunerata in base al prezzo richiesto da ogni produttore, ma in base al prezzo più alto offerto dai vari produttori per ciascuna ora. Cioè tale meccanismo remunera i produttori pagando a tutti il prezzo di equilibrio tra domanda e offerta, che è pari al prezzo dell’offerta più costosa tra quelle accettate per soddisfare la domanda.
Il meccanismo è più chiaro con un esempio semplificato: ipotizziamo che per la nona ora del giorno, tra le 8.00 e le 9.00, la richiesta previsionale sia di 1.000 MWh. I produttori che offrono l’energia elettrica sono 5 e ognuno offre 250 MWh per un totale di 1.250 MWh. Il primo produttore offre i suoi 250 MWh a 30 Euro/MWh, il secondo a 40 Euro/MWh, il terzo a 50 Euro/MWh, il quarto a 60 Euro/MWh e il quinto li offre a 70 Euro/MWh. Il totale delle unità richieste però è solo di 1.000 MWh, per cui solo le prime 4 offerte vengono accettate e pagate a tutti i produttori al prezzo più alto offerto, ovvero 60 Euro/MWh, per un costo totale per i consumatori di 60.000 Euro. Con il sistema in vigore in Inghilterra, detto anche Pay as Bid, il primo produttore avrebbe incassato 7.500 Euro, il secondo 10.000 Euro, il terzo 12.500 Euro e il quarto 15.000 Euro per un totale di 45.000 Euro.

2) L’eccesso di
capacità produttiva
Una seconda caratteristica del sistema elettrico italiano è l’eccesso di capacità produttiva. In Italia ci sono oltre 100.000 MW installati con punte estive che non superano i 55.000 MW di fabbisogno.
Il funzionamento medio del parco italiano è di 3.000 ore all’anno (ENEL, che copre il 35% della produzione termoelettrica nazionale, ha un utilizzo medio dei suoi impianti di 2.600 ore/anno).
A detta dei produttori, un ciclo combinato a gas che lavora meno di 6.000 ore anno, non è in grado di stare su un mercato liberalizzato. Ecco allora che il meccanismo di Borsa di formazione del prezzo con il metodo del “prezzo Marginale” non può essere abolito in quanto consente anche a chi ha costi più alti di vendere la propria energia elettrica.

3) La speculazione  sul gas italiano

Il terzo motivo è che il costo del gas naturale in Italia è il 10% più elevato rispetto agli altri paesi europei. Alessandro Ortis, presidente dell’autorità per l’energia elettrica e il gas, ad una audizione in parlamento il 15 Luglio 2010, ha dichiarato:
“I prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica sono intorno ai 70 euro/MWh, quindi più elevati rispetto a quelli di importanti paesi europei.
Sulla base di informazioni ben note, il gas in Italia è più caro mediamente di 3-4 centesimi di Euro/ metro cubo, ovvero di oltre il 10% rispetto ai mercati all’ingrosso europei.
Per tale differenza non sussiste una valida motivazione tecnica, salvo quella legata alla già lamentata scarsa concorrenzialità del mercato nazionale, con un operatore, l’ENI, dominante in tutte le fasi della filiera.”

4) Gli “oneri generali” e la truffa del  finanziamento alle false rinnovabili

Il quarto motivo del “caro bolletta” è rappresentato dai cosiddetti “oneri generali di sistema”, che pesano per un altro 8% sulle bollette elettriche per un ammontare di oltre 60 Euro a famiglia e che servono:a pagare lo smantellamento delle 4 vecchie centrali nucleari italiane (300 milioni di Euro all’anno);
a ripagare le imprese elettriche e l’ENEL in particolare per gli investimenti fatti prima della liberalizzazione (680 milioni di Euro nel 2007, 200 milioni di Euro nel 2008 fino alla sua sospensione nell’ottobre del 2008);
a contribuire alla fornitura di energia elettrica agli utenti speciali, quali caserme e ferrovie;
a finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie;
ma soprattutto per incentivare le cosiddette fonti assimilate alle rinnovabili, ossia la produzione di elettricità con gli scarti delle raffinerie di petrolio, con i rifiuti, con la cogenerazione a gas naturale. In particolare, per queste fonti non rinnovabili, nel 2009 i consumatori hanno pagato ben 1.322 milioni di Euro, mentre alle vere rinnovabili sono andati solo 580 milioni di Euro.

5) Una rete di distribuzione catastrofica

Un altro motivo è rappresentato dall’inadeguatezza della rete elettrica nazionale sia in Alta, che Media e Bassa tensione. La rete di trasporto e di distribuzione è stata progettata negli anni ‘60 del secolo scorso, gli anni del monopolio, e pensata principalmente come monodirezionale (poche grandi centrali convenzionali che producono energia da trasportare prima di tutto ai grossi consumatori industriali) e quindi passiva. Le odierne esigenze sono invece di realizzare reti di trasmissione attive intelligenti, in grado cioè di accogliere e smistare efficientemente anche i flussi in immissione provenienti dai tanti piccoli e medi impianti (la cosiddetta generazione distribuita).
Inoltre nel Sud dell’Italia la rete di trasmissione è particolarmente insufficiente e congestionata. Il risultato è che, ad esempio nel 2008, a fronte di un prezzo Unificato nazionale (pUn) di 87 Euro/MWh, nel nord l’energia elettrica è stata scambiata in Borsa a 83 Euro/MWh mentre in Sicilia il prezzo è stato di 120 Euro/MWh.
Possiamo sostenere quindi che un’altra buona fetta del “caro bolletta” è imputabile alla situazione catastrofica della rete elettrica italiana, che tra l’altro si perde per strada oltre 20.000 GWh di energia elettrica all’anno pari al 6% della richiesta totale sulla rete stessa.

6) La voracità  dello Stato

Infine 125 euro all’anno, pari al 17% della bolletta elettrica, se ne vanno in tasse e IVA. Le imposte che gravano sulle imprese per l’energia elettrica in proporzione ai consumi sono due: una erariale di consumo e una addizionale provinciale. L’impatto di questo sistema di imposizione è particolarmente pesante per gli artigiani e per le piccole imprese.
Infatti un’impresa che consuma meno di 20 MWh all’anno, paga il 30% per cento di imposte e IVA sui suoi consumi elettrici, mentre i grandi consumatori (acciaio, alluminio, cemento, carta) che consumano più di 70.000 MWh all’anno, pagano il 18%.
Mettendo assieme questi elementi scopriamo che in Italia il costo dell’energia elettrica è “gonfiato” di almeno il 30%. L’alto costo dell’elettricità in Italia non c’entra proprio nulla con la modalità con cui si produce la corrente elettrica e ciò è dovuto esclusivamente ai privilegi di cui ancora godono i vecchi monopolisti, i produttori di elettricità e i petrolieri, all’inefficienza del sistema elettrico italiano e alla voracità dello stato.

Continua sul prossimo numero…