Viaggio verso centro della terra

18 marzo 2020 - 9:54

La pista è abbastanza agevole e ben mantenuta per le continue frequentazioni (gente che lavora la terra); presenta inizialmente un andamento in lieve discesa e porta a sfiorare il Vallone dell’Arco (202m) che s’apre in fonde a sinistra. Là dove invece le stradello inizia leggermente a salire, il cammino penetra nei coltivi di Contrada Forcella (220m) ove alcuni contadini tagliano legna da ardere per alimentare i focolari di cucine e camini. Sulla sinistra, più in là, si aprono ampi fazzoletti di campo seminati a foraggio e coltivati sia a frutteti che a uliveti; mentre a destra si diramano numerosi filari di viti sistemate a “festoni” e articolati secondo un sistema di perimetrazioni con muretti a secco che segnano (su più livelli) le dolci ondulazioni collinari (a terrazzo) caratterizzanti il circostante paesaggio. In breve si perviene ad un primo bivio: Casa Cappellone (263m), un vecchio rudere di abitazione rurale (inizi ‘800) con annessi la stalla, il pozzo e il recinto per le greggi, molto più di un semplice ricovero che serviva anche come luogo di residenza occasionale per quei contadini o quei coloni che qui vivevano durante i cicli delle produzioni stagionali; in special modo dalla primavera all’autunno.
Dal rudere s’imbocca la traccia di un buon sentiero che parte a destra e punta (verso oriente) in direzione di monte Coppa. Circondando i versanti nord/occidentali della montagna, si attraversa una natura brulla, spoglia e arida di vegetazione arbustiva; sopravvivono, agitate dalla brezza del vento, soltanto alcune piccole cespugliaie tra cui è possibile trovare il biancospino, il cardo, il corbezzolo, la felce, la ginestra, il mirto e numerosi (in zona) anche gli asparagi. A un primo bivio si lascia la pista che porta a salire verso destra e s’imbocca a sinistra un sentierino che in breve discesa, dopo aver attraversato un rado bosco di piccoli castagni, spunta su una terrazza panoramica; di fronte, verso NE, si staglia la gobba di monte Forolito (355m) con il Casotto Cogliettino. Piegando verso destra il sentiero,in breve, conduce al primo dei fenomeni carsici protagonisti di questo itinerario: la Comola Piccola (287m). Questa non è facilmente individuabile poiché è ricoperta da fittissima vegetazione arbustiva perciò, avvicinandosi ad essa, bisogna fare molta attenzione a dove e come si poggiano i piedi (tastare bene e ripetutamente il terreno!), anche perché potrebbe capitare di trovarsi all’improvviso sul ciglio esposto, ed il rischio di precipitare nel baratro è molto. alto (pericoloso!). L’inghiottitoio presenta al suo interno una forma a “bottiglia”. Infatti, la sua imboccatura ha un anello circolare di circa 10 metri di diametro, con una profondità di 50 metri, e la sua camera interna sotterranea va allargandosi alla base formando una piazzola di circa 40 metri di diametro. Perciò, fatte queste premesse, risulta assolutamente impossibile accedere in quest’antro, salvo che si abbia uno specifico allenamento da alpinisti o da speleologi e si sia in possesso di adeguate attrezzature tecniche (per le ascensioni speleologiche) e sul loro specifico utilizzo. Dalla Comola Piccola si ritorna indietro, lungo la stessa pista, fino all’altezza del bivio. Da qui si procede (direzione N) in discesa fino ad incontrare una fitta barriera arbustiva di macchia formata da rovi, cisto, corbezzoli, mirto e ginestre; sullo sfondo, proprio di fronte a noi, sono le frazioni di Castel Morrone adagiate sul piano tra verdi fazzoletti di terreno coltivati. Così, attraversando una piccola giungla cespugliata (attenzione alle spine!) la traccia va a sbucare proprio sull’orlo (264m) di quello che è uno tra gli spettacoli della natura più insoliti, belli, affascinanti è misteriosi di questa Campania poco conosciuta: la Comola Grande.
Un enorme precipizio calcareo sprofonda proprio sotto i nostri piedi (attenzione a non avvicinarsi troppo lungo il ciglio!), mentre un’immensa emozione coglie l’escursionista che per la prima volta si trova di fronte a que-sto Incredibile fenomeno di natura carsica. Quello delle comole è un aspetto del carsismo piuttosto raro.
