Dalle Cinque Terre all’Appennino Tosco-Emiliano: viaggio dalla costa all’entroterra

18 marzo 2020 - 11:03

Due Parchi Nazionali che hanno tutti i numeri per esaudire il nostro desiderio di naturalità e cultura; tanti progetti per portare “energia” dal mare all’entroterra, accompagnati da venti favorevoli in quota.

“Io, come la rondine di Anacreonte ho lasciato il mio Nilo e sono migrato qui per l’estate, in una casa isolata di fronte al mare e circondata dal soave e sublime scenario del Golfo della Spezia

Così scriveva Percy Bysshe Shelley.

Sono questi i luoghi del levante ligure che conservano angoli ed emozioni tanto care a letterati, artisti e grandi poeti, come Lord Byron, Percy Shelley, Henry Morton Stanley, il ligure Eugenio Montale e il cittadino affettivo del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano Attilio Bertolucci.

Anche nei versi dei nostri due grandi poeti riviviamo le emozioni intense che hanno saputo trasmettere, ispirati da stupendi luoghi d’incontro tra le terrazze a picco sul mare e i fianchi dell’Appennino che veniva risalito ogni estate, ogni inverno, dallo scrittore parmense.

 

Possiamo volare con la mente, oppure guadagnare le distanze un passo alla volta.

Possiamo decidere di spostarci dal punto A al punto B, da Monterosso al Mare a San Pellegrino in Alpe, con l’automobile oppure con il nostro mezzo di locomozione più naturale: le gambe.

Nel raggio di 50 chilometri si dipana uno spettacolo unico di natura, arte e storia, custodito e valorizzato dai due parchi nazionali, abbinato a prodotti e servizi di qualità.

Tra questi anche le biciclette a pedalata assistita che consentono di attraversare le montagne senza fatica e godersi in silenzio gli scenari più belli dell’Appennino: sono le nuove Parco Bike, un mezzo innovativo per la mobilità dolce nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Il modo migliore per godersi il Parco Nazionale delle Cinque Terre è invece il battello, oppure percorrere con tranquillità il Sentiero Azzurro che da ovest ad est tocca Punta Mesco e minuscoli borghi marinari incastonati fra pietra e mare: Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore.

Superato il borgo di Beverino e Foce di Rastello, una rete di sentieri invitano gli escursionisti a guadagnare il crinale dove corre il segnavia 00 della Grande Escursione Appenninica.

Ai suoi piedi l’alta Val di Vara, ossia la valle del biologico dove Varese Ligure, stupendo borgo medioevale dalla conformazione ellittica, rappresenta il primo comune in Europa ad aver ottenuto la certificazione ambientale ISO 14001.

Si cammina sullo spartiacque a cavallo della Valle del Taro e della Val di Vara, lungo gli estesi boschi dell’entroterra fino a guadagnare l’alta Valle della Magra, protetta dai venti freddi del nord grazie all’abbraccio naturale della dorsale sud-orientale dell’Appennino ligure e dell’Appennino tosco-emiliano.

Ci apprestiamo ora a raggiungere il severo ambiente d’alta quota: dallo storico Passo della Cisa, attraversato dalla Via Francigena, seguendo la cresta ondulata e panoramica si supera il Passo di Cirone dove iniziano le dure arenarie del crinale emiliano.

Si procede tra ampie praterie fino all’impennata del Monte Orsaro (m 1830), che regala panorami d’ampio respiro sulla Lunigiana; alle faggete si susseguono rocce e praterie d’alta quota, nulla fa presagire quello straordinario campionario di specchi d’acqua e conche glaciali che ci attendono dopo il Lago Padre e il Lago Santo.

Il bosco lambisce la riva del più ampio invaso naturale dell’Appennino settentrionale, qui sorge anche lo storico Rifugio Mariotti, raggiungibile in poco meno di un’ora di cammino da Lagdei.

Il susseguirsi di creste rocciose e lastroni levigati è ingentilito dalle spettacolari fioriture che caratterizzano un’area dal grande valore naturalistico e paesaggistico: il “Crinale dei laghi”.

Il Monte Marmagna mostra un versante toscano aspro e ripido, più morbido e digradante quello parmense.

Costeggiando la boscosa Valle della Riserva Statale di Guadine Pradaccio, si scorgono le Capanne di Badignana, vecchio alpeggio oggi adibito a bivacco.

Occhi di cielo emergono poco più in basso: il Lago Bicchiere, i Lagoni, incastonati nella faggeta ai piedi della Rocca Pumacciolo, il Lago Scuro che ospita un laboratorio utilizzato dall’Università di Parma per monitorare i fragili ecosistemi dell’invaso.

Il saliscendi accompagna l’escursionista sul Monte Sillara (m 1859) e i vicini laghi omonimi.

Al Passo del Giovarello si inizia a scendere sul lato emiliano toccando il modesto Lago Martini, poi un ripido valloncello pietroso porta al Bivacco Cagnin, si perde quota nel bosco lambendo il Lago Verde e il bacino artificiale del Ballano, accessibile anche dalla Val Cedra.

Da qui si raggiunge Prato Spilla con una comoda passeggiata nella faggeta.

