Energia, spettro o motore del Terzo Millennio?

18 marzo 2020 - 10:13

Il nostro è un periodico dedicato al tempo libero, e si propone di
valorizzarlo andando, a piedi, alla scoperta del mondo, della natura,
delle tracce e delle tradizioni dell’uomo, avvicinando e conoscendo
grandi e piccole bellezze in ambienti straordinari di cui il nostro
paese è pieno.

Ci sentiamo per questo responsabili, verso i
nostri lettori, nell’offrire anche indicazioni e opinioni su argomenti
che coinvolgono l’ecosistema natura/uomo, mai con un approccio
“fondamentalista” caro ad un certo “ambientalismo” becero e ottuso, ma
al contrario cercando di dare voce a chi è in grado di esprimere
opinioni suffragate dalla competenza e dall’esperienza.
In
quest’ottica, ci onoriamo di dare spazio a personaggi della scienza in
grado di divulgare concetti e notizie concrete che siamo certi possano
interessare i nostri lettori, sicuramente attenti alle sorti del mondo
in cui viviamo e ci muoviamo.
Nelle ultime settimane, a seguito
delle affermazioni programmatiche del nuovo governo nazionale, si è
riaccesa la disputa tra favorevoli e contrari alla ripresa della
produzione di energia dalla fissione nucleare dell’uranio, dichiarata
dal neoministro dello sviluppo economico Claudio Scajola prioritaria
nelle scelte energetiche di questa legislatura.

Moltissimi,
anche chi non è impegnato nella tutela e salvaguardia dell’ambiente,
sono rimasti perplessi di fronte a questa presa di posizione
unilaterale dei nostri attuali governanti, considerata ormai da gran
parte del mondo scientifico internazionale un nonsenso economico, a
prescindere dai mai risolti dubbi sulla pericolosità e difficoltà di
stoccaggio delle scorie radioattive; scelta che ignora tre decenni di
studi e progressi sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ma
anche la volontà popolare degli italiani già espressa in un referendum
che bloccò, alla metà degli anni ‘80 del secolo scorso, la
proliferazione delle centrali nucleari del nostro paese.
A
posteriori, forse la scelta di allora fu avventata perchè ci ha
costretto ad una sudditanza quasi totale da produttori esteri di
energia, con costi incalcolabili che penalizzano quotidianamente la
nostra economia.
Oggi, però, è assolutamente insensato pensare di
ridurre questo scompenso affidandosi al nucleare attuale che, nel
frattempo, ha dimostrato molti limiti e non è più concorrenziale
neppure sotto il profilo economico.

