Il nostro è un periodico dedicato al tempo libero, e si propone di valorizzarlo andando, a piedi, alla scoperta del mondo, della natura, delle tracce e delle tradizioni dell’uomo, avvicinando e conoscendo grandi e piccole bellezze in ambienti straordinari di cui il nostro paese è pieno.
Ci sentiamo per questo responsabili, verso i nostri lettori, nell’offrire anche indicazioni e opinioni su argomenti che coinvolgono l’ecosistema natura/uomo, mai con un approccio “fondamentalista” caro ad un certo “ambientalismo” becero e ottuso, ma al contrario cercando di dare voce a chi è in grado di esprimere opinioni suffragate dalla competenza e dall’esperienza.In quest’ottica, ci onoriamo di dare spazio a personaggi della scienza in grado di divulgare concetti e notizie concrete che siamo certi possano interessare i nostri lettori, sicuramente attenti alle sorti del mondo in cui viviamo e ci muoviamo.Nelle ultime settimane, a seguito delle affermazioni programmatiche del nuovo governo nazionale, si è riaccesa la disputa tra favorevoli e contrari alla ripresa della produzione di energia dalla fissione nucleare dell’uranio, dichiarata dal neoministro dello sviluppo economico Claudio Scajola prioritaria nelle scelte energetiche di questa legislatura.
Moltissimi, anche chi non è impegnato nella tutela e salvaguardia dell’ambiente, sono rimasti perplessi di fronte a questa presa di posizione unilaterale dei nostri attuali governanti, considerata ormai da gran parte del mondo scientifico internazionale un nonsenso economico, a prescindere dai mai risolti dubbi sulla pericolosità e difficoltà di stoccaggio delle scorie radioattive; scelta che ignora tre decenni di studi e progressi sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ma anche la volontà popolare degli italiani già espressa in un referendum che bloccò, alla metà degli anni ‘80 del secolo scorso, la proliferazione delle centrali nucleari del nostro paese.A posteriori, forse la scelta di allora fu avventata perchè ci ha costretto ad una sudditanza quasi totale da produttori esteri di energia, con costi incalcolabili che penalizzano quotidianamente la nostra economia.Oggi, però, è assolutamente insensato pensare di ridurre questo scompenso affidandosi al nucleare attuale che, nel frattempo, ha dimostrato molti limiti e non è più concorrenziale neppure sotto il profilo economico.La falsa utopia del nucleare sicuro ed economicoQuattro incidenti in pochi giorni nell’ultimo mese di luglio, ancorchè classificati “a basso rischio”, nelle centrali nucleari francesi, smentiscono nella realtà le illusioni di quanti sognano l’utopia di un “nucleare sicuro” e dimostrano come, allo stato attuale, non ci sono garanzie sulla compatibilità tra la produzione di energia atomica com’è concepita oggi, la sicurezza per l’uomo e la sostenibilità dei costi per lo smaltimento dei rifiuti. Illuminante, a tale scopo, l’intervento del fisico premio Nobel Carlo Rubbia in un’audizione al Parlamento del 25 novembre 2003, in merito al decreto legge 314/2003 sull’individuazione di un sito per lo stoccaggio di scorie radioattive a Scansano Jonico, che riportiamo integralmente:“Si apre a questo punto il grave problema dell’eliminazione dei rifiuti radioattivi. Con vari metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati, vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura.Queste “vergogne” dell’energia nucleare vengono nascoste nelle profondità sotterranee e marine. Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno attive per millenni.La sicurezza assoluta non esiste neppure in quest’ultimo stadio del ciclo nucleare. I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari. Neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere ritenuto, secondo me, completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l’uomo attraverso la catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando che quando scoppieranno non ci saremo per risponderne personalmente. “Ma i dati e le evidenze danno un duro colpo anche alle bugie e alla disonestà intellettuale di quanti – politicanti e affaristi senza scrupoli e coscienza – affermano, ignorando ogni evidenza, che il nucleare di oggi è economicamente sostenibile. Al di là dei tempi (8/10 anni) e costi necessari per la costruzione di una centrale di ultima generazione, e ovviamente senza tenere in alcun conto le spese per lo smaltimento delle scorie a lungo termine, è il prezzo dell’uranio la variabile capace di rendere inutile ogni sforzo finalizzato alla produzione di energia a costi contenuti.Eclatante il caso degli Stati Uniti, la cui strategia energetica viene portata ad esempio da questi fautori del ritorno al nucleare, che di fatto hanno invece abbandonato il nucleare fin dal 1979 (data di costruzione dell’ultima centrale nucleare). In un recente servizio giornalistico al TG3, Giovanna Botteri, corrispondente da New York, ha documentato questa scelta sicuramente non determinata da aspirazioni ambientaliste (che il governo USA finora ha ignorato), ma da motivi esclusivamente economici:“Dopo l’incidente di Three Miles Island (avvenuto nel 1979, n.d.r.) gli Stati Uniti hanno cominciato a guardare con diffidenza il nucleare, e secondo un recente studio americano l’elettricità prodotta da una nuova centrale nucleare sarebbe destinata a costare circa il doppio di quella prodotta attualmente: 11 centesimi di dollaro in più per chilowatt/ora rispetto alla media.Per questo motivo, la gara per la costruzione di nuove centrali nucleari indetta da G.W. Bush è andata deserta fin quando l’amministrazione non ha introdotto un