Butteri

18 marzo 2020 - 10:22

Ricca di risorse naturali e appena sfiorata dalla presenza del
progresso, la Maremma vanta una attività umana tradizionale, quella del
mandriano, ormai entrata nel Dna del territorio ma minacciata di
estinzione, al pari della razza maremmana. Quest’ultima vive su quella
striscia di terra piana che dal fiume Cecina arriva fino a Roma e
Latina: un paesaggio agrario dove la più grande opera è la natura. Qui
il destino del cavallo maremmano e della vacca dalle grandi corna a
lira è legato a quello dei butteri, uomini che amano ciò che hanno
scelto di fare; figura mitica ormai spazzata via dall’incalzare del
progresso, delle macchine, del consumismo. Tuttavia, ancora oggi
nell’immaginario collettivo sono loro, i mandriani a cavallo, a
simboleggiare nel mondo la Maremma, area geografica dove i grandi spazi
aperti, impervi e paludosi, disegnavano la loro sfera d’azione. Ormai
quest’antico mestiere, seppure meno duro di un tempo, sopravvive in
pochissime aziende e solo grazie ad alcune associazioni culturali
mantiene viva la memoria e le sue tradizioni.

Dure equazioni economiche hanno stravolto gli equilibri ambientali ed
umani stabiliti da secoli: il buttero fino a non molto tempo fa era una
figura insostituibile in Maremma, rappresentando, insieme alla razza
maremmana, uno spaccato della cultura locale che purtroppo va
estinguendosi. Il suo ridimensionamento, in seno all’economia rurale, è
derivato in massima parte dalle mutate condizioni agro-zootecniche, che
implicano la massiccia introduzione della meccanizzazione e della messa
a coltura di vaste aree incolte, dove la vacca e il cavallo maremmano
trovavano un ideale habitat. Erano aree pianeggianti, malagevoli e
svantaggiose, almeno fino a quando, alla fine Ottocento, questi luoghi
ideali per l’allevamento allo stato brado furono bonificati. Un’azione
che migliorò l’ambiente dal punto di vista agronomico ma che al tempo
stesso mise in crisi l’allevamento tradizionale della Maremmana, tanto
che oggi la razza è numericamente assai ridotta e a rischio di
estinzione. Nella provincia di Grosseto si contano solo 1600 capi
(circa), tra adulti e giovane bestiame; inoltre gli allevamenti
iscritti al Libro Genealogico sono 15, distribuiti soprattutto nelle
zone di pianura e in zone della media collina Maremmana. Ad assestare
un duro colpo all’allevamento tradizionale della mucca Maremmana ha
contribuito anche il principio secondo il quale la sopravvivenza della
razza è legato al successo dei prodotti che da essa ne derivano, sempre
nella logica di massimizzare la produzione. Purtroppo nel caso dei
bovini da carne (meno per quelli da latte), sono state progressivamente
messe in disparte diverse nostre razze autoctone, per lasciare spazio a
vitelli di importazione, capaci di crescita e rese superiori. In realtà
le razze da carne nazionali, a fronte di una capacità produttiva a
volte inferiore, garantiscono un elevatissimo livello di qualità. E se
la Piemontese, la Chianina, la Marchigiana e la Romagnola (alcune tra
le nostre razze migliori), hanno il pregio di dare una carne molto
magra e succulenta (caratteristica che peraltro viene esaltata dal modo
in cui vengono allevati gli animali), la Maremmana ha carni sapide, più
consistenti, sane, indiscutibilmente buone, ma forse meno apprezzate al
consumatore moderno, quindi con una risposta di mercato inferiore
rispetto alle altre carni italiane e internazionali.

La razza bovina maremmana, il Bos Taurus Macrocerus (Uro dalle grandi
corna), è originario della steppa asiatica. Certo, dai reperti
archeologici rinvenuti a Cere e dalla testa taurina conservata nel
museo di Vetulonia, è chiaro che la maremmana occupa gli attuali
territori di allevamento, sin dai tempi degli etruschi. Questo tipo di
bovino, rustico e frugale, ha potuto attecchire nelle zone (per secoli)
paludose e disagievoli della Maremma, grazie alle sue qualità di
resistenza alle malattie, alle difficoltà climatiche e al suo
adattamento nei confronti di foraggio scadente.
Le caratteristiche morfologiche, sono quelle di avere un mantello
grigio, decisamente più scuro nei maschi. La particolarità più evidente
è però quella delle corna, lunghe fino a un metro, che si presentano a
semiluna nei maschi e a lira nelle femmine. L’animale possiede uno
sviluppo scheletrico imponente che gli dona un aspetto robusto e
maestoso, accentuato dall’ampio torace e da dorso e lombi rettilinei.
Altra importante caratteristica è il sistema di allevamento che avviene
completamente allo stato brado, anche durante i mesi invernali, quando
gli animali sono tenuti alla macchia dentro a estesi appezzamenti
recintati.

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