La rivincita delle Prealpi Giulie (prima parte)

18 marzo 2020 - 9:50

Quello che vi proponiamo è sicuramente uno degli itinerari più rappresentativi e suggestivi del Parco in quanto abbraccia diversi ambienti prealpini attraverso i quali scorre il torrente Rio Nero. Ripercorriamo così al contrario, da dove sfocia a dove nasce, la vita di queste limpidissime acque. Essendo un ambiente torrentizio e dunque tipico da vipere è consigliabile vestire in modo adeguato, ovvero con scarponi e grossi calzettoni per evitare così spiacevoli inconvenienti.
Per raggiungere il luogo di partenza si percorre dal paesino di Resiutta la strada provinciale n.42 e si risale la Val Resia con l’omonimo torrente per circa 6km. Si oltrepassa il bivio che porta a S.Giorgio e a Prato di Re-sia e dopo circa 200m in località Tigo (360m), si parcheggia l’auto nel comodo piazzale sulla destra, da dove parte il nostro itinerario; volendo, 50m più avanti sulla sinistra vi è un altro ampio parcheggio.
Per portarsi all’inizio del sentiero n.703 si oltrepassa il ponticello di legno e si gira a destra. Da qui ci si addentra in un bosco di pino nero che, alternato a piccole radure dove sono presenti casupole sorte al posto di stavoli già esistenti, ci permette di seguire, per circa 20 minuti e su percorso pressoché pianeggiante, le acque cristalline del Resia, imponenti in tutto il loro corso. Lungo questo rilassante ed affascinante tratto di natura si possono già assaporare i primi piacevoli suoni che provengono dal mormorio dell’acqua e dai cinguettii di quelli che sono i veri padroni di questo paradiso: la nocciolaia, il merlo acquaiolo, la ballerina bianca e gialla, il pettirosso, lo scricciolo e il fringuello che fra bacche e semi qui trovano ristoro. Non lasciando mai il nostro sentiero, in quanto vi sono di tanto in tanto piccole deviazioni che possono trarci in inganno, raggiungiamo ed oltrepassiamo il primo ponticello che varca il Rio Nero quasi al suo incontro con il Torrente Resia. Da qui svoltiamo a sinistra e con una leggera salita percorriamo per altri 15 minuti la sponda destra del Rio Nero addentrandoci in tal modo nella sua valle dalla morfologia rigida e tormentata e dalla vegetazione quasi selvaggia. Vale quindi la pena soffermarci per un istante nell’osservazione della natura che circonda il nostro corso: a destra e a sinistra, sul greto del rio la vegetazione è quella tipica dei terrazzi alluvionali. Comprendono in particolare modo il camedrio alpino, l’uva ursina, l’erica carnacina, il fiordaliso giallo/roseo e l’endemica violaciocca della Carnia.
La suggestiva immagine che viene agli occhi ma soprattutto il primo pensiero legato ad essa è l’orgoglio di tanta bellezza tutta italiana e a “portata di piede”, che spesso, legati ai miti americani, pensiamo esistere solo oltreoceano.
Raggiungiamo così il punto in cui lasceremo il torrente per cominciare la salita vera e propria.
Il percorso svolto fino a questo punto è a difficoltà nulla e privo di pericoli non essendo il torrente profondo o il sentiero esposto e pertanto è consigliato a famiglie con bambini. Una sosta in questo luogo appare molto gradevole per grandi e piccini: l’erosione causata dalle scroscianti cascate crea piccoli bacini di color verde smeraldo poco profondi dove sguazzano trote e scazzoni.
Per quanto riguarda il proseguimento del sentiero, questo è consigliato piuttosto a chi abbia un minimo di esperienza in montagna in quanto, anche se agevolmente percorribile, è stretto ed a tratti più o meno lunghi, esposto. Vi sono in ogni caso funi di acciaio e passerelle di legno che facilitano il passaggio dei punti più critici. Saliamo quindi di quota proseguendo su dei tornanti costruiti in muratura a secco e ci lasciamo alle spalle, ma solo per ora, il Rio Nero. Intraprendiamo così il nuovo tratto di sentiero che costeggia la parete destra della Valle, nel tempo plasmata dall’intensa erosione delle acque. Qui la gola assume la tipica morfologia fluviale di forra. Subito incontriamo sulla destra una piccola fonte che sgorga fresca dalla roccia e ritenuta miracolosa dagli abitanti della Val Resia ed una scaletta di legno. Poco oltre vi è una croce commemorativa ed una madonnina: da questo punto la vista si affaccia al fondo valle e al versante opposto che è costituito interamente da un magnifico bosco di pino nero, che già abbiamo imparato a conoscere. Riprendiamo il cammino e per circa 30 minuti attraversiamo tratti alquanto interessanti sia dal punto di vista botanico che faunistico: pini vecchi e contorti assumono le forme più strane e lasciano trapassare fili di luce dalle fitte chiome; fra queste si scorgono scoiattoli intenti a nutrirsi, uccellini come il crociere ed il picchio muratore mentre volano da un ramo all’altro. Sempre in sottofondo, nella gola, l’incessante scrosciare del torrente e delle cascate che dalle alte e ripide pareti rocciose si gettano in esso. Cominciamo a scendere di quota e dopo aver attraversato un boschetto di faggio raggiungiamo nuovamente il Rio Nero (ci troviamo a circa 600m). Lo si oltrepassa a pelo d’acqua attraverso un ponticello in legno. In quest’angolo di valle il paesaggio si fa molto più aspro, caratterizzato da macchie di salici e rododendri che raggiungono la massima bellezza durante l’estate.
