Il Naviglio Grande tra natura e arte

18 marzo 2020 - 9:48

L’itinerario inizia dal ponte di Cassinetta di Lugagnano dove spicca il complesso di Villa Visconti Maineri.

La costruzione, purtroppo in stato di avanzato degrado, risale al Cinquecento anche se ha usufruito, in seguito, di ulteriori ampliamenti e modifiche con la costruzione dell’oratorio privato. Questo ha fatto assumere la forma estetica attuale che si può definire di stile “Barocchetto Teresiano”. Sul lato opposto sono situate la villa Kretzlin, che ospita oggi il famoso ristorante per “golosi facoltosi”, e la statua di S. Carlo.

Proseguendo lungo l’alzaia da Cassinetta verso Robecco e lasciando sulla nostra destra villa Visconti Maineri, il percorso diventa isolato e selvaggio fino all’imbarcadero della Sirenella di Gromo di Ternengo da dove si scorgono le prime case di Robecco sul Naviglio.

Sulla sinistra si possono ammirare, infatti, villa Gandini, il ponte pedonale, detto degli scalini, e i torrioni di villa Archinto. Villa Gandini, meglio conosciuta come villa Gaia per le sontuose feste che era solita ospitare, è sicuramente una delle costruzioni meglio conservate del Naviglio. Il nucleo principale della residenza risale al Cinquecento. Le decorazioni risalgono, invece, al periodo tardobarocco e neoclassico. Il vicino palazzo Archinto versa, purtroppo, in pessime condizioni, destino segnato per un’opera architettonica mai portata a termine a causa della crisi economica dei primi decenni del XVIII secolo.

Pedalando per alcuni minuti, si attraversa il ponte di Robecco e, girando subito a destra, si prosegue sull’alzaia fino a raggiungere Ponte Vecchio di Magenta dove, nella villa Castiglioni, è situata la sede del Parco del Ticino.

Superato il ponte, subito sulla sinistra, prosegue l’itinerario che, dopo Ponte Nuovo di Magenta, giunge al caratteristico paesino di Boffalora Ticino. Il suo centro storico è adagiato sul Naviglio che lo divide in due parti. Il paese è legato a una delle immagini più caratteristiche del Naviglio: quella del “Barchett de Bufalora”, ricordato, secondo la tradizione ulteriormente alimentata dalla famosa commedia di Carlo Righetti.

Attraversato il ponte, superate le ultime case, la ciclabile, pur delimitata da boschetti di robinie e sambuchi, spazia, sopraelevata su ampie distese di campi coltivati. All’altezza di una insenatura si possono vedere i vecchi silos della cava Cormani per il carico di sabbia e ghiaia dei barconi e, poco oltre, nei pressi dei ponti dell’autostrada Milano-Torino, un lungo antico portico, dai piloni in cotto e tetto a coppi, ove venivano ricoverate le barche per la manutenzione. Dopo poche pedalate, si giunge alle prime case di Bernate Ticino.

Superato il ponte, sulla sinistra, spicca il complesso della canonica di S. Giorgio, costruita probabilmente tra il 1450 e il 1500. Sulla destra si vede uno dei tratti urbani più caratteristici di questa parte di Naviglio Grande, con le abitazioni che lambiscono direttamente le acque del canale, annullando così ogni distanza con la riva.

Campi coltivati, alberi di sambuco e robinia si alternano ora ai lati della strada, intervallati da qualche panchina o cartello segnaletico del parco. Improvvisamente, da folti gruppi di alberi, spunta la sagoma di una torre: siamo alla cava Rubone, composta da più edifici, purtroppo in avanzato stato di degrado. Rubone è un rarissimo esempio di villaggio cascina; le parti più antiche del complesso risalgono probabilmente al Quattrocento.

Siamo ormai in vista di Castelletto di Cuggiono dominato dalla mole di Villa Clerici, caratterizzata dalle due torrette, poste alle sue estremità e dalla maestosa scalinata che degrada fino al Naviglio. La villa fu costruita, probabilmente sulle fondamenta di un forte e rimase di proprietà della famiglia Clerici fino alla fine dell’Ottocento. In seguito fu utilizzata come filanda e come deposito di un cascamificio, per poi essere venduta a privati.

Pare sia una delle poche ville importanti del Naviglio Grande a non aver subito modifiche e ampliamenti rilevanti dalla sua costruzione fino ad oggi. Contiguo alla villa si nota il vecchio lavatoio che Ermanno Olmi utilizzò come imbarcadero nel film “L’albero degli zoccoli”.

Superato l’antico approdo di una cava, dove sono ancora visibili i vecchi barconi, si prosegue visitando una zona selvaggia, caratterizzata da una vegetazione molto folta. Ogni tanto appaiono, da un lato o dall’altro del canale, case e cascine fino a giungere in vista della centrale elettrica di Turbigo, superata la quale si arriva ai resti dell’antica dogana, visibili sulla sinistra.

Poco oltre il ponte di Turbigo, la ciclabile diventa sterrata conducendoci in una zona, vicinissima ormai a Tornavento, classificata come “riserva-orientata” del Parco del Ticino. L’acqua è alta solo pochi centimetri; sono vietate sia la pesca che la caccia. Gli argini sono contornati da alberi e campi, fatta eccezione per alcune chiuse utili a deviare le acque per l’irrigazione.

Al termine della sterrata, nei pressi di una diga, si raggiunge, superato un ponte, una stradina asfaltata che, sempre costeggiando il canale, conduce alla centrale elettrica di Tornavento.

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