Alpi, il paesaggio e la luce

18 marzo 2020 - 3:50

La luce è l’elemento essenziale della fotografia paesaggistica, che – una volta rientrati dall’escursione – può restituire l’emozione di quel luogo e di quell’attimo.

Albe e tramonti sulla linea dell’orizzonte rappresentano gli estremi della giornata dentro i quali manifestare la nostra creatività e la nostra passione per la montagna. Camminare per osservare e fotografare: un modo diverso per vivere l’ambiente verticale delle Alpi

Non sempre si cammina per raggiungere una meta prestabilita, a volte ci si muove per ammirare semplicemente scenari grandiosi, per raggiungere punti panoramici di sicuro impatto emotivo. E le Alpi sono ricche di ambienti e quinte maestose: lingue di ghiaccio che scendono a valle, agili guglie di roccia proiettate verso il firmamento, lunghe catene di cime che fuggono verso un orizzonte tutt’altro che piatto e monotono, un insieme di paesaggi dipinti nel cielo e riflessi nelle limpide acque cristalline di numerosi laghi che punteggiano valli e altipiani.

A volte siamo così distratti dalla meta finale che rischiamo di trascurare questo bellissimo pentagramma alpino da riempire con le nostre note preferite: le montagne! La salita verso il rifugio, un valico o una cima può distoglierci da certi attimi irripetibili dipinti dalla luce. Il paesaggio è quanto di più vero può vedere il trekker che cammina, non c’è nessuna formula magica perché i nostri occhi siano ricettivi, perché sappiano leggere quello che vedono. Spirito di osservazione e sensibilità, questi sono gli strumenti principali a disposizione dell’escursionista che vuole dilettarsi anche nella fotografia; solo così sarà in grado di restituire un’immagine personale che non sia solo la pura e semplice rappresentazione della bellezza dei luoghi.

A questo hanno già contribuito veri maestri della fotografia, da Vittorio Sella a Ansel Adams e Gal Rowell, che hanno restituito un’immagine collettiva della montagna e della magnificenza del suo paesaggio. Al trekker può essere sufficiente conservarne il ricordo e renderlo indelebile. L’importante è camminare per osservare, guardare e “sentire” il paesaggio nelle sue diverse declinazioni, nelle varie stagioni, in differenti situazioni di luce. Possono essere istanti, attimi o momenti più lunghi. Bisogna saperli cogliere.

Fototrekking

“Cercare” un paesaggio significa anzitutto camminare, con consapevolezza.

Se l’obiettivo della giornata escursionistica è la visione o l’osservazione di un gruppo montuoso o di una cima, il punto migliore è il rilievo in fronte ad esso, ad una quota che consenta di vedere il soggetto a circa la metà della sua altezza. Se voglio fotografare il Monte Bianco, ad esempio, troverò ottime location sulla dorsale del Mont de La Saxe (2400 metri circa); non mi limiterò ad ammirare la vetta dal fondovalle, dove sembrerà essere più modesta e meno elegante. Sarà anche opportuno informarsi sulle caratteristiche ambientali, sulla presenza di vegetazione verde o bruciata, situazioni che dipendono dalla stagione e dalle condizioni climatiche in corso. Non solo: in montagna dopo la pioggia giunge il sereno, quindi probabilmente troverete un momento della giornata con cielo terso e limpido. Se invece il protagonista delle vostre foto è un lago, l’occasione migliore per ritrarlo è l’inizio del disgelo, quando la quantità d’acqua sarà notevole e contribuirà ad effetti estetici interessanti.

Se vogliamo fotografare gruppi montuosi poco appariscenti e dall’estetica non proprio trascendentale, possiamo attendere di scattare nel momento successivo ad un’abbondante nevicata o, magari, in pieno autunno, quando il colore della vegetazione rende il soggetto ancora più intrigante. Cercare il momento migliore per vivere un’esperienza, una sensazione, spesso significa passare molto tempo in un certo luogo, non rientrare a casa la sera, dormire in tenda, in bivacco o in rifugio.

Spesso, per cercare un po’ di silenzio e un minimo di predisposizione mentale per fotografare, o anche solo per guardare un paesaggio, è sufficiente allontanarsi un poco dai sentieri battuti o dai pressi di un rifugio per vivere sensazioni totalmente nuove, diverse, ascoltando la voce della montagna, il sibilo del vento, il frusciare dell’erba o il crepitio sordo dei seracchi, la voce del ghiaccio che è una delle più soavi e spaventose al tempo stesso.

