I fiori all’occhiello della Valle Argentina

18 marzo 2020 - 10:16

Il litorale si allontana e alle teorie di serre, oliveti e mimose si sostituiscono le “piagne” dei tetti rurali, i muri a secco, i faggi e i larici dei monti. Siamo in provincia di Imperia, terra di contrasti, dove alle aggraziate residenze sul mare rispondono quelle sobrie ed essenziali dei suggestivi paesini disseminati nella Valle Argentina e lungo le prime propaggini delle Alpi Liguri. Sempre più in alto, a poco a poco, si smarriscono i colori intensi del litorale.
Ma è proprio qui, nell’entroterra imperiese, che emerge la vera identità di una regione. Ed è a Triora, capoluogo della valle – entrata nei libri di storia per il singolare processo alle streghe che vide coinvolte 12 donne e un uomo sul finire del Cinquecento – che vogliamo soffermarci per scoprire uno dei mezzi migliori per contribuire al rilancio di queste realtà dell’hinterland ligure: la tipicità dei prodotti agroalimentari. In uno stupendo borgo medioevale, dove la vita in passato è sempre stata difficilissima, ai margini della sopravvivenza, si può capire il significato e il contenuto culturale del “pane di Triora”.

Confezionato in forme piuttosto grandi e preparato con un misto di farine di grano tenero e grano saraceno, il pane aveva – ed ha ancora – la caratteristica di durare a lungo e veniva di conseguenza preparato solo settimanalmente o anche mensilmente. Questa peculiarità lo rende ancor oggi assai appetibile, specialmente se proposto con la ricotta di pecora fermentata, il “bruzzu” (formaggio tipico delle Alpi liguri) o il caprino di malga. Perché poi non usare il pane di Triora per raccogliere il gustoso sugo di qualche preparato con gli altrettanto famosi fagioli della Valle Argentina? Grazie allo loro squisita qualità, i fagioli di Pigna, Badalucco e Conio hanno contribuito negli ultimi quattro secoli ad arricchire la dieta, tradizionalmente scarsa di proteine, delle comunità delle valli Nervia, Argentina e Impero, e rinvigorire i terreni depauperati di sostanze azotate. Questi fagioli, che si racconta siano giunti dalla vicina Provenza, sono localmente e affettuosamente chiamati “i rudìn” per la forma vagamente tondeggiante.
Un po’ meno pregiate “ae mungette”, ma forse ancor più gustose.

Una alimentazione sana e genuina, che spesso riporta alla luce sapori dimenticati e luoghi incantevoli, sono solo alcuni degli elementi che stanno alla base del successo di questi luoghi che vantano da secoli una schietta cultura dell’ospitalità.

Tra gli indirizzi da non perdere per l’alta qualità dell’accoglienza e della cucina, segnaliamo l’Hotel & Ristorante Colomba d’Oro, all’ingresso di Triora.
Info: Tel. 0184.94051

www.colombadoro.it

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