Le piante e gli animali più pericolosi che si possono incontrare sul sentiero

Vediamo gli animali e le piante da cui è opportuno tenere le distanze durante un trekking nella natura. Pungiglioni, morsi, spine e aculei velenosi: sono le armi di animali e piante pericolosi per l'escursionista, impariamo a conoscerli!

22 agosto 2023 - 8:56

Non faremo un elenco dettagliato delle ragioni per cui raccogliere fiori e semi, accarezzare cuccioli, cercare di avvicinare o dare da mangiare agli animali costituiscano comportamenti che mettono a rischio la vita dei singoli e delle specie.

Su internet si trova una vastissima letteratura sul tema.

Ci limitiamo a ricordare che la natura selvaggia è un luogo dove siamo ospiti e come tali ci dobbiamo comportare.

Guardare e non toccare, insomma, o meglio: toccare solo quando si è certi di non fare danno o di farne il meno possibile.

Fatta questa doverosa premessa ecologista, passiamo all’elenco degli animali, e delle piante, da cui stare alla larga per il nostro bene.

Precisiamo subito che fra loro non ci sono “predatori di escursionisti”, perché, fino a quando si resta su Alpi e Appennini, il rischio di finire nel menù di un selvatico di qualche sorta è decisamente remoto.

I “malefici sette” sono più che altro nostri compagni di sventura: nessuno di loro ha intenzione di venirci a cercare per farci del male.

In caso di un incontro o contatto fortuito, loro non possono fare altro che difendersi con le armi che la natura gli ha messo a disposizione: aculei, denti o spine, purtroppo per noi equipaggiati con veleni decisamente efficaci e pericolosi per la nostra salute!

La vipera

Il suo morso inocula un veleno molto potente, tanto da poter essere letale in alcuni casi.

Fortunatamente si tratta di un animale molto schivo, che preferisce la fuga all’autodifesa. Per questo i casi di morsi di vipera sono decisamente rari.

Di lei e di come intervenire nel caso in cui si venga morsi, abbiamo parlato abbondantemente in articolo dedicato proprio ai rischi del morso di vipera.

 

La malmignatta o vedova nera mediterranea

Nella lista dei “malefici” non poteva mancare un aracnide.

L’Italia non è certo la terra dei ragni velenosi, ma anche noi abbiamo il nostro bel mostriciattolo, piccolo ma “cattivo”.

La malmignatta, infatti, misura al massimo 1,5 centimetri, zampe comprese, ma il suo veleno è potentissimo!

Il morso non provoca alcun dolore, ma, quando entrano in circolo, le sostanze iniettate possono provocare nausea, conati di vomito, crampi addominali, febbre, cefalea e, in rarissimi casi, può essere anche letale.

Questo ragno è diffuso un po’ in tutta l’area mediterranea e lo si può incontrare nelle zone aride, fra le rocce o le pietre dei muretti a secco.

Per fortuna (nel caso remoto di un incontro) non vi sarà difficile individuarla, visto che sfoggia un appariscente abitino nero lucido tipo latex, con tredici macchie color rosso vivo sul dorso.

Potrebbe essere utile conoscerla meglio.

 

La zecca

Nonostante la sua pessima fama, la zecca non si meriterebbe di stare in questo elenco.

Lei, di suo, non chiede altro che farsi un micro pasto, assolutamente indolore, succhiando una quantità irrisoria del nostro sangue.

Il problema è che, nel mettersi a tavola, il nostro insettino può inocularci batteri e virus molto pericolosi per la salute umana!

Purtroppo incontrarla lungo i sentieri ormai non è più cosa tanto rara.

Per questo le abbiamo dedicato un approfondito articolo che vi invitiamo a leggere.

 

Vespe, calabroni e affini…

Qui si entra in casa degli imenotteri, gente con quattro ali e… un bel pungiglione dotato di veleno!

Andando per sentieri li si incontra regolarmente, ma il più delle volte se ne vanno per la loro strada, intenti nelle faccende che solo gli insetti conoscono.

