

Escursione in solitaria? Le regole fondamentali per evitare rischi e pericoli
Affrontare un trekking in solitaria è un'esperienza intensa e gratificante, ma richiede preparazione, responsabilità e strumenti adeguati. Vediamo come camminare in sicurezza rimanendo sempre pronti ad affrontare gli imprevisti
Sicurezza durante i trekking in solitaria
Affrontare un’escursione in solitaria può essere una buona occasione per andare alla ricerca di una connessione più profonda con la natura, ma anche un’ottima chance per riflettere, mettersi alla prova e vivere in modo autentico gli ambienti montani.
Tuttavia, questa scelta comporta anche tutta una serie di rischi che non vanno sottovalutati.
L’assenza di compagni di viaggio rende più complessa la gestione degli imprevisti, tra i quali gli infortuni, i cambiamenti repentini del meteo oppure gli smarrimenti.
Per questo motivo, la sicurezza e la comunicazione efficace diventano due pilastri fondamentali per affrontare un’escursione in solitaria in modo responsabile.
Tecnologie come i dispositivi di emergenza satellitari, abitudini prudenti come la condivisione del piano escursionistico e una solida gestione del rischio personale, sono strumenti essenziali che ogni trekker solitario dovrebbe conoscere e applicare.
Vediamo quali sono i migliori strumenti e le strategie utili da adottare durante le escursioni solitarie.
Dispositivi di emergenza: PLB e Garmin InReach
Quando si cammina in zone prive di copertura, un dispositivo di comunicazione satellitare può diventare l’unico mezzo per chiedere aiuto in caso di emergenza.
Due delle soluzioni più diffuse e affidabili sono il PLB (Personal Locator Beacon), e il Garmin InReach: entrambi prevedono delle caratteristiche differenti e complementari.
Il PLB è un dispositivo di emergenza puro, che si attiva manualmente soltanto in caso di pericolo grave e immediato. Invia un un segnale SOS alle autorità via satellite (COSPAS – SARSAT), fornendo delle coordinate Gps molto precise.
La batteria non è ricaricabile ma garantisce almeno 24 ore di funzionamento continuo una volta attivata, con una durata di vita di diversi anni.
Non richiede abbonamenti ed è perfetto per chi cerca un’opzione “passiva” ma altamente affidabile.
Il Garmin InReach offre molto di più della semplice funzione SOS: è un dispositivo di comunicazione bidirezionale via rete satellitare Iridium che consente di inviare e ricevere messaggi anche in assenza di segnale.
Dispone di un Gps integrato, tracciamento live, pianificazione di percorsi e funzioni di navigazione avanzate.
Può essere utilizzato per inviare aggiornamenti automatici a casa e per comunicare direttamente con i soccorsi in caso di allarme. Richiede un abbonamento mensile o annuale, con diversi piani tariffari.
Molti incidenti di montagna si risolvono positivamente quando il soccorso riceve informazioni precise circa la posizione e le condizioni del ferito.
Con un InReach è possibile fornire questi dati in tempo reale, mentre con un PLB si può contare su un sistema di allerta globale affidabile anche in condizioni climatiche difficili.
Condivisione del piano d’escursione
Uno degli aspetti più trascurati dai camminatori solitari è la comunicazione preventiva. Lasciare detto il proprio piano di viaggio a qualcuno prima della partenza è un gesto semplice ma vitale.
In caso di eventuali ritardi o di mancato rientro queste informazioni permettono ai soccorsi di avviare una ricerca mirata.
Prima della partenza, quindi, meglio comunicare il tragitto dettagliato: partenza, tappe intermedie e meta finale.
Dopodiché, conviene far sapere le tempistiche previste – orari stimati di arrivo e rientro – oltre alle possibili varianti e piani B in caso di maltempo o stanchezza.
Non sono da dimenticare nemmeno i punti di assenza di segnale telefonico e il nominativo di rifugi e bivacchi dove si potrebbe sostare.
Oltre alla comunicazione verbale o scritta, è anche possibile sfruttare app di tracking come Komoot, Wikiloc oppure AllTrails per condividere il proprio percorso in tempo reale.
Se si utilizza un Garmin InReach, allora si può impostare il tracciamento automatico con aggiornamenti ogni 10 o 30 minuti, accessibili da un link privato.
