
Il vino, poesia della terra

Dio ha fatto l’acqua, l’Uomo ha fatto il vino
Victor Hugo
Cantata e narrata da poeti e scrittori innamorati dei suoi colori e dei suoi profumi, la Liguria si pone al centro della letteratura italiana ed europea.
Eugenio Montale, Italo Calvino, Camillo Sbarbaro, Lord George Gordon Byron, Percy Bysshe Shelley: tutti loro, grazie al senso ritrovato della parola e della poesia, hanno esportato anche all’estero l’aspetto distintivo del paesaggio ligure, inebriante quanto il suo vino. Inconsapevoli ispiratori di questo scenario, unico, ai quali va il riconoscimento più grande per aver reso possibile questo miracolo – non si potrebbe definire diversamente la costruzione di migliaia di chilometri di muri in pietra a sostegno delle fasce – sono indubbiamente i viticoltori che perpetuano nel tempo una fratellanza sana e genuina tra laboriosità contadina, ambiente e prodotto unico.
Solo mani innamorate, forti e tenaci potevano partorire un paesaggio senza uguali e fonte d’ispirazione; la stessa che sin dall’antichità portò la dea Atena a piantare il primo ulivo destinato, con i suoi frutti, a donare un succo meraviglioso, e Dionisio ad introdurre presso i popoli la coltura della vigna e l’arte del vino. La divinità dell’Olimpo condannato ad errare per il mondo intero nelle sue frequenti estasi mistiche, non si scordò certo di questa terra, punto d’incontro fra mare e monti. Uomini colti, uomini caparbi, ineffabili déi: un sodalizio terreno e divino capace di dar vita alla più genuina dieta mediterranea, che in Liguria, prestigioso contenitore di vini e oli, rappresenta anche un viaggio stuzzicante alla scoperta di nettari preziosi a Denominazione di Origine Controllata.
Una grande linea di scoperta
Il panorama enologico ligure è multiforme grazie alla molteplicità di condizioni pedoclimatiche che si registrano nell’arco dei suoi 270 chilometri di costa – senza contare nicchie di produzione delle valli interne – che hanno dato vita ad una gamma di vini di buon valore ed ottima qualità, da quelli più celebrati, il “Rossese di Dolceacqua doc” a ponente e il “Cinque Terre doc” all’estremo levante, a quelli meno illustri ma di grande tradizione come l’Ormeasco di Pornassio, il Vermentino o il Pigato. Sono vini modesti nella quantità ma grandi nella qualità, ognuno con una propria, inimitabile personalità, incorporati in aree Doc più estese, come quelle della “Riviera Ligure di Ponente”, “Riviera dei Fiori”, “Val Polcevera”, “Colline di Levanto”, “Golfo del Tigullio”, “Colli di Luni”, oppure vini ad Indicazione Geografica Tipica, come quella delle “Colline Savonesi”. In Liguria la cultura dell’uva e del vino risale alla notte dei tempi, ma oggi una giovane generazione di vignaioli, sempre più attenta alle tecnologie, che segnano l’evoluzione delle tecniche tradizionali di ieri, sta curando con attenzione ogni aspetto della sua attività, spingendone ancora più in avanti il livello qualitativo dei vini, senza trascurare l’eleganza, l’originalità e il rispetto del territorio.
Lo sciacchetrà
Cantate e amate dai poeti, le Cinque Terre rappresentano uno degli angoli più affascinanti di una regione che certamente non lesina emozioni. È un territorio aspro, accidentato, al quale l’ostinazione degli abitanti ha fatto fronte con la creazione di fasce vertiginose, in bilico sul mare, che sfidano l’equilibrio di chi vendemmia. Qui si coltiva l’uva dalla quale si ricava lo Sciacchetrà, un vino di colore giallo dorato con riflessi ambrati, di alta gradazione, che trae il suo curioso nome dai vocaboli dialettali sciacca (pigia, schiaccia) e trae (tira via, in quanto il mosto non deve completare la fermentazione). Questo vino è eccezionale per aroma, sapore e fatica: i grappoli di vermentino, trebbiano e regina, una volta raccolti, vengono distesi all’ombra ed essiccati su graticci posti in luoghi ben ventilati, fino alla fine di novembre. Erroneamente molte persone pensano che l’appassimento dell’uva avvenga al sole; in questo caso il vino assumerebbe un sapore cotto, escludendo le vere proprietà organolettiche dello Sciacchetrà. Il vino viene poi conservato in cantina per almeno 12 mesi, con diversi travasi in piccole botti. Chiunque avrà occasione per assaggiarne una bottiglia lo lascerà senza parole: da allora andrà continuamente alla ricerca della stessa emozione. Uno dei migliori modi per conoscere e godersi le terre che partoriscono questo prezioso nettare, è quello di percorrere con tranquillità i sentieri che collegano i borghi delle Cinque Terre, lungo i vigneti terrazzati, riscoprendo le atmosfere e le tradizioni dell’antica civiltà contadina.
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