Se, per qualche motivo, si trovano alle strette e pungono, la conseguenza, per chi non ha qualche forma allergica, è solo un po’ di gonfiore e dolore, che si curano facilmente rinfrescando con ghiaccio o acqua fredda la zona colpita.

Il problema sorge quando l’alterco avviene nei pressi delle loro colonie, perché allora è tutta la famiglia a scendere in strada per far valere le proprie ragioni… e il calo della natalità non è certo un problema che riguarda gli imenotteri!

Quando le punture diventano molte, le conseguenze per la nostra salute possono essere anche molto gravi.

Quindi è bene tenere gli occhi aperti e stare a debita distanza dai loro nidi.

Purtroppo la cosa non è sempre facile, soprattutto nel caso delle “vespe di terra” che, come si capisce chiaramente dal nome, nidificano all’interno del suolo, rendendo molto difficile l’individuazione della colonia.

Inoltre queste vespe sono molto aggressive, e, a differenza delle altre che reagiscono solo se realmente infastidite, potrebbero attaccare anche solo se ci avvicinassimo eccessivamente al nido.

 

La processionaria

Apparentemente innocuo, e pure un po’ buffo per l’abitudine degli individui di spostarsi in lunghe file che ricordano le processioni, questo lepidottero, parassita del pino e della quercia, ha anche lui delle frecce al proprio arco… avvelenate ovviamente!

I bruchi sono, infatti, ricoperti di una peluria urticante che può provocare eruzioni cutanee e forte prurito.

Al contatto con gli occhi si sviluppano rapidamente congiuntiviti, l’inalazione causa irritazione delle vie respiratorie e l’ingestione irrita le mucose della bocca e può indurre nausea e vomito.

Ce ne è abbastanza per guardare e non toccare! Per saperne di più ecco un articolo di approfondimento sui rischi e pericoli della processionaria.

 

L’edera velenosa

Passiamo al regno vegetale per incontrare il “malefico sesto”.

L’edera velenosa è una specie erbacea che solo di recente ha cominciato a diffondersi in Italia.

Si trova solitamente al di sotto dei 1500 metri di quota, e cresce fra le rocce.

Per questa ragione sono soprattutto gli arrampicatori ad avere il dispiacere di incontrarla, ma anche gli escursionisti frequentano le sue zone.

Il semplice contatto con la pianta porta a una dermatite allergica con la formazione di grosse bolle sulla pelle che guariscono lentamente e possono lasciare cicatrici.

Riconoscerla non è semplicissimo, visto che nelle varie fasi di maturazione le foglie e la pianta mutano forma e colore.

La si trova, infatti, in forma di pianticella alta 120 centimetri, di cespuglio o rampicante e produce fiori bianchi e piccole bacche.

L’elemento più caratteristico sono le foglie che crescono a gruppi di tre e sono appuntite all’estremità.

Al link che segue trovate un approfondimento molto utile su come riconoscere l’edera velenosa e cosa fare in caso di contatto: come riconoscere l’Edera Velenosa.

 

La Penace di Mantegazza

Nome buffo ma effetti temibili per questa appariscente pianta, ampiamente diffusa nella Europa centrale, ma che in Italia cresce solo in Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria occidentale, Lombardia settentrionale, Veneto e Trentino.

La sua linfa, infatti, contiene agenti chimici in grado di penetrare nel nucleo delle cellule della cute, provocandone la distruzione.

I risultati del contatto con la linfa si manifestano dopo circa 24 ore, con arrossamenti, ustioni, eruzioni cutanee e bolle che possono provocare lesioni anche permanenti.

Molto pericoloso è anche il contatto con gli occhi, che nei casi più gravi può portare alla cecità.

Gli effetti sono acuiti dall’esposizione ai raggi ultravioletti, quindi è fondamentale proteggere dal sole le parti colpite e recarsi subito in ospedale per ricevere le cure necessarie.

Informazioni più dettagliate sono disponibili su Wikipedia.

 

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