Profondi buchi scavati dalla forza erosiva degli agenti atmosferici, queste hanno origine dall’acqua che, scorrendo dalla superficie, corrode gli strati inferiori generando prima il distacco e, successivamente, lo slittamento longitudinale di faglie rocciose che col trascorrere del tempo scivolano tra loro creando questi profondi baratri. Il nostro “buco”, di forma quasi circolare, ha un diametro di circa 250 metri, per una profondità che va dal ciglio più esposto (282m) al punto più in basso (148m) di circa 130 metri; giù, in fondo all’inghiottitoio, sorge una vegetazione cespugliosa tra cui spiccano il mirto, il corbezzolo, il biancospino e il cisto. Aggirando il precipizio lungo i suoi bordi settentrionali, si perviene (216m) all’imbocco dell’unica traccia (appena percettibile) di sentierino che porta in fondo: durante la discesa però, bisogna fare molta attenzione a non scivolare lungo il precipitoso pendio sassoso.
Una volta giunti sul fondo di questa enorme camera cilindrica dalle pareti ricurve, osservandola dal basso si ha ancora di più l’impressione di scendere nelle viscere della terra: irte pareti rocciose si stagliano in alto a chiudere da tutti i lati la volta celeste; strati di calcari più resistenti, si alternano a conglomerati (arenarie e calcici) friabili ove trovano rifugio centinaia di volatili (falchi, beccacce, rondini, piccioni e gracchi) che in quest’antro dimorano stabilmente oppure a seconda delle stagioni. Il fondo della comola non è piatto, come potrebbe sembrare dall’alto. Esso è un gigantesco ammasso di pietre e rocce di varia grandezza qui precipitate in seguito alla forza erosiva degli strati superio-ri, e dal continuo incidere delle acque meteoriche. È d’obbligo, allora, suggerire ancora qualche precauzione: nel raggiungere il fondo si consiglia di restare in silenzio, poiché urla e rumori inutili potrebbero sollecitare il distacco di queste rocce facilmente friabili; ed è, infine, tassativamente vietato scendervi durante la calda stagione, per via della numerosa presenza di rettili (vipere e bisce). Giù, nel punto più profondo, là dove le pareti ricurve coperte di muschio cedono i metri alle prime zone d’ombra (anticamere del buio più cupo), si apre quella che fino a pochi decenni fa era una grotta: naturale rientranza generata da una faglia obliqua. Con molta cautela, barcamenandosi su massi traballanti, risulta possibile scorgerne l’interno ove ristagna, a seconda delle stagioni, una sorgente d’acqua; e qui il silenzio, che avvolge tutto il fondo della cavea, viene ripetutamente rotto dal continuo stillicidio di goccioline d’acqua calcarea che scivolano giù dalle stalattiti più nascoste.
Attraversando la fitta vegetazione arbustiva formata da macchia e cespugli, caratterizzante il percorso che conduce a Camola Grande: sullo sfondo i fazzoletti di campo seminati a foraggio di Monte Tifata.
Dopo aver esplorato ed ammirato questo spazio ipogeo, si ritorna nuovamente in superficie e si riprende a camminare, puntando verso occidente, fino a raggiun-gere una carrareccia che attraversa i coltivi di Contrada Pioppa (198m); continuando sulla destra, invece, si giunge a Casale, una frazione di Castel Merrone.
Il nostro percorso prosegue volgendo a sinistra e si continua a camminare sfiorando bellissimi appezzamenti di terreno coronati da uliveti sparsi. A un primo bivio si prende a destra seguendo un filare di ulivi fino a sbucare (213m) su un’altra sterrata in prossimità di Casa Papa. Continuando ora in leggera salita, si volge a sinistra e si prosegue (verso sud) attraversando un paesaggio monotono e caratterizzato da leggere ondulazioni prative i cui fili d’erba ondeggiano sotto le raffiche dei venti autunnali. In breve la pista travalica un dosso e si ricongiunge nuovamente presso il rudere di Casa Cappellone (263m), incontrato in precedenza lungo il cammino che ci ha condotto alle comole. Da qui, infine, non bisogna far altro che proseguire su queste stradelle fino a raggiungere Il punto iniziale di questo splendido itinerario.

Commenta per primo

POTRESTI ESSERTI PERSO:

Toscana in autunno: trekking panoramico tra i vigneti di San Gimignano

Emilia, autunno spettacolare al Lago del Cavone e Cascate del Dardagna

Piemonte in autunno: trekking panoramico tra i vigneti delle Langhe