Droni: divieto di volo in parchi e riserve naturali

Il volo dei droni nei parchi è disciplinato da una normativa nazionale Enac, che recepisce una regolamento europeo del 2019 che ha innovato la disciplina del volo di apparecchi senza pilota

1 luglio 2022 - 10:38

Le regole nazionali ed europee

L’argomento droni ha un avvenire infinitamente lungo e mutevole, quindi se siete esperti di aeromobili e di aspetti legali e tecnici scriveteci così da aggiornare l’articolo cammin facendo.

Negli ultimi anni la diffusione dei droni e l’incremento esponenziale di nuove professionalità legate a questi apparecchi ha sollevato notevoli problematiche in tema di sicurezza dello spazio aereo e in materia di protezione dei dati personali quando si fanno riprese in spazi e luoghi comuni.

L’inconfondibile ronzio udibile a decine di metri di distanza inizia a sentirsi anche in natura, sempre più di frequente si vedono librarsi in volo droni nelle nostre aree protette.

La normativa per il volo dei droni in Europa è contenuta nel Regolamento Europeo n. 947/2019, relativo a norme e procedure per l’esercizio degli aeromobili senza equipaggio.

L’Enac ha poi pubblicato il 4 gennaio 2021 il Regolamento UAS-IT, applicabile dal 31 dicembre 2020, che disciplina quanto di competenza degli Stati Membri.

Uno dei punti principali di questa normativa, peraltro modificato lo scorso febbraio 2022, riguarda le “Zone geografiche Uas”. Queste sono aree in cui il volo è limitato o interdetto, in parole povere sono “no fly zone” per i droni.

 

La novità delle Zone Geografiche Uas

Le zone geografiche Uas devono essere definite dalle normative nazionali degli stati membri. Possono essere i singoli enti a chiedere l’istituzione di una zona geografica Uas, tra questi per esempio: istituzioni pubbliche, forze dell’ordine, autorità militari e parchi naturali.

La definizione di zona geografica UAS è stabilita dallo stesso regolamento all’articolo 2, che la definisce come “una porzione di spazio aereo stabilita dall’autorità competente che agevola, limita o esclude le operazioni UAS al fine di far fronte ai rischi connessi alla sicurezza, alla riservatezza, alla protezione dei dati personali, alla sicurezza o all’ambiente derivanti dalle operazioni UAS”.

In pratica si tratta di una porzione di spazio aereo per la quale l’Enac può limitare o escludere il volo di droni. Per queste aree interdette deve essere indicati chiaramente i limiti: quote, orari, giorni della settimana, ecc.

La richiesta di istituire una zona geografica UAS può arrivare da enti locali e istituzione pubbliche, che devono farne motivata richiesta all’Enac che valuterà le ragioni per le quali si chiede l’istituzione di una “no fly zone” e deciderà se concederla.

Tra le motivazioni che possono spingere un ente a chiedere una limitazione al volo di droni ci sono: la presenza di autostrade, ferrovie, ospedali, opere d’arte, aree rurali e urbane, restrizioni locali per ridurre il rumore, motivi climatici e possibili impatti sugli ambienti naturali.

L’ente potrebbe chiedere anche una limitazione dell’accesso ai droni in queste aree. In questo casi nella richiesta di zona geografica UAS deve essere stabilita la procedura e designato il soggetto responsabile del rilascio dell’autorizzazione per il sorvolo,

Le zone geografiche UAS presenti in Italia si possono trovare in Italia sul portale d-flight.

Il Regolamento all’art. 22 stabilisce inoltre che i droni da 500g fino a 2kg, ovvero quelli senza marcatura di classe, devono essere condotti mantenendo almeno 50 metri di distanza da qualsiasi persona sia non informata che informata, coinvolta nelle operazioni.

 

Escursionisti, animali e droni possono convivere nei parchi?

In base alla nuova normativa pertanto i parchi naturali possono chiedere all’Enac di rendere il proprio territorio, o parti di esso, zone geografiche UAS.

La legge quadro sulle aree protette, la n° 394 del 1991, stabilisce: “nelle aree protette è vietato il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo”.

Allo scopo di tutelare l’ambiente di determinate zone protette, gli Enti parco possono pertanto chiedere all’Enac una “no fly zone” oppure di condizionare il sorvolo dei droni all’autorizzazione dell’ente, di solito concessa per motivi di sicurezza, scientifici o di monitoraggio ambientale.

In definitiva, se è vostra intenzione sorvolare con il drone un’area protetta, il buon senso suggerisce di consultare la cartografia aeronautica AIP e l’operatore di APR, ma anche contattare l’Ente parco.

La Legge 6 dicembre 1991, n. 394, all’art. 11 “Regolamento del parco” affida proprio agli Enti predisposti la regolamentazione interna, e al comma 3-h stabilisce che «è vietato il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo.»

La maggioranza delle aree naturali protette sono interdette al volo di aeromobili al di sotto dei 1500 piedi (circa 500 metri) dal livello del suolo (eccetto ai mezzi di soccorso e di emergenza, e quelli autorizzati dall’ente parco per attività specifiche, coerenti con il fine istituzionale dell’Ente stesso).

Lo scopo è quello di tutelare l’ambiente di determinate aree di interesse biologico e faunistico.

 

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