La falsa utopia del nucleare sicuro
ed economico
Quattro
incidenti in pochi giorni nell’ultimo mese di luglio, ancorchè
classificati “a basso rischio”, nelle centrali nucleari francesi,
smentiscono nella realtà le illusioni di quanti sognano l’utopia di un
“nucleare sicuro” e dimostrano come, allo stato attuale, non ci sono
garanzie sulla compatibilità tra la produzione di energia atomica com’è
concepita oggi, la sicurezza per l’uomo e la sostenibilità dei costi
per lo smaltimento dei rifiuti.
Illuminante, a tale scopo,
l’intervento del fisico premio Nobel Carlo Rubbia in un’audizione al
Parlamento del 25 novembre 2003, in merito al decreto legge 314/2003
sull’individuazione di un sito per lo stoccaggio di scorie radioattive
a Scansano Jonico, che riportiamo integralmente:
“Si apre a questo
punto il grave problema dell’eliminazione dei rifiuti radioattivi. Con
vari metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati, vetrificati
e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti
di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura.
Queste
“vergogne” dell’energia nucleare vengono nascoste nelle profondità
sotterranee e marine. Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe
succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo
già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un
problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste
scorie saranno attive per millenni.
La sicurezza assoluta non esiste
neppure in quest’ultimo stadio del ciclo nucleare. I cimiteri
radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di
sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e
la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono
sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in
qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si
sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella
fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari. Neppure
il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere
ritenuto, secondo me, completamente sicuro. Sotto la pressione delle
rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a
venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un
cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare
quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l’uomo attraverso la
catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe
ritardate.
Le nascondiamo pensando che quando scoppieranno non ci saremo per risponderne personalmente. “
Ma
i dati e le evidenze danno un duro colpo anche alle bugie e alla
disonestà intellettuale di quanti – politicanti e affaristi senza
scrupoli e coscienza – affermano, ignorando ogni evidenza, che il
nucleare di oggi è economicamente sostenibile. Al di là dei tempi (8/10
anni) e costi necessari per la costruzione di una centrale di ultima
generazione, e ovviamente senza tenere in alcun conto le spese per lo
smaltimento delle scorie a lungo termine, è il prezzo dell’uranio la
variabile capace di rendere inutile ogni sforzo finalizzato alla
produzione di energia a costi contenuti.
Eclatante il caso degli
Stati Uniti, la cui strategia energetica viene portata ad esempio da
questi fautori del ritorno al nucleare, che di fatto hanno invece
abbandonato il nucleare fin dal 1979 (data di costruzione dell’ultima
centrale nucleare). In un recente servizio giornalistico al TG3,
Giovanna Botteri, corrispondente da New York, ha documentato questa
scelta sicuramente non determinata da aspirazioni ambientaliste (che il
governo USA finora ha ignorato), ma da motivi esclusivamente economici:

“Dopo l’incidente di Three Miles Island (avvenuto nel 1979, n.d.r.)
gli Stati Uniti hanno cominciato a guardare con diffidenza il nucleare,
e secondo un recente studio americano l’elettricità prodotta da una
nuova centrale nucleare sarebbe destinata a costare circa il doppio di
quella prodotta attualmente: 11 centesimi di dollaro in più per
chilowatt/ora rispetto alla media.
Per questo motivo, la gara per la
costruzione di nuove centrali nucleari indetta da G.W. Bush è andata
deserta fin quando l’amministrazione non ha introdotto un incentivo di
quasi due cents al Kw/ora, la stessa cifra già prevista per l’eolico.
Negli
Stati Uniti la ricerca si sta dirigendo essenzialmente sulle energie
alternative, molto più che sul nucleare, ma per motivi assolutamente
economici e non ideologici; sono sempre meno quelli che pensano che
tornare al nucleare riduca i costi, perchè c’è il problema, non
secondario, dell’uranio.
Negli anni scorsi si poteva contare su una
sovrabbondanza di uranio anche grazie all’utilizzo del materiale
proveniente dal programma di disarmo nucleare, ma questa situazione è
destinata a cambiare e le difficoltà ad aprire nuove miniere stanno già
facendo lievitare il prezzo del minerale, sestuplicato negli ultimi
cinque anni.
Per gli Stati Uniti, quindi, in futuro meno nucleare e più energie alternative.” (Fonte: TG3).
   
