È di fondamentale importanza non toccare i cuccioli di cervo e capriolo, o ungulati in generale, che si possono incontrare acquattati nell’erba o tra le rocce durante le nostre escursioni primaverili.
L’appello proviene dal Corpo Forestale dello Stato, dai gruppo ambientalisti e di protezione della fauna, dagli Enti Parco, perfino dalle ASL e di chiunque abbia un po’ di giudizio e sia a conoscenza del problema.
I piccoli ungulati, infatti, nei primi giorni di vita non seguono la madre negli spostamenti, ma restano in sua attesa, nascosti fra la vegetazione: la loro peculiarità è di non avere odore e l’immobilità li preserva dalla predazione dei carnivori, come volpi e lupi. Infatti, le femmine di queste specie non rimangono vicino ai cuccioli per non richiamare l’attenzione dei predatori, ma tornano a dargli la poppata prevalentemente durante la sera e la notte.
L’annoso problema si ripresenta puntualmente tutti gli anni perché gli escursionisti che s’imbattono in questi cuccioli, spinti dal “nobile spirito di aiutarli” – credendoli in apparente stato di difficoltà – li prelevano dall’ambiente naturale per consegnarli all’autorità sanitarie competenti o per allevarli come animali d’affezione. Così facendo, però, si creano solo disagi e si compromette la vita stessa degli esemplari.
Queste persone non sanno che appena la madre percepisce il nostro odore sul pelo del cucciolo non lo riconosce più e fatalmente lo abbandona, perciò dobbiamo desistere da ogni approccio: accarezzarlo significa condannarlo a morte! Anche se a prima vista può sembrarci solo e in difficoltà, e l’istinto sarebbe quello di aiutarlo, occorre ricordarsi che il genitore è comunque nelle vicinanze. La madre è l’unica che sa come trattare i suoi piccoli, l’uomo non deve interferire.
L’appello di tutti coloro che hanno un po’ di conoscenza della montagna e soprattutto l’amore autentico per gli animali è quello di non contribuire a creare degli orfani, lasciamo i cuccioli alle loro madri e ai loro ambienti naturali!
Tra l’altro, se i cervidi vengono allevati dall’uomo, è molto difficile restituirli successivamente al mondo selvatico, pertanto col nostro comportamento irresponsabile li condanniamo a una vita intera passata all’interno delle recinzioni e a un destino di cattività! Dobbiamo sempre tenere a mente che noi siamo ospiti di questo mondo esattamente come i nostri amici animali, non padroni.