Gestione del rischio in solitaria
Camminare da soli significa assumersi ogni responsabilità, inclusa quella di affrontare con lucidità gli imprevisti, spesso in condizioni di eccessivo affaticamento o di isolamento.
La gestione del rischio in solitaria si basa sulla prevenzione, sulla capacità di osservazione ma anche sull’autocontrollo.
Gli aspetti chiave da tenere a mente nella gestione del rischio sono diversi, a cominciare dalla pianificazione accurata dell’itinerario: conoscere in anticipo le difficoltà del percorso (dislivello, terreno, esposizione e punti d’acqua), la situazione meteo e i vari punti critici.
Conviene non affidarsi solamente ai tracciati digitali, ma studiare anche le cartine fisiche e le varie relazioni del percorso aggiornate.
Dopodiché, ci vuole anche capacità nel saper rinunciare: in solitaria è fondamentale imparare a dire “no”. Se le condizioni cambiano, oppure se ci si dovesse sentire troppo affaticati, allora conviene rivedere i propri piani, e questo è sintomo di maturità e non certo di sconfitta.
Infine, un equipaggiamento studiato in modo intelligente può salvare da molte situazioni di rischio e pericolo.
Meglio optare per uno zaino leggero ma ben fornito, e portare con sé un kit di pronto soccorso (cerotti, disinfettante, bende e antidolorifici), una coperta termica o un telo d’emergenza, un frontale con batteria di riserva, un fischietto o uno specchietto di segnalazione.
Non da meno, è sempre buona norma impostare un checkpoint ogni ora in cui si valuta la distanza percorsa, il tempo residuo, le condizioni fisiche e ambientali.
Una buona gestione del rischio, in fondo, consiste nel prendere decisioni quando si è ancora lucidi o in totale controllo di sé stessi e della situazione.
Psicologia della solitudine e gestione dello stress
La solitudine in montagna può essere rigenerante, ma in certi momenti può anche diventare un ostacolo. Il silenzio, l’isolamento e la fatica prolungata sono tutti fattori che possono amplificare le emozioni portando a insicurezze o decisioni troppo impulsive.
Esistono, però, alcune strategie psicologiche da mettere in campo:
- Iniziare con escursioni brevi e progressive, per abituarsi al silenzio e alla gestione emotiva;
- Mantenere la mente attiva: questo significa ascoltare i suoni del bosco, contare i passi, descrivere mentalmente il paesaggio. Questo aiuta a mantenere la concentrazione e ad allontanare pensieri ansiogeni;
- Imparare la regola STOP: Sit (fermati), Think (pensa), Observe (osserva), Plan (pianifica). Una pausa presa al momento giusto può evitare un grave errore;
- Simulare mentalmente gli scenari d’emergenza: sapere in anticipo come agire in caso di caduta, perdita o altro riduce l’impatto dovuto allo stress del momento.
Il vero pericolo, pertanto, non è essere soli, ma essere impreparati alla solitudine. Chi sviluppa una buona autonomia psicologica, di norma, sarà più capace di mantenere lucidità e calma nei momenti più critici.
Navigazione offline e backup cartografico
Quando si cammina negli ambienti naturali l’orientamento è una della competenze più importanti in assoluto.
Nonostante si posseggano Gps e smartphone è comunque fondamentale conoscere le varie tecniche di navigazione analogica, così come è altrettanto importante avere sempre con sé un backup fotografico.
Ci sono alcune pratiche per la navigazione da tenere a mente:
- Scaricare mappe offline prima della partenza tramite app come Gaia GPS, Locus Map, Komoot oppure OsmAnd;
- Affiancare sempre una carta topografica cartacea, preferibilmente in scala 1:25.000, con una bussola classica (Silva o Suunto), e magari una base trasparente per letture azimut;
- Imparare a leggere le curve di livello: bisogna saper individuare creste, valloni e punti di riferimento naturali (cime, torrenti, rifugi);
- Segnalare sulla mappa i punti critici: deviazioni, tratti esposti, sorgenti e possibili vie di fuga;
- Se si usa un Gps, meglio portare con sé un power bank (minimo 10.000 mAh) e tenerlo sempre al caldo per evitare che si scarichi troppo velocemente.
Il consiglio è quello di non affidarsi completamente ai tracciati Gpx scaricati online: è sempre una buona pratica verificare che il percorso sia aggiornato, autorizzato e praticabile, specialmente in inverno e in alta quota.
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