incentivo di quasi due cents al Kw/ora, la stessa cifra già prevista per l’eolico. Negli Stati Uniti la ricerca si sta dirigendo essenzialmente sulle energie alternative, molto più che sul nucleare, ma per motivi assolutamente economici e non ideologici; sono sempre meno quelli che pensano che tornare al nucleare riduca i costi, perchè c’è il problema, non secondario, dell’uranio.Negli anni scorsi si poteva contare su una sovrabbondanza di uranio anche grazie all’utilizzo del materiale proveniente dal programma di disarmo nucleare, ma questa situazione è destinata a cambiare e le difficoltà ad aprire nuove miniere stanno già facendo lievitare il prezzo del minerale, sestuplicato negli ultimi cinque anni.Per gli Stati Uniti, quindi, in futuro meno nucleare e più energie alternative.” (Fonte: TG3). Dall’uranio al torio, la scommessa dell’IndiaIn realtà, pochi sanno che esistono più tipi di fissione nucleare, anche se solo quella legata all’uranio è universalmente conosciuta dall’opinione pubblica; ancor meno persone ricordano che la ricerca nucleare è da sempre asservita a scopi bellici e il suo sviluppo per la produzione di energia per utilizzi civili solo una conseguenza. La soluzione, per molti scienziati, sarebbe il torio; innanzitutto un elemento molto comune in natura – è diffuso come il piombo – con “efficienza” 200 volte superiore all’uranio e tempi di decadimento totale delle scorie radioattive infinitamente più bassi (2/300 anni contro più di un milione di anni per l’uranio).Purtroppo, finora la ricerca sull’utilizzo del torio per la produzione di energia nucleare è stata osteggiata dai vertici militari e politici delle superpotenze atomiche, in prima fila gli americani, per molte ragioni, nessuna eticamente plausibile: l’estrazione del torio è abbastanza facile, quella dell’uranio necessita invece di strutture sofisticate e monopolizzabili, con conseguente controllo del mercato energetico legato alla produzione atomica; poichè sono necessari macchinari e tecnologie avanzatissime per l’estrazione dell’uranio, nessuno può farlo eludendo il controllo dell’amministrazione militare, in nessuna parte del mondo; inoltre, l’uranio si può lavorare solo in laboratori controllati, mentre, almeno sul piano teorico, il torio può essere trasformato da chiunque sia in grado di maneggiare un acceleratore “da tavolo” da 2,5Mev come quelli già impiegati in chirurgia per l’asportazione di tumori al cervello. Il problema, per i militari delle superpotenze atomiche, è proprio questo: bombardando, anche in modo “casalingo”, il torio con neutroni esso trasmuta parzialmente in uranio233, col quale si produce energia molto efficiente ma i vertici delle forze armate temono, contrariamente a quanto sostengono gli scienziati, che si possano realizzare anche ordigni nucleari, mentre la produzione di plutonio, derivato dalla fissione dall’uranio (indispensabile per la creazione della bomba atomica) è alla portata unicamente degli attuali governanti dell’equilibrio militare mondiale. In realtà, le centrali nucleari a fissione di uranio, negli Stati Uniti così come in Russia e Francia, sono servite, finora, ad approvvigionare di plutonio gli arsenali militari!Tornando all’impiego civile del nucleare, sulla carta una centrale nucleare alimentata a torio è immensamente più sicura di quelle ad uranio, a partire dalla minore radioattività del minerale e da una gestione meno pericolosa dell’intero ciclo di trasformazione; l’India, per prima nello scenario atomico mondiale, sta puntando molto sugli impianti atomici al torio, ed entro il 2020 conta di mettere sul mercato il primo reattore alimentato da questo minerale, anche perchè sul suo territorio ha riserve di almeno 290.000 tonnellate di torio contro le 70.000 di uranio.Al Festival del Pensiero Scientifico “Apriamo la Mente”, tenuto a maggio 2008 a Roma, Carlo Rubbia, uno dei più importanti scienziati nucleari della nostra epoca, ha affermato:“C’è bisogno di contare su un cambiamento radicale dell’energia per il futuro dell’umanità; siamo arrivati al limite per quanto riguarda approvvigionamento di risorse fossili e inquinamento, che hanno degradato il clima.Ci sono solo due energie che possono garantire questo futuro: una energia nucleare profondamente innovativa, che non può essere quella attualmente utilizzata, e un’energia solare anch’essa nuova, diversa dal fotovoltaico.L’energia nucleare deve rivolgersi all’utilizzo del torio; una attuale centrale nucleare di terza generazione, in grado di produrre un Gigawatt di potenza, necessita di 200 tonnellate di uranio naturale all’anno; con l’utilizzo del torio, la stessa potenza si può ottenere con l’impiego di una sola tonnellata all’anno. Ma non è tutto: oltre a un risparmio di 200 volte sulla quantità di minerale utilizzata, il torio esiste in grande abbondanza sulla Terra, almeno dieci volte più dell’uranio; questo significa un fattore di utilizzo 2000 volte più positivo rispetto all’uranio.Anche le scorie sono profondamente diverse: quelle del torio vivono poco, con un decadimento progressivo medio sull’ordine dei 20/30 anni, che non richiede un deposito “geologico” della durata di centinaia di migliaia di anni, ma uno stoccaggio “secolare” che può durare al massimo qualche centinaio di anni; dopo circa 2/300 anni, le scorie del torio possono essere ridistribuite nell’atmosfera. Per le scorie dell’uranio, i calcoli più ottimistici parlano di milioni di anni!”(Videointervista – Carlo Rubbia Centrale nucleare al torio – visionabile su www.youtube.com/watch?v=8xrqu4GeU1c)
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