Poco oltre, ripresa la salita è impossibile non notare sulla destra una spettacolare cascata a due salti del corso secondario, il Rio Ouzi, che dalle pareti ripide scende ad alimentare le verdi acque del Rio Nero. Da qui il cammino si snoda attraverso un ripido ghiaione. E’ comunque facilitato dalla presenza in tutta la sua lunghezza di una fune d’acciaio e in alternativa da massi posti a scaletta recanti il colore del segnavia rosso/bianco. Arrivati in cima, dalla destra del ghiaione oltrepassiamo un piccolo rio e proseguiamo salendo ancora per poche decine di metri.
Ci troviamo ora a percorrere il versante sinistro della valle del Rio Nero. Da qui il paesaggio si raddolcisce e si arricchisce in specie: agli aspri profili della parte i più bassa si sostituiscono le dense faggete alto/montane miste ad altra vegetazione tipica dei luoghi che come questo, sono ben esposti all’aria umida. La sassifraga a foglie rotonde, il serbo degli uccellatori, il maggio-ciondolo delle Alpi e il caprifoglio nero, rappresentano così le piante arboree che per lo più colonizzano questi luoghi.
Per 20 minuti procediamo lungo questo suggestivo ambiente fino a raggiungere, dall’alto, un’antica chiusa (723m) un tempo largamente utilizzata dalle comunità montane per la fluitazione del legname. La chiusa non è facilmente visibile ma prestandovi attenzione, si distinguono due grossi cumuli di massi e dei resti di quella che era la gabbia di tronchi di faggio dentro la quale venivano riposte pietre recuperate nel luogo.
Dopo altri 15 minuti si raggiunge ed oltrepassa age-volmente un rio asciutto.
Poco dopo si scorgono degli abeti rossi e dei larici che, posti attorno ad una delicata radura, circondano la Casera Rio Nero (865m), nostra meta. Da qui la vista spazia verso una parte della catena dei Musi (1800m) e verso le Cime di Campo (1762m), da dove prende vita il Rio Nero; inoltre, binocolo agli occhi, può essere molto facile vedere l’aquila reale mentre risale imponente le correnti d’aria.
La Casera Rio Nero è stata un tempo usata dai pastori per la migrazione estiva del bestiame che dalla valle veniva condotto agli alpeggi. Dopo essere andata distrutta con il terremoto del 1976, è stata perfettamente ricostruita nel 1990 e adibita a bivacco. Qui l’escursionista può como-damente ristorarsi prima di riprendere il cammino: sono presenti un angolo per cucinare e 10 posti letto.
A questo punto si può decidere se riprendere la strada del ritorno ripercorrendo lo stesso sentiero svolto durante l’andata, con due ore di cammino o di fermarsi per la notte ed il giorno seguente tornare al parcheggio attraverso un percorso alternativo che compie così un anello.
In questo caso per svolgere la seconda parte di questo anello, che in tal modo gira attorno il Monte Cuzzer (1462m) è necessario mettere in conto almeno tre ore di camminata di cui però solo i primi 45 minuti, quelli che dalla Casera conducono alla forcella La Forchia (1192m), sono di salita. Attraversano inizialmente degli arbusteti a mughi seguiti da splendidi faggi misti a larici che, fra la fine di settembre e le prime settimane di ottobre si rivestono dei colori più spettacolari.
Da La Forchia in poi comincia una piacevolissima discesa attraverso una vegetazione mista, in una valletta che è caratterizzata dalla presenza del torrente Rio Secco, per buona parte dell’anno… secco. Anche i versanti di questa valle sono popolati da faggete, in particolare nella parte alta delle pareti che scendono dal Monte Cuzzer.
Sempre seguendo il sentiero n.703 si oltrepassa il rio (614m) e si raggiunge la stradina forestale. Da qui, svoltando a sinistra è sufficiente seguirla fino a Borgo Lischiazze (525m); da forcella La Forchia a Borgo Lischiazze si impiega circa un’ora. Al primo bivio si imbocca la stradina di sinistra, verso Case Gost e da qui si segue per 30 minuti il segnavia CAI n.707 fino al ponte dal quale abbiamo iniziato il nostro itinerario.

Commenta per primo

POTRESTI ESSERTI PERSO:

Liguria d’inverno: trekking spettacolare da Riomaggiore a Portovenere

Lago d’Iseo meraviglioso tra autunno e inverno: 4 itinerari panoramici

Colline del Chianti da sogno tra autunno e inverno: due trekking panoramici