Dolceacqua, vessillo arancione

18 marzo 2020 - 10:20

Il lembo occidentale della Riviera Ligure, cardine di una produzione floricola di pregio, presenta una costa ed un mare che distraggono il turista da un’altra realtà interessante: l’entroterra. è sufficiente risalire la Val Nervia per passare in pochi chilometri dalle residenze del litorale a quelle dei borghi, abbarbicati sui monti oppure adagiati lungo i corsi d’acqua. È il caso di Dolceacqua, sede nazionale dell’Associazione Paesi Bandiera Arancione, un colore che richiama i vessilli che nel Medioevo erano issati sui castelli dell’entroterra. Il borgo dei Doria, insieme ad altri 99 comuni, annovera il marchio di qualità – assegnato dal Touring Club Italiano – per il turismo rispondendo a standard di qualità come la valorizzazione del patrimonio culturale, la tutela dell’ambiente, l’accesso e la fruibilità delle risorse, la qualità della ristorazione e dei prodotti tipici e, non ultima, la cultura dell’ospitalità e della cordialità.

Un grande recupero: il Castello dei Doria
Il borgo medioevale estende ai turisti l’invito ad una visita al dettaglio, lungo i vicoli che conducono in alto, sino al Castello dei Doria, capolavoro d’ingegneria militare del Cinquecento, residenza patrizia, fortificata in età rinascimentale. Incendiato, saccheggiato, danneggiato, teatro di battaglie e luogo dove si tramarono intrighi, il mastio entro il 2007 tornerà a nuova vita grazie ad un intervento di restauro che restituirà al mondo un contenitore di iniziative culturali, mostre e spettacoli, ospitati nel cortile centrale e nei locali affrescati, oltre alla sala più prestigiosa del Castello che accoglierà i convegni.

Ritagli di cielo
Raggi di luce penetrano dall’alto, oltre gli archi che puntellano le case in pietra, modulati da panni e lenzuoli appesi sopra le teste dei turisti. In questo dedalo di stradine, passaggi coperti (i tipici chibi), archi, case antiche, si temporeggia negli atelier degli artisti, dove si plasmano dipinti, mosaici, ceramiche, maioliche, oggetti in legno di ulivo. Ma non si tratta solo di artigiani, pittori e scultori: anche di virtuosi delle tecnologie digitali e della fotografia tridimensionale, come l’amico Eugenio Andrighetto, pronto a stupire chiunque faccia visita alla sala di proiezione del Visionarium 3D, posta all’inizio di Vicolo Cassini. Anche altri artisti e artigiani non sono rimasti indifferenti al fascino di Dolceacqua, tanto che oggi le loro botteghe si susseguono tra vicoli e piazzette. Scarpinando per il borgo si  avverte anche l’odore del mosto, pronto a svelare la presenza di umide cantine di Rossese, dove degustare il nettare a denominazione d’origine controllata. Qui, il vino di Dolceacqua acquista il suo carattere finale: un colore rosso rubino, profumo vinoso e intenso, sapore morbido e aromatico.

Arte, Terra e Borgo
Il luogo è superbo, il percorso obbligato, il punto di partenza anche: è la Chiesa di San Filippo, eretta nel XVIII secolo sulla riva destra del torrente Nervia. Si getta oltre l’ostacolo un capolavoro di armoniosità tardo-medievale, Ponte Vecchio, che per secoli rimase l’unico collegamento fra Terra e Borgo, i due nuclei storici di Dolceacqua.
Questo esile arco di pietra nel 1884 incantò un turista d’eccellenza: Claude Monet. Al pittore impressionista francese si vuole oggi dedicare un progetto culturale, tributo a colui che ha dato vita a una scuola pittorica locale che trova validi rappresentanti, ad iniziare da Sylvie Maury, artista originale quanto le sue porte di legno dipinte, “sparse” per il borgo.

Appesi ai muri in pietra di Via Castello sono invece i quadri di Erika Rosson, pittrice ma anche scultrice e autrice di vetrate artistiche dai rossi e dai verdi smaglianti. In giro per il paese è facile incontrare anche Alfonso Bersani con il suo cavalletto e la tavolozza dei colori: Dolceacqua continua a saziare il suo cuore e la sua mente.
Il primo atelier che s’incontra, una volta calcata l’arcata di 33 metri del Ponte Vecchio, è quello di Oreste Polidori, pittore che ad acquarelli colorati raffiguranti il paese che lo ospita alterna quadri dai colori brillanti, simili a vetrate di cattedrale, frutto di una tecnica  personale. Oreste divide il suo laboratorio con Elena Amalberti e gli gnomi in cermit che la moglie plasma con maestria e tanta pazienza viste le piccole dimensioni di questi folletti.
Siamo solo all’inizio di Via Castello, ma per il turista deciso a raggiungere il Castello dei Doria sono propizie le soste in questi laboratori artistici, per ammirare le opere esposte: dalle sculture in pietra di Claudio Marciano, presentate allo Studio Esedra, alle ceramiche piene di  Mastroelio, esposte in Via Monsignore. Figure etniche a mezzo busto nascono invece dalla terracotta e dalle mani di Eva Kern, tedesca, esposte nell’atelier in cima alla Muntà di Cereghetti.
L’amica Cindy Egolf, americana, alterna invece la professione di direttore d’orchestra con quella di artista del vetro antico.
A mantenere viva la tradizione artigiana tessile ci pensa invece Marta Tornatore con il suo telaio, ospitato presso il Centro di Educazione Ambientale, all’Intreccio Magico.
Spostandoci nel rione Borgo scopriamo quella sfera dedicata al mosaico e alla decorazione pittorica che trova in Eleonora Varni e Sara Mangolini sensibili interpreti. Lo studio delle giovani artiste si trova a pochi metri dall’Oratorio di San Sebastiano, dove è custodita la statua del Santo che, la domenica successiva al 20 gennaio, è portata in processione insieme ad un albero di alloro ornato da ostie colorate, fino alla Chiesa tardo-medioevale di San Giorgio, attraversando Via Garibaldi e la piazza omonima dove sorge la grande Chiesa parrocchiale barocca di Sant’Antonio Abate e il settecentesco Palazzo Doria, riconoscibile dai portali in pietra nera.
Peculiarità culturali, artistiche ed enogastronomiche ve ne sono, dunque, più di una, e si sposano con il dinamismo del Comune e con quella sensazione di unità, integrazione e coesione che cattura il turista, coinvolto dalla cordialità della gente.

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