Camminare rallenta l’invecchiamento: cosa rivela una molecola chiave
Secondo uno studio italiano, camminare quotidianamente può incidere sui meccanismi biologici dell’invecchiamento. Una ricerca ha individuato una molecola coinvolta nei processi degenerativi e mostra come l’attività fisica possa rallentarne l’azione
Che camminare faccia bene è un’idea diffusa da sempre.
Oggi, però, è la ricerca scientifica a offrire nuove chiavi di lettura, mostrando come il movimento possa interveniredirettamente sui processi molecolari legati all’invecchiamento.
Uno studio condotto a Verona apre scenari interessanti sul rapporto tra attività fisica, stile di vita e longevità.
Una ricerca italiana sull’invecchiamento cellulare
Lo studio è stato realizzato all’interno dell’azienda ospedaliera e universitaria integrata di Verona (Aoui) ed è stato condotto dal docente universitario Luca Dalle Carbonare.
La ricerca nasce dalla collaborazione tra l’Unità operativa complessa di recupero e rieducazione funzionale e la scuola di specializzazione in medicina dello sport e dell’esercizio fisico dell’Università di Verona.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Molecular Sciences e rappresentano uno studio pilota che, per la prima volta, indaga in modo diretto il legame tra una specifica molecola e i processi di invecchiamento umano.
La molecola che regola l’invecchiamento
Al centro della ricerca c’è una molecola chiamata miR-146b.
Secondo quanto emerso dallo studio, questa molecola svolge un ruolo chiave nei meccanismi che regolano l’invecchiamento e i processi degenerativi legati all’età.
Gli scienziati hanno osservato che l’inibizione della miR-146b è associata a un cosiddetto “invecchiamento sano”.
In altre parole, ridurre l’attività di questa molecola può contribuire a rallentare la senescenza cellulare e lo stress ossidativo, due fattori centrali nei processi di decadimento biologico.
Invecchiamento, sesso e marcatori nel sangue
Per identificare questo marcatore di invecchiamento negli esseri umani, i ricercatori hanno analizzato l’attività della miR-146b-5p circolante nel sangue.
I dati raccolti mostrano differenze interessanti tra uomini e donne. La circolazione di miR-146b tende a essere più elevata nel genere femminile rispetto a quello maschile.
Negli uomini, invece, l’aumento diventa evidente intorno ai 42 anni e successivamente mantiene un andamento relativamente costante.
Questo suggerisce che età e sesso possano influenzare la presenza della molecola nel flusso sanguigno, probabilmente in relazione a tessuti di origine differenti.
Come il movimento può rallentare l’invecchiamento
La miR-146b è coinvolta nella produzione della senescenza cellulare e nello stimolo dello stress ossidativo.
Tuttavia, lo studio mostra che questi processi possono essere contrastati attraverso il movimento fisico.
La ricerca ha evidenziato che un’attività fisica personalizzata è in grado di rallentare l’attività molecolare legata all’invecchiamento, ridurre i processi degenerativi dell’età e aumentare l’autoproduzione di cartilagine.
Un risultato che rafforza il ruolo del movimento come alleato della salute nel tempo.
Il programma di camminata dello studio
Il protocollo sperimentale prevedeva tre sessioni settimanali di camminata veloce per un totale di quattro settimane.
Ogni sessione era supervisionata da un fisioterapista e strutturata in modo preciso:
- 10 minuti di riscaldamento a bassa intensità
- 30 minuti di camminata a una velocità compresa tra 6 e 8,5 km/h
- 5 minuti di defaticamento finale
Per essere efficace, la camminata doveva seguire alcune indicazioni tecniche: appoggio rullato del piede (prima il tallone, poi la punta), passo allungato, busto leggermente proteso in avanti, senza l’uso di bastoncini e con l’avambraccio piegato durante il movimento.
Perché contrastare la sedentarietà è fondamentale
La vita sedentaria è alla base di numerose alterazioni che favoriscono lo sviluppo di malattie cronico-degenerative.
In questo contesto, l’attività fisica si conferma uno strumento fondamentale per aumentare la resilienza dell’organismo e ridurre il rischio di patologie legate all’età.
Attraverso analisi molecolari, lo studio ha osservato una riduzione dei livelli di miR-146b-5p circolanti dopo il completamento del programma di attività fisica.
Questa diminuzione è associata a una riduzione delle cellule adipogeniche e a un aumento della componente cartilaginea, insieme a un calo dei marcatori legati alla degenerazione della cartilagine.
Uno stile di vita che guarda al futuro
I risultati dello studio sottolineano il ruolo centrale dell’attività fisica nella prevenzione delle patologie osteoarticolari e nel rallentamento dei processi di invecchiamento.
La risposta, dunque, non risiede in soluzioni complesse o estreme, ma nell’adozione di uno stile di vita sano e attivo.
Camminare con regolarità, come dimostrato dal programma dell’Aoui, può diventare una pratica concreta e accessibile per prendersi cura del proprio corpo nel tempo, mantenendo più a lungo funzionalità, equilibrio e qualità della vita.
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