Presidente CAI Alto Adige: troppi tamarri sui sentieri, me ne vado

25 luglio 2025 - 19:11

Non ha mezze parole il presidente del CAI Alto Adige: se non si agisce presto, la montagna è a rischio perché sono troppe ormai le persone che vanno sui sentieri senza comprenderne lo spirito più autentico

“Troppi sprovveduti”: la denuncia del presidente del CAI Zanella

Troppi tamarri e sprovveduti. Ho smesso di fare qui le vacanze, vado in Veneto“.

Adirlo non è un turista qualunque infastidito dalla calca, ma Carlo Zanella, presidente del Club Alpino Italiano dell’Alto Adige.

La sua dichiarazione a corriere.it è una denuncia netta, che fotografa senza mezzi termini un malessere profondo: le Dolomiti, simbolo di equilibrio tra uomo e natura, stanno cedendo sotto il peso del turismo di massa.

E non è più un problema solo numerico, ma culturale.

Questa non è più montagna, è un palcoscenico per selfie e influencer. Un turismo tamarro, rumoroso, insensibile. Mi sono arreso“.

Già l’anno scorso Zanella aveva fatto parlare di sé, lanciando l’allarme sul rischio di snaturare le Alpi con un turismo invasivo, a scapito delle tradizioni locali.

Allora aveva detto che “chi cerca la montagna fugge dall’Alto Adige” e aveva invitato a puntare su un modello più ambientalista e rispettoso dell’identità alpina.

Se in fondovalle sui menu, propongono le ostriche” – diceva il Presidente del CAI già un anno fa – “manteniamo questo turismo. Ormai è così. Ma l’alta montagna, che è ancora sana, pulita e bella, preserviamola“.

Da giorni, le immagini delle code chilometriche alla funivia del Seceda, sopra Ortisei, fanno il giro del web.

Centinaia di persone ferme per ore sotto il sole per raggiungere le Odle, uno dei panorami dolomitici più iconici, diventato virale dopo essere apparso negli sfondi dei dispositivi Apple.

In tanti vogliono “quella foto” e poco importa se bisogna affrontare resse, disagi, o se il luogo è impreparato ad accogliere simili flussi.

Si arriva, si scatta, si posta, il resto è secondario.

 

Il turismo dell’immagine e il senso della montagna

Zanella racconta di aver cercato per anni di spiegare, educare, orientare. Ma oggi, dice, si sente sopraffatto.

Ci troviamo di fronte a un turismo che non ha nulla a che fare con lo spirito alpino. Non c’è rispetto per i sentieri, per i tempi della montagna, per chi qui vive e lavora. I sentieri sono pieni di rifiuti, la vegetazione calpestata ovunque, i parcheggi in tilt già al mattino. Le Odle sono diventate uno sfondo, non più una meta da vivere“.

A sollevare la voce non è solo il CAI. Anche residenti, albergatori e amministratori locali denunciano da settimane un modello turistico diventato insostenibile.

A Ortisei, l’assessore al turismo Armin Lardschneider ha parlato apertamente di “invasione” e della necessità di contingentare gli accessi. “Così non possiamo più andare avanti. Servono regole nuove, altrimenti distruggiamo quello che di più prezioso abbiamo: la nostra montagna“.

Il sindaco di Ortisei, tra i primi ad accorgersi del problema, ha ammesso che le immagini promozionali diventate virali hanno avuto un effetto boomerang: “Non siamo pronti a gestire tutto questo“.

 

Due modi opposti di vivere le Dolomiti

Secondo Christina Demetz, direttrice di Dolomites Val Gardena, ci sono due turismi ormai inconciliabili.

Da un lato quello consapevole, rispettoso, curioso.

Dall’altro il cosiddetto turista social, attratto unicamente dalla visibilità: “Sono due mondi diversi. Il secondo nasce e muore in un click. Non conosce la montagna, non sa nulla di noi. Passa, consuma, se ne va. Ma il danno resta“.

Le immagini dei giorni scorsi parlano chiaro.

Decine di metri di coda alla stazione di Furnes, caos nei parcheggi, famiglie con bambini accalcate in attesa, senza ombra né servizi. Il personale della funivia costretto a gestire situazioni critiche con mezzi insufficienti.

La stessa società che gestisce gli impianti, la Seceda Spa, ha chiesto ai turisti di evitare le ore centrali della giornata e valutare itinerari alternativi.

Un invito caduto nel vuoto.

Nel frattempo, sui social impazzano video e reels con droni, filtri, panorami manipolati. Le Dolomiti sono raccontate più come parco giochi che come ecosistema fragile.

Il problema, però, non si esaurisce con la stagione estiva.

Zanella lo dice chiaramente: “Abbiamo perso la percezione della montagna come luogo di silenzio e lentezza. L’abbiamo trasformata in un prodotto da consumare. E il rischio è che, continuando così, perdiamo anche la sua autenticità”.

 

Soluzioni possibili, ma il tempo stringe

L’idea di contingentare gli accessi, sul modello del lago di Braies o delle Cinque Terre, è già stata messa sul tavolo. Ma servono decisioni rapide e coordinate.

Alcuni operatori propongono anche di modificare l’offerta turistica, puntando sulla diluizione dei flussi durante l’anno, o sulla creazione di percorsi meno battuti.

C’è chi suggerisce di aumentare i prezzi nei periodi di punta, per scoraggiare il turismo mordi e fuggi.

Ma ogni scelta, avvertono gli amministratori, dovrà essere condivisa con il territorio, evitando di danneggiare chi vive di turismo in modo sostenibile.

Zanella, intanto, resta fermo nella sua decisione.

Io qui non vengo più. Non è una provocazione, è una resa. Ma non posso accettare di vedere la montagna ridotta così”.

A chi gli chiede se non sia un atteggiamento troppo duro, risponde con amarezza: “Non è questione di nostalgia. È che ci siamo dimenticati perché si va in montagna. E finché non lo ricorderemo, continueremo a perderla un pezzo alla volta”.

Le Dolomiti, patrimonio dell’umanità, restano lì.

Belle come sempre, forse anche più belle quando le si osserva in silenzio, senza schermi.

Ma per chi le abita e le ama davvero, non basta più la bellezza. Serve rispetto, e serve ora.

 

 

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