Maria morta a 117 anni: “Studiatemi”, la scienza svela i suoi segreti
È sopravvissuta a due guerre mondiali, la guerra civile spagnola, due pandemie e due mariti, per spegnersi serenamente nel sonno a 117 anni. María Branyas Morera ha lasciato alla scienza i geni e i consigli per svelare i segreti della longevità
L’incredibile storia di María Branyas Morera: “Studiate i miei geni e la mia vita”
Quando María Branyas Morera si spense nel sonno il 19 agosto 2024,a 117 anni e 168 giorni, il mondo salutò la persona più anziana, l’unica certificata come tale, ancora in vita.
“Il momento è vicino. Non piangere, non mi piacciono le lacrime. E soprattutto non soffrire per me. Ovunque andrò, sarò felice”: queste le sue ultime parole, trascritte dalla famiglia sui social.
La morte ha messo fine a un’esistenza fuori dal comune e ha segnato l’inizio di un’altra storia, quella della scienza che da allora si è impegnata a decifrare i segreti che le hanno permesso di attraversare più di un secolo con lucidità e salute.
Qualche giorno fa i risultati di quella ricerca sono stati pubblicati.
Era stata Maria, poco prima di morire, a chiedere di essere studiata.
“Studiatemi, imparate da me come si vive a lungo“, aveva detto.
Esattamente quello che un gruppo di ricercatori guidati da Manel Esteller, dell’Università di Barcellona, ha fatto con uno studio definito “multiomico”, cioè capace di indagare contemporaneamente geni, microbiota, sistema immunitario e metabolismo.
Durante diversi incontri con María e la sua famiglia quando la centenaria era ancora in vita, la dottoressa Esteller e i colleghi hanno raccolto campioni di sangue, saliva, urine e feci, ottenendo preziose informazioni sulla sua fisiologia unica, compresi geni, metabolismo e microbioma intestinale.
Il risultato non è solo un ritratto scientifico di un caso eccezionale, ma un’inedita finestra su come biologia e stile di vita possano dialogare nella costruzione di una longevità straordinaria.
Chi era María: famiglia, amori e vita quotidiana
María Branyas Morera nacque a San Francisco il 4 marzo 1907, figlia di una famiglia catalana emigrata negli Stati Uniti.
Suo padre, Josep Branyas Julià, era un giornalista che aveva fondato la rivista Mercurio a New Orleans, mentre la madre, Teresa Morera Laqué, proveniva da Barcellona.
La famiglia fece ritorno in Spagna nel 1915, affrontando difficoltà economiche e la malattia del padre, che morì durante il viaggio di rientro.
María perse l’udito in un orecchio a seguito di una caduta durante il tragitto, un evento che non le impedì però di affrontare la vita con lucidità e determinazione.
Nel 1931 sposò Joan Moret, un traumatologo, e insieme ebbero tre figli.
Durante la Guerra Civile spagnola lavorò come infermiera in un ospedale da campo, al fianco del marito, e dopo il conflitto continuarono a vivere a Girona, dove Joan divenne direttore dell’Ospedale Josep Trueta.
María proseguì il suo impegno nel settore sanitario fino alla morte del marito nel 1976.
Nonostante le difficoltà della vita e le tragedie storiche che attraversò, mantenne sempre uno spirito curioso e resiliente: amava viaggiare, leggere, cucire e ascoltare musica.
Anche dopo il trasferimento nella casa di riposo a Olot, a 93 anni, conservò una vita attiva e indipendente, circondata dall’affetto dei suoi figli, nipoti e pronipoti.
La sua esistenza non fu solo lunga, ma ricca di relazioni, interessi e affetti che ne hanno definito l’essenza.
Fino all’ultimo grande dono: lasciare alla scienza il compito di studiare i suoi geni.
Biologia della longevità: un corpo più giovane della sua età
Il materiale raccolto dal team di scienziati spagnoli è stato pubblicato e svela alcuni dei segreti di Maria.
I ricercatori hanno scoperto che la sua età biologica sembrava molto più bassa di quella anagrafica.
I suoi tessuti, osservati a livello molecolare, mostrano caratteristiche compatibili con una persona di vent’anni più giovane.
Un paradosso affascinante, che si spiega con una combinazione di fattori.