Momenti effimeri, quanto è effimero il momento della luce, ovvero l’attimo in cui il sole penetra dal grigiore della nebbia, o le cime si tingono, all’alba o al tramonto, di un rosso purpureo o del grigio scuro che annuncia l’arrivo di un temporale, attimi che possono rendere un istante irripetibile nella nostra memoria, ma anche indelebile se decidiamo di premere il pulsante di scatto, in una magica frazione di tempo, per fotografare quella parte di esperienza, impressionandola sulla pellicola o sul sensore. Sensazioni, emozioni, colori, fotografie, si possono vivere in tutti gli angoli dell’arco alpino.

il gruppo della Roisetta e del Mont Molar (Valtournenche), fotografato in diverse stagioni, diverse condizioni di luce e
diverse focali, ma dal medesimo punto. Le montagne sono un soggetto mutevole, sempre diverso e mai banale, se ben ripreso, scegliendo il giusto momento e luce non convenzionale.

Le stagioni della luce

In pieno inverno il cielo è sempre terso, soprattutto in presenza di vento, e le giornate sono più brevi, infatti verso le 17 alcune vette si tingano già di rosso vermiglio. Albe e tramonti sono coloratissimi, bisogna però documentarsi per capire quali vette sono meglio illuminate all’alba e quali al tramonto (studiando la rotazione del sole, guardando su internet, riviste e libri). Luglio e agosto sono mesi che consentono di guadagnare agevolmente quote più alte e in maggiore sicurezza; d’estate però è di massima importanza la scelta dell’ora di scatto, talvolta la qualità di luce, soprattutto nelle ore centrali, è limitata dalla presenza di foschia che spesso avvolge le vette. La primavera è ottima per riprendere il disgelo e il rifiorire della vegetazione. Per le luci e le atmosfere, momenti interessanti sono anche i primi mesi autunnali, con colori eccezionali e luce limpida e pulita. Anche la quota influisce sulle situazioni e sulla qualità di luce che, in genere, migliora con l’altezza, rendendo il cielo molto terso.

Come trovare la luce migliore

La luce è l’elemento essenziale della fotografia di paesaggio. Bisogna saper cercare “il momento della luce”, l’attimo che trasforma un paesaggio in un’ottima foto. Si possono scattare belle immagini anche con una luce normale, ma per uscire dalla norma è necessario che la luce sia radente, quando “tocca” le cime a inizio o fine giornata. Nebbia, temporali e arcobaleni, luce che penetra le nubi illuminando una vetta, una roccia, un albero, rappresentano soggetti particolari e suggestivi. Anche per questo è importante conoscere le caratteristiche ambientali della valle in base alla stagione in corso: il classico esempio è quello del “mare di nuvole”, fenomeno che può verificarsi quando l’aria calda a contatto con le masse glaciali si condensa formando nebbie e foschie dalle quali spuntano le cime più alte.

Per sapere quali saranno le cime carezzate dalla magica luce del crepuscolo e quali si illumineranno all’alba, bisogna conoscere l’andamento della luce nella valle. Per quanto concerne l’esposizione occorre prestare attenzione alla differenza di illuminazione della scena e alla eventuale presenza di zone in ombra. I sistemi esposimetrici a matrice delle moderne reflex, infatti, tendono a privilegiare la leggibilità dell’immagine, schiarendo, quindi le ombre e bruciando le luci. Per ottenere buoni risultati, in situazioni di forte contrasto è opportuno misurare in spot le parti illuminate, in modo da ottenere un’esposizione equilibrata.

Importante è anche il luogo di ripresa, spesso individuato in precedenza. Ci sono location e punti panoramici che consentono di scattare immagini a più soggetti, a più cime, da una stessa posizione. La scelta delle ottiche dipende sia dal gusto personale, sia da quello che si intende comunicare. Nel caso del “ritratto di una cima” bisogna ottenere un’inquadratura selettiva, quindi uno zoom 70-200mm consente d’isolare bene il soggetto. Attenzione all’uso dei grandangolari! Queste ottiche dovrebbero essere sempre presenti nello zaino, ma per risultati efficaci occorre sempre prestare attenzione al primo piano che, per evitare una fastidiosa sensazione di vuoto, deve sempre avere un soggetto ben preciso o una linea guida che conduca verso lo sfondo, altrimenti si rischia di ottenere un’immagine con le vette piccole e lontane.

Testo e foto di Cesare Re

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