Gli specchi d’acqua restano una costante della dorsale, il Lago Verdarolo, il Lago Scuro e il Lago Squincio, fino al Passo del Lagastrello, crocevia naturale delle ippovie di tre province.

Qui, quando ancora non esisteva il bacino artificiale Paduli, giungeva il “Sentiero dei Ducati”, via storica che nell’800 risaliva la Valle dell’Enza.

Sopravanzando il Lago del Monte Acuto, nei pressi si trova il Rifugio Città di Sarzana (m 1580); si seguono i rilievi che si allungano verso il crinale reggiano, con alcune delle vette più alte dell’Appennino settentrionale, attraverso praterie ricche di acque sorgive (i Ghiaccioni) racchiuse dalla cresta dentata dei Groppi di Camporaghena.

Si sale verso la montagna più vera, la mole dell’Alpe di Succiso ci accompagna fino allo stretto intaglio del Passo di Pietra Tagliata (m 1753), dove un breve sentiero porta alle sorgenti del Secchia.

Dalla piramide dell’Alpe di Succiso una variante, il sentiero nr 667, scende verso il Monte Ventasso, il Lago Calamone e Ramiseto.

Proseguendo, dal Prataccio si raggiunge il Passo dell’Ospedalaccio, segnalato da un cippo che ricorda i confini della Repubblica Cisalpina e dove si trovava un antico ospitale medioevale.

L’ambiente si fa ora più rilassante, boschetti e praterie accompagnano dolcemente l’escursionista al Passo del Cerreto, ai suoi laghi (Gore, Scuro, Pranda e del Cerreto) e alla vicina stazione sciistica.

La tappa successiva si addentra nel selvaggio anfiteatro del Monte La Nuda, irto di rocce e di torrioni.

Qui sgorga l’acqua del torrente Rosaro che dopo aver scavato le arenarie si adagia lungo il vallone alluvionale che scende a Sassalbo, nella Lunigiana orientale.

Sul versante opposto il Secchia incide profondamente le arenarie a nord di Cerreto Alpi, plasmando gli Schiocchi e andando incontro alla Pietra di Bismantova.

Il nome poco raccomandabile, Valle dell’Inferno, riserba un ambiente grandioso e alpestre: pietraie e blocchi morenici, fino al piccolo Bivacco Rosario (sorgente), poi la cresta panoramica sulla Garfagnana e il profilo dentato delle Apuane, ormai vicine.

Al Passo di Belfiore l’ambiente è impreziosito dalle basse brughiere di mirtillo punteggiate di rododendri: ormai siamo prossimi al Passo di Pradarena, il più alto valico carrozzabile dell’Appennino settentrionale. Lo scenario è meraviglioso, spazia dalle Alpi Apuane al Monte Caio, fino al Monte Giovo e il Cimone.

Qui, l’Appennino si fa sentire, la quota è importante, procediamo lungo il Passo della Comunella, le falde del Monte Sillano e la cima del Monte di Soraggio, dove abbracciare con lo sguardo la Garfagnana e la Val d’Ozola, territorio boscoso, incontaminato, toccato solo dagli impianti idroelettrici del centro abitato di Ligonchio.

La Chiesetta di San Bartolomeo annuncia il Passo di Romecchio, segue la Focerella, si continua in cresta fino al pianoro sommitale del Monte Castellino (m 1952), dove ammirare il profilo del Gigante, ossia il Cusna!

Dalla sella di Monte Prado si perde quota nella bellissima conca glaciale che circonda il Lago Bargetana; la strada forestale che risale la Val d’Ozola giunge all’ampia sella di Lama Lite (m 1781) e al vicino Rifugio Battisti.

Si riprende a camminare verso il cielo, con ampie vedute dell’alta Valle del Dolo ricoperta dai boschi dell’Abetina Reale.

Superato il valico di Bocca di Massa (m 1816), presso Monte Vecchio, i sentieri nr 64 e 58 dirigono verso la Pania di Corfino e l’Orto Botanico.

Si trascura questa lunga variante, dal valico si scende al Passo delle Forbici, dove l’antica via resa camionabile nel dopoguerra collega Casone di Profecchia alla Segheria dell’Abetina Reale.

Sito d’Interesse Comunitario, l’Abetina Reale, sfruttata per il taglio della legna nel XVI secolo, fu protagonista di provvidenziali e vitali lavori di rimboschimento imposti dai duchi Estensi.

Al Passo del Giovarello si abbandona il crinale per scendere lungo una mulattiera lastricata nella conca acquitrinosa delle Maccherie.

Ormai al termine della nostra lunga camminata, si segue il tracciato dell’antica Via Bibulca fino al Passo delle Radici, principale valico stradale fra Emilia e Garfagnana.

Siamo ormai prossimi alla Via Vandelli, strada ducale che rappresentò una sfida tecnica notevole per il suo tempo, e all’antico ospizio di San Pellegrino in Alpe, custode delle spoglie mortali di San Pellegrino e San Bianco che hanno vegliato per secoli sulle sorti di questo avamposto che fu nel Medioevo frequentato “Hospitale” per i pellegrini in transito.

Splendida la vista sulle Apuane e sulla Garfagnana.

Non ci resta che mettere in pratica le parole di Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.

Lo stesso itinerario “Appennino e Cinque Terre” percorso nel verso opposto mostrerà due visioni di un’unica realtà.

 

 

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