Alcune varianti genetiche l’avrebbero protetta da patologie come tumori e malattie cardiovascolari, conferendole una sorta di scudo invisibile.
Nonostante i telomeri, le “copertine” dei cromosomi, apparissero insolitamente corti, questo non si era tradotto nelle conseguenze degenerative che colpiscono la maggior parte degli anziani.
Anche il suo sistema immunitario racconta una storia particolare: se da un lato mostra i segni inevitabili dell’età, dall’altro sembra modulasse l’infiammazione cronica, quella lenta combustione interna che accelera l’invecchiamento di tanti altri individui.
Una delle sorprese più clamorose è arrivata dall’intestino.
Il microbiota di María ricorda quello di un bambino, con una straordinaria abbondanza di Bifidobacterium, batteri che si associano a vitalità e protezione dalle malattie.
Come se la sua flora intestinale avesse mantenuto una giovinezza autonoma, indipendente dal passare degli anni.
A completare il quadro, anche il metabolismo appariva in perfetto equilibrio: i grassi e il colesterolo erano gestiti in modo efficiente, quasi a dimostrare che il suo organismo aveva trovato un’armonia interna capace di accompagnarla lungo più di un secolo.
Non era l’eterna giovinezza, ma la dimostrazione che il corpo può invecchiare senza crollare.
Vivere a lungo: lontano dalle persone tossiche, natura, no stress, mangiar bene
La genetica può averle offerto una base privilegiata, ma da sola non avrebbe scritto una storia tanto eccezionale.
La vita di María Branyas era costruita su gesti semplici e costanti, che oggi assumono il valore di una lezione per stare bene.
La sua alimentazione era quella tipica della dieta mediterranea: frutta e verdura fresche, legumi, pesce, olio d’oliva. A questo aggiungeva una particolarità che non abbandonò mai: lo yogurt naturale.
Ne consumava tre porzioni al giorno, convinta che fosse una piccola garanzia di salute.
Non poteva sapere che i ricercatori avrebbero poi trovato nel suo intestino un microbiota quasi infantile, ma il collegamento tra le due cose oggi appare evidente.
Non seguiva programmi di allenamento rigidi né si è mai vista in palestra.
Camminava, si muoveva, manteneva un ritmo quotidiano attivo. La sua longevità non è nata da sacrifici estremi ma da un’attività costante, adattata al suo modo di vivere.
A questo si aggiungeva un atteggiamento che oggi definiremmo quasi filosofico e di cui si vantava: stare alla larga le persone tossiche, non lasciarsi schiacciare dallo stress, coltivare relazioni autentiche, stare a contatto con la natura, nessun rimpianto.
La sua è stata una vita attraversata da guerre, epidemie e lutti, ma ha sempre scelto la resilienza, affrontando le difficoltà con equilibrio e una dose di ironia.
Non fumava, non beveva alcol, e soprattutto non si è mai lasciata logorare dalla negatività.
Un’eredità che va oltre i numeri
La storia di María Branyas Morera non è una ricetta magica per superare i cento anni, ma un patrimonio di spunti per chiunque voglia immaginare un invecchiamento diverso.
La sua vicenda mostra che genetica e ambiente non sono antagonisti, ma complici.
Senza il corredo favorevole dei suoi geni forse non sarebbe arrivata a 117 anni, ma senza la coerenza delle sue abitudini probabilmente non sarebbe arrivata a godere di tanta lucidità fino all’ultimo giorno.
Dimostra anche quanto il cibo possa essere un alleato silenzioso, capace di mantenere giovane un ecosistema invisibile come il microbioma intestinale.
Il suo esempio ci ricorda che l’arte di vivere a lungo si gioca su scelte quotidiane sostenibili, su relazioni che nutrono, su un rapporto sereno con il mondo che ci circonda.
Non tutti potranno vivere 117 anni, ma tutti possiamo coltivare i presupposti per un invecchiamento più sano.
María Branyas non ha sconfitto il tempo: ha insegnato che il tempo può essere vissuto senza farsi schiacciare.
Ed è forse questa la sua lezione più grande.
_Lo studio completo su Maria si può scaricare qui
_ Leggi gli altri articoli sulla salute e il benessere:
Seguici sui nostri canali social!
Instagram – Facebook – Telegram