Dall’uranio al torio, la scommessa dell’India
In
realtà, pochi sanno che esistono più tipi di fissione nucleare, anche
se solo quella legata all’uranio è universalmente conosciuta
dall’opinione pubblica; ancor meno persone ricordano che la ricerca
nucleare è da sempre asservita a scopi bellici e il suo sviluppo per la
produzione di energia per utilizzi civili solo una conseguenza.
La
soluzione, per molti scienziati, sarebbe il torio; innanzitutto un
elemento molto comune in natura – è diffuso come il piombo – con
“efficienza” 200 volte superiore all’uranio e tempi di decadimento
totale delle scorie radioattive infinitamente più bassi (2/300 anni
contro più di un milione di anni per l’uranio).
Purtroppo, finora la
ricerca sull’utilizzo del torio per la produzione di energia nucleare è
stata osteggiata dai vertici militari e politici delle superpotenze
atomiche, in  prima fila gli americani, per molte ragioni, nessuna
eticamente plausibile: l’estrazione del torio è abbastanza facile,
quella dell’uranio necessita invece di strutture sofisticate e
monopolizzabili, con conseguente controllo del mercato energetico
legato alla produzione atomica; poichè sono necessari macchinari e
tecnologie avanzatissime per l’estrazione dell’uranio, nessuno può
farlo eludendo il controllo dell’amministrazione militare, in nessuna
parte del mondo; inoltre, l’uranio si può lavorare solo in laboratori
controllati, mentre, almeno sul piano teorico, il torio può essere
trasformato da chiunque sia in grado di maneggiare un acceleratore “da
tavolo” da 2,5Mev come quelli già impiegati in chirurgia per
l’asportazione di tumori al cervello. Il problema, per i militari delle
superpotenze atomiche, è proprio questo: bombardando, anche in modo
“casalingo”, il torio con neutroni esso trasmuta parzialmente in
uranio233, col quale si produce energia molto efficiente ma i vertici
delle forze armate temono, contrariamente a quanto sostengono gli
scienziati, che si possano realizzare anche ordigni nucleari, mentre la
produzione di plutonio, derivato dalla fissione dall’uranio
(indispensabile per la creazione della bomba atomica) è alla portata
unicamente degli attuali governanti dell’equilibrio militare mondiale.
In realtà, le centrali nucleari a fissione di uranio, negli Stati Uniti
così come in Russia e Francia, sono servite, finora, ad approvvigionare
di plutonio gli arsenali militari!
Tornando all’impiego civile del
nucleare, sulla carta una centrale nucleare alimentata a torio è
immensamente più sicura di quelle ad uranio, a partire dalla minore
radioattività del minerale e da una gestione meno pericolosa
dell’intero ciclo di trasformazione; l’India, per prima nello scenario
atomico mondiale, sta puntando molto sugli impianti atomici al torio,
ed entro il 2020 conta di mettere sul mercato il primo reattore
alimentato da questo minerale, anche perchè sul suo territorio ha
riserve di almeno 290.000 tonnellate di torio contro le 70.000 di
uranio.
Al Festival del Pensiero Scientifico “Apriamo la Mente”,
tenuto a maggio 2008 a Roma, Carlo Rubbia, uno dei più importanti
scienziati nucleari della nostra epoca, ha affermato:
“C’è bisogno
di contare su un cambiamento radicale dell’energia per il futuro
dell’umanità; siamo arrivati al limite per quanto riguarda
approvvigionamento di risorse fossili e inquinamento, che hanno
degradato il clima.
Ci sono solo due energie che possono garantire
questo futuro: una energia nucleare profondamente innovativa, che non
può essere quella attualmente utilizzata, e un’energia solare anch’essa
nuova, diversa dal fotovoltaico.
L’energia nucleare deve rivolgersi
all’utilizzo del torio; una attuale centrale nucleare di terza
generazione, in grado di produrre un Gigawatt di potenza, necessita di
200 tonnellate di uranio naturale all’anno; con l’utilizzo del torio,
la stessa potenza si può ottenere con l’impiego di una sola tonnellata
all’anno. Ma non è tutto: oltre a un risparmio di 200 volte sulla
quantità di minerale utilizzata, il torio esiste in grande abbondanza
sulla Terra, almeno dieci volte più dell’uranio; questo significa un
fattore di utilizzo 2000 volte più positivo rispetto all’uranio.
Anche
le scorie sono profondamente diverse: quelle del torio vivono poco, con
un decadimento progressivo medio sull’ordine dei 20/30 anni, che non
richiede un deposito “geologico” della durata di centinaia di migliaia
di anni, ma uno stoccaggio “secolare” che può durare al massimo qualche
centinaio di anni; dopo circa 2/300 anni, le scorie del torio possono
essere ridistribuite nell’atmosfera. Per le scorie dell’uranio, i
calcoli più ottimistici parlano di milioni di anni!”
(Videointervista – Carlo Rubbia Centrale nucleare al torio – visionabile su www.youtube.com/watch?v=8xrqu4GeU1c)

Segue…

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