Stuffed egg pasta, traditional Italian recipe.
La Via del Tortello è un modo diverso di scoprire l’Emilia occidentale: non attraverso monumenti o grandi attrazioni, ma tramite quei gesti antichi che ancora oggi passano di mano in mano nelle cucine di famiglia.
Ogni tappa racconta una storia diversa, e due giorni bastano per capire come la pasta ripiena, qui, non sia solo un piatto ma qualcosa che unisce tre province pur lasciando emergere le loro differenze.
Non esiste un vero punto di partenza: si può entrare in questo itinerario da qualsiasi direzione.
È il viaggio stesso a dare senso al percorso, perché ciò che colpisce davvero è vedere come una stessa idea — un riccio di pasta che protegge un ripieno caldo e profumato — cambi forma, sapore e carattere nel giro di pochi chilometri.
È in questo passaggio continuo tra varianti, tradizioni e accenti locali, che si scopre l’anima più autentica della Food Valley.
Arrivando nel Piacentino, ci si accorge subito di come la cucina qui sia profondamente legata ai luoghi e alle loro vicende.
I tortelli con la coda, che aprono simbolicamente la Via del Tortello, non sono soltanto un piatto tipico: sono il risultato di una storia che si perde nel Medioevo, quando arte culinaria e vita di corte si intrecciavano molto più di quanto si possa immaginare.
Secondo la tradizione, questa particolare pasta nacque nel castello di Vigolzone, sulle prime colline piacentine. Era il 1351 quando la dimora si preparava ad accogliere un ospite illustre, Francesco Petrarca.
Per l’occasione, le cuoche di corte concepirono un formato nuovo, che potesse stupire senza tradire la cucina locale. Ne nacquero i tortelli “con la coda”: non semplici fagotti, ma piccoli simboli di abilità manuale.
La chiusura allungata, intrecciata o attorcigliata sull’estremità, è ancora oggi un marchio di riconoscimento e richiede una manualità che si tramanda da generazioni.
Ph: Gettyimages/sedmak
Il tortello piacentino è una pasta equilibrata, dalla sfoglia sottile ma non fragile, pensata per esaltare un ripieno a base di ricotta fresca, erbette e formaggio grattugiato.
Il condimento tradizionale resta il più essenziale: burro fuso e salvia. È un abbinamento che esalta la delicatezza del ripieno senza sovrastarlo.
In molte trattorie, però, troverai un’alternativa altrettanto diffusa: un sugo ai funghi, morbido e aromatico, servito in una piccola ciotola a parte.
È un’aggiunta che rispecchia il legame del territorio con i boschi delle valli Nure e Trebbia, zone ricche di funghi fin dall’autunno.
_ Scopri la ricetta originale
Piacenza, però, non si esaurisce con i tortelli. La città custodisce un’altra tradizione alla quale i piacentini sono profondamente affezionati: gli anvein, gli anolini locali.
Anche qui si parla di pasta ripiena, ma il carattere cambia completamente. Al posto della ricotta entra in scena lo stracotto di manzo, cotto lentamente con verdure e vino secondo la ricetta tipica delle famiglie della zona.
Il risultato è un ripieno denso, scuro e profumato, racchiuso in un piccolo disco di pasta.
La vera particolarità, però, è il brodo in cui vengono serviti: il “brodo di terza”, ottenuto dalla cottura combinata di carni diverse e arricchito dal sapore dello stesso stracotto utilizzato per il ripieno.
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È un brodo corposo, profondo, che dà agli anvein una personalità unica. Questo piatto è indissolubilmente legato al periodo natalizio, tanto da essere considerato il vero centro del pranzo delle feste.
Ma, al di là della tradizione, molti ristoranti della città lo propongono tutto l’anno, perché pochi piatti sono in grado di raccontare Piacenza con altrettanta immediatezza.
_ Qualche info per visitare Piacenza
Proseguendo verso Parma lungo la Via Emilia, il viaggio entra nel regno degli anolini, pietanza simbolo della città.
Serviti in brodo bollente, hanno una forma che ricorda un piccolo disco e un ripieno che cambia secondo due grandi tradizioni: quella più essenziale, composta da Parmigiano Reggiano e pangrattato insaporito nel brodo, e quella più ricca, in cui compare anche lo stracotto.
È una ricetta che nasce come cibo popolare già nel Quattrocento e che nel tempo ha conquistato uno spazio stabile nella cucina italiana, tanto da essere documentata nei grandi testi gastronomici dell’Ottocento.
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Accanto agli anolini, il Parmense è un universo di tortelli. La loro forma è sempre rettangolare, ma al loro interno cambia tutto: si passa dai tortelli d’erbette “affogati” nel burro a quelli di zucca, protagonisti dei mesi autunnali, fino ai tortelli di patate diffusi nei paesi dell’Appennino.
Qui il condimento più apprezzato è un sugo ai funghi — ancora meglio se con fungo di Borgotaro IGP — oppure una grattata di tartufo. In alcune zone dell’alta Val d’Enza si trova infine una variante dal carattere rustico, con un ripieno di patate ed erbette che racconta la cucina delle vallate.
_ Parma sul sito ufficiale dell’Ente turismo
L’ultima parte del viaggio conduce a Reggio Emilia, dove i tortelli verdi rappresentano la specialità più caratteristica. Sono quadrati, generosi nelle dimensioni, e custodiscono una farcia che varia leggermente da famiglia a famiglia.
La base è simile a quella delle province vicine, ma qui il ripieno si arricchisce con bietole, lardo, aglio, prezzemolo, noce moscata e Parmigiano Reggiano.
Il condimento è semplice ma efficace: solo burro fuso e una spolverata abbondante di Parmigiano stravecchio.
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Questa ricetta è legata a diversi momenti dell’anno: tradizionalmente compaiono sulle tavole reggiane alla Vigilia di Natale, mentre in alcune zone del Parmense sono protagonisti dei festeggiamenti di San Giovanni, il 24 giugno.
Reggio Emilia custodisce anche una propria interpretazione dei cappelletti, una tradizione tutt’altro che uniforme. Le dimensioni cambiano scendendo dalla montagna verso la Bassa, così come il ripieno, che riflette gusti e abitudini locali.
Attorno a questa pasta ruota un immaginario ricchissimo e non mancano leggende che la collegano addirittura all’ombelico di Venere…
Improbabile? Chissà, di certo anche queste leggende raccontano perfettamente quanto fascino e dedizione circondino la pasta ripiena in queste terre.
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