L’antica via dei pellegrini al Gelbison

18 marzo 2020 - 9:46

Il mistero, la leggenda, i rituali penitenziali, tutti elementi di un
vissuto liturgico che sembrano diretti da un’unica impronta divina. Il
monte Gelbison, coperto da nebbie, attrae per i suoi boschi e i suoi
silenzi. In cima si erge l’antico santuario della Madonna di Novi, con
stati d’animo che inneggiano a quella particolare sacralità che domina
la montagna fin dalla notte dei tempi e le pietre, ora balzelli
sacrificali, ora elementi simbolici, portate quassù a mano, sembrano
essere avvolte da leggende in cui s’incrociano i racconti di Duchi
Longobardi che giunsero tra le nubi alla ricerca del “divino” e di
pastori che, ritrovato l’agnello scomparso in un anfratto, eressero qui
un grande centro di spiritualità venerato e frequentato, a tutt’oggi,
da tutte le popolazioni dell’intero Mezzogiorno italiano. Il sentiero
sale per il bosco di Fiumefreddo (1041 m) e più di una volta incrocia
l’antica via lastricata per poi rigettarsi nella foresta, lungo i
crinali del Belvedere dove s’incontra un accatastamento piramidale in
pietra sormontato da una croce in ferro battuto, testimonianza di un
antico pellegrinaggio. Il sentiero termina (1510 m) all’altezza di una
particolare pietra (il Manto della Madonna), dove gli antichi
pellegrini hanno inciso frasi celebrative tra il ‘700 e l’800; qui
compare la strada che termina in prossimità del valico della Croce di
Rofrano (1620 m ), sotto il santuario, dove si trova un gigantesco
“Monte di Gioia”. Una gradinata conduce a uno spiazzo circolare (la
rotonda) con una croce in pietra; a meno di 100 metri si giunge
all’ampio piazzale (1705 m) su cui prospetta il santuario del monte
Sacro-Gelbison.

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