Tracce bianche sull’Alpe Devero

18 marzo 2020 - 3:11

Celata fra le balze rocciose della Val d’Ossola c’è una piccola Shangli-La alpina: una piana vasta e protetta da un cerchio di montagne che toccano i 3000 metri, dove l’estate sembra la materializzazione di un ideale sogno bucolico mentre l’inverno ricorda le atmosfere del grande Nord.

La strada del Devero porta lontano. All’inizio non sembra. Ci si inerpica su per la Valle Antigorio, con i suoi orizzonti di roccia e di castagno, sempre più angusti, findentro il cuore oscuro della montagna.

La via si fa stretta e tortuosa, ci si aspetterebbe di vederla svanire d’improvviso ai piedi di qualche roccia inaccessibile: il valico che conduce a Shangri-La è sempre incerto e non privo di apprensioni…

Eppure si va avanti e, superato l’ultimo tunnel, ogni tensione si scioglie nella luce e nella vastità della piana. Il buio delle gallerie, la vertigine delle gole sono ricordi di un altro mondo.

L’automobile è solo un impaccio, non pesa l’imposizione di lasciarla ai confini di questo piccolo regno orizzontale dove il passo è sempre leggero, anche quando la neve copre i prati e occorre calzare le ciaspole per galleggiare sopra la coltre bianca.

 

Dove il tempo si è fermato

Tanto stupore non appartiene solo a noi, figli della cultura romantica dell’orrido, del sublime e dei viandanti sul mare di nebbia.

La magia del Devero di sicuro incantò anche quegli alpigiani che nei secoli passati, spinti da chissà quale presagio, osarono sfidare i giganti dell’Ossola (il Monte Cervandone, la Punta della Rossa, il Pizzo Crampiolo, la Punta d’Arbola e i loro più o meno arcigni fratelli) risalendone i fianchi fino a scoprire la grande conca, scavata dai ghiacciai nel corso dei millenni e poi riempita di terra fertile dallo scorrere dei torrenti.

Qui trovarono per il loro bestiame un pascolo ideale, dove le mucche potevano abbeverarsi in ruscelli dalle acque tranquille e andare in cerca delle erbe più saporite, senza pericolare giù per qualche pendio traditore. C’erano boschi di larici e abeti, pietre per le case degli uomini.

Gli abitati di Devero ai Ponti, Canton, Pedemonte e Crampiolo sono ancora lì a testimoniare la florida vitalità dell’antica comunità alpigiana, ben poco mutati nei decenni, anche grazie al loro isolamento.

Non è da molti anni, infatti, che i 1600 metri di quota dell’Alpe sono raggiungibili con l’automobile. L’istituzione, nel 1995, del

Parco dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero ha poi impedito la circolazione dei veicoli nella piana e ha dato una svolta importante per la valorizzazione e la tutela di un territorio straordinario.

Un mostro discreto

Tanto stupore non appartiene solo a noi, figli della cultura romantica dell’orrido, del sublime e dei viandanti sul mare di nebbia.

La magia del Devero di sicuro incantò anche quegli alpigiani che nei secoli passati, spinti da chissà quale presagio, osarono sfidare i giganti dell’Ossola (il Monte Cervandone, la Punta della Rossa, il Pizzo Crampiolo, la Punta d’Arbola e i loro più o meno arcigni fratelli) risalendone i fianchi fino a scoprire la grande conca, scavata dai ghiacciai nel corso dei millenni e poi riempita di terra fertile dallo scorrere dei torrenti.

Qui trovarono per il loro bestiame un pascolo ideale, dove le mucche potevano abbeverarsi in ruscelli dalle acque tranquille e andare in cerca delle erbe più saporite, senza pericolare giù per qualche pendio traditore. C’erano boschi di larici e abeti, pietre per le case degli uomini.

Gli abitati di Devero ai Ponti, Canton, Pedemonte e Crampiolo sono ancora lì a testimoniare la florida vitalità dell’antica comunità alpigiana, ben poco mutati nei decenni, anche grazie al loro isolamento. Non è da molti anni, infatti, che i 1600 metri di quota dell’Alpe sono raggiungibili con l’automobile. L’istituzione, nel 1995, del

La traccia bianca

Ogni anno, nel mese di marzo, decine di amanti della montagna salgono al Devero per prendere parte alla “Traccia Bianca”, uno degli appuntamenti più classici per i ciaspolatori nelle Alpi Occidentali.

Il percorso parte da Devero ai Ponti e risale dolcemente la valle, fino ad inoltrarsi sulla superficie del lago ghiacciato. Pochi chilometri a dire il vero, ma, fra l’accogliente familiarità delle baite e l’ambiente selvaggio della parte alta della piana, sembrano intercorrere distanze siderali.

Ci sarà sicuramente un momento in cui, voltandovi a guardare le tracce delle vostre ciaspole che si perdono fra le ondulazioni dell’altopiano, sarete sicuri di essere ben lontani da casa, chissà dove, al di sopra del Circolo Polare Artico.

Fotografare sulla neve

In montagna, d’inverno, si possono fotografare paesaggi innevati, primi piani di vette, laghi e cascate ghiacciate, persone che praticano sport invernali, piccoli particolari e vegetazione.

Dal punto di vista compositivo è importante cercare di comprendere nell’inquadratura qualche soggetto colorato o che spicchi dall’immagine, un elemento diverso dal “tutto bianco”.

In inverno, albe e tramonti sono coloratissimi, soprattutto durante le giornate ventose. Il cielo e l’aria sono più tersi e limpidi, ideali anche per scattare fotografie notturne già intorno alle 18-19 e senza dover necessariamente aspettare la piena notte.

Per la vegetazione, le foto migliori si scattano appena dopo abbondanti precipitazioni, con i rami carichi di neve.

Attenzione: in caso di giornata fortemente soleggiata, la presenza della neve sugli alberi diviene un fenomeno breve ed effimero. Conviene, quindi, muoversi di primo mattino.

Attenzione anche a quando si passa da un luogo freddo ad uno caldo, si può formare della condensa sull’attrezzatura. In questi casi è opportuno aspettare una decina di minuti prima di scattare foto, in modo che la macchina fotografica si adegui alle condizioni climatiche.

L’itinerario: l’Alpe Sangiatto, ciaspolare sul Devero

Notizie utili:

Aree Protette dell’Ossola
Tel. 0324/72572
www.areeprotetteossola.it

Alpe Devero
www.alpedevero.it
www.areeprotetteossola.it

C.A.I. Pallanza (organizzazione Traccia Bianca)
Tel. 0323 558862
www.latracciabianca.it

Testi di Serafino Ripamonti e Cesare Re / Foto di Cesare Re