Nell’Alto Molise

18 marzo 2020 - 9:56

Il luogo di partenza si trova non molto lontano dall’abitato di Capracotta, a poca distanza dal giardino di flora appenninica nei pressi della provinciale; l’orto botanico, che ospita esempi di flora autoctona, è poco distante da “Prato Gentile”, radura in cui, nel mese di agosto, si svolge la “pezzata” e si può assaporare la pecora cucinata a ru cuttur.
Il percorso inizia dalla chiesetta di S. Lucia e dal fonta-nile che invita a riempire le borracce; il sentiero, ben definito, con fondo in terra, sale dolcemente sino alla cima di Monte Campo.
Salendo, il paese di Capracotta appare al di là di prati, il cielo terso permette come sfondo lo scenario delle Mainarde ed appaiono le vicine e caratteristiche cime di Monte Miglio e di Monte Pizzi con i nudi pinnacoli rocciosi.
Il sentiero, dopo aver attraversato un rimboschimento, gira sulla sinistra e si dirige verso la cima (1746 m), in-dividuata dalla maestosa croce in ferro e dalla recente antenna per trasmissioni.
Il panorama si apre da est ad ovest sino al limite dell’orizzonte: inconfondibile la radura circolare di “Prato Gentile”, incastonata fra il bosco dei faggi sottostante la ripida parete del versante nord del monte; poco oltre la vallata del fiume Sangro che divide i territori molisani da quelli abruzzesi; sullo sfondo una catena di monti, senza soluzione di continuità, unisce le cime delle Mainarde, della Meta ad ovest con le cime della Maiella ad est.
Lasciata alle spalle la croce, spostandosi sulla cresta, con sulla sinistra la parete verticale nuda che si perde in basso fra una folta vegetazione e a destra con il terreno il leggero pendio, lo sguardo scorge il santuario di S.Luca, piccola chiesetta rupestre sulla provinciale per Pescopennataro.
Il sentiero è segnato, ma scostandosi leggermente dal percorso si possono osservare le nette fenditure, testi-monianza di fenomeni tettonici, sul cui fondo si intravedono cavità che però hanno breve cammino.
La curiosità da speleologo può essere soddisfatta con la visita alla grotta che si trova ai piedi della parete rocciosa del versante nord. Una rigogliosa vegetazione perdura a lungo sul fondo di alcune di queste fenditure per la presenza di umidità.
Lasciando il sentiero di cresta e scendendo a mezza costa, la zona attraversata è costellata da gruppi di trulli, ricoveri provvisori per pastori, costituiti da piccoli ambienti, di forma circolare in pietrame a secco, con tetto in liscie di pietrame calcareo ad ipogeo. Alcuni costituiscono aggregazioni in cui un recinto unisce il ricovero del pastore e quello di giovani animali, altri si sviluppano lungo i sentieri ricavati nello spessore dei muraglioni di delimitazione. Taluni fanno risalire l’origine di tali costruzioni, connettendoli con l’attività della transumanza, alla tipologia pugliese. E’ però, molto probabile che tale tipologia sia derivata dalla semplice necessità costruttiva di realizzare la copertura con materiale lapideo e lastre immediatamente utilizzabile.
La pietra domina su questo versante, brullo per l’attività pastorizia svolta sino a qualche tempo fa, nei muretti di delimitazione dei sentieri (splendido un tratturello che conduce verso Passo Regina), nei terrazzamenti ed anche nei resti di murature di una fortificazione megalitica di epoca preromana.
Anche sulla vetta del Monte S. Nicola (1517 m) spicca una torre di avvistamento di epoca medioevale riporta-ta alla luce durante i lavori del metanodotto nel 1991. E’ un posto di vedetta che permetteva di scrutare a 360 gradi: la vallata del Sangro a nord, con l’invaso artificiale di Bomba che si intravede ai piedi della catena della Maiella ed i territori degradanti dolcemente verso Agnone dalla parte opposta. Nei giorni in cui l’aria è particolarmente limpida può capitare di intravedere il mare se non le coste dalmate.
L’abitato di Pescopennataro si scopre al di là del bosco di “abeti soprani” protetto dalle cime rocciose alle spalle.
Dalla cima del Monte S. Nicola, sempre con un sentie-ro di crinale, si va in discesa in direzione del passo di “Guado Cannavina” (1194 m); qui si devia sulla sinistra e l’ambiente cambia aspetto. Ci inoltriamo infatti con un sentiero di esbosco, che ricalca una vecchia strada comunale, in un folto bosco di faggi che riveste tutto il versante. Il sentiero è facilmente individuabile, in leggera e costante discesa, e attraversa piccole zone umide in cui la vegetazione di sottobosco cresce rigogliosa attirando numerose varietà di farfalle sulle piante in fiore.
La pista esce dal bosco, dopo circa 30 minuti, ed il paesaggio cambia radicalmente. Lo sguardo si apre su ampi prati a pascolo che si spingono sino all’abitato di Pescopennataro. All’uscita del bosco ci imbattiamo nella Masseria Sperlissi dotata di abbeveratoiofontanile.
Il sentiero adesso si trasforma in un tracciato brecciato carrabile che si snoda fra prati pianeggianti che presentano una ricchezza floristica notevole: campanule, papaveri, cistose. Sulla destra, a qualche decina di metri dalla strada, una macchia di salici individua una sorgente ed un abbeveratoio dove si può prevedere un punto di sosta.
La stradina attraversa una macchia a bosco e dopo aver incontrato un’altra masseria sulla sinistra termina nei pressi del cimitero di Pescopennataro che si può raggiungere percorrendo poche decine di metri di strada provinciale.

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