Maiolo e le sue borgate

18 marzo 2020 - 10:21

Agli occhi dei passanti che risalgono il Marecchia, si profila scuro
(contro il cielo di levante), uno strano cucuzzolo dalla forma
bizzarra, tra la piramide tronca e l’enorme pagliaio di pietra. Non
legato ad alcuna catena di monti, pare un moncone senza senso. Ad una
manciata di chilometri, ecco il centro dell’attuale comune di Maiolo.
Quanti lo attraversino in maniera affrettata probabilmente non se ne
renderanno conto. Un territorio comunale di piccole dimensioni ospita
più di 50 forni, utilizzati soprattutto per la cottura del pane e
tipicità ad esso collegate. Questi forni, sparsi in maniera uniforme
sul territorio, sono da considerarsi testimonianza di civiltà e quindi
“bene culturale”, visto e considerato che svolgono un ruolo di
“collante” dell’intera borgata. La caratteristica dei piccoli
agglomerati rurali, è quella di essere costituita da famiglie
imparentate tra loro, che sfornano specialità da almeno quattro
generazioni. Per conoscerlo a fondo il paese di Maiolo occorre
considerare le importanti vicissitudini storiche accadute. Il cuore del
comprensorio infatti, non era affatto l’attuale centro, bensì era
rappresentato da una rocca, abbarbicata su di uno sperone, dolcemente
servita da una comunità agricola.

Nel 1700, un’enorme frana distrusse parte della rocca (successivamente
detta di Maioletto) e annientò il Paese, mai ricostruito. Incorniciata
da una vegetazione ora definita “zona BioItaly” (per la valenza
floristica) dall’Unione Europea, la rocca è una meta turistica,
raggiungibile attraverso una passeggiata tra calanchi e storiche
chiese, come quella di Sant’Apollinare e quella di San Rocco.

Le prime notizie su Maiolo risalgono agli inizi del passato millennio.
Cercando nelle pieghe delle testimonianze storiche, ricordiamo un
poeta, Ercolani de Sarti, che nel XVI secolo scriveva di un monte
“Aorno”, che significa “senza uccelli”, tanto che la sua cima era alta.
Nel XIII secolo invece, il Cardinal Anglico descrive un altissimo
castello su un altissimo sasso con una rocca fortissima e grandi rupi
attorno. Poi, nella notte tra il 29 e il 30 Maggio del 1700, una
pioggia dirotissima causò una catastrofe apocalittica: la cima del
sasso si staccò dal resto del monte e precipitò giù, con tutta la
rocca, frantumandosi sopra le case e le mura del borgo sottostante.
La leggenda vuole che la rocca fosse un ritrovo di peccatori, spazzati
via per punizione divina. Sembra infatti che i castellani, in dispregio
al mese Mariano, si abbandonassero ad uno scandaloso ballo “angelico”,
mentre una civetta sulla terrazza del salone presagiva una tragedia
imminente. Non curanti, i paesani continuarono i festeggiamenti sotto
un orribile temporale.

Tante unità, come si è detto, rappresentate dalle Borgate (localmente
chiamati anche “Ghetti”), costituite da costruzioni rurali
ristrutturate, capaci di ospitare più di un nucleo famigliare. Il fatto
che ogni nucleo sia costituito da persone in un modo o nell’altro
imparentate tra loro, la dice lunga sulle vicissitudini dell’ultimo
secolo. Infatti, le numerose famiglie sono state sempre dedite
all’agricoltura, alla pastorizia e al taglio di legname, instaurando un
intimo rapporto con il luogo, fino ad attribuirne il nome stesso:
annoveriamo infatti località denominate “Ca’ di Migliori”, “Ca’ di
Marinello”, “Ca’ Lombardi”, “Ca’ del Fattore”, ecc. La ristrutturazione
dei fabbricati, ha rivalutato l’importanza dei forni esistenti, e ha
portato alla luce splendide strutture quali l’Agriturismo “La Casa
Vecchia”. Il bene turistico più importante delle Borgate, oltre ai
forni e altri interessanti monumenti, è rappresentato dal paesaggio.
Dai punti panoramici delle località di Antico, Ca’ Fattori, Maioletto,
Boscara e il Poggio, si può godere di una visione incredibile: la
possente San Leo, la misteriosa Rocca di Maioletto in primo piano, San
Marino appena alle spalle, il Monte Aquilone, i boschi del Sasso Simone
e Simoncello e la neve del Carpegna (disteso come un feretro) in
lontananza. Se si ha la fortuna di visitare questo borgo, diverse sono
le chiese e i monumenti meritevoli di particolare attenzione; la chiesa
di Sant’Apollinare, costruita sul modello delle chiese leonine nella
prima metà del XV secolo, sita in località Poggio, ne è un esempio
lampante. Dopo la frana del 1700, il tempietto fu inserito in una
chiesa più grande dedicata a San Biagio. Subì diversi cambiamenti, il
che ne giustifica i diversi nomi attribuiti alla costruzione e alla
località stessa: prima Poggio, poi Sant’Apollinare e infine San Biagio.
Nell’anno 1910, furono rialzati i muri perimetrali della chiesa e
furono aperte cinque nicchie per accogliere statue di nuovo acquisto.
Nel 1970 furono effettuati gli ultimi restauri. Di grande interesse
l’affresco dell’abside, (raffigurante una madonna con bambino tra
angeli e santi), così come l’altare maggiore, un complesso in legno
intarsiato e dorato in oro zecchino comprendente un paliotto, un bel
ciborio barocco, due porte laterali e una bella gradinata. Il tutto
completato da un crocefisso ligneo.
Con ogni probabilità, tutto il complesso deriva dalla preesistente
chiesa di San Rocco. Santa Maria di Antico, è invece un monumentale
tempio, risalente al IX secolo e dedicato alla beata vergine delle
Grazie, racchiude una preziosa statua di Luca della Robbia. Durante la
seconda guerra mondiale, i fedeli di Santa Maria per salvare la loro
Madonna dalla furia delle bombe, nascosero la statua nel sepolcro sotto
l’altare. Si sottolinea inoltre la presenza di un dipinto a tempera del
XVII secolo, che raffigura l’annunciazione, uno raffigurante la
natività della vergine (commissionato per la chiesa del Conte Oliva) e
una tela ad olio raffigurante la fuga dall’Egitto. Sempre ad Antico, è
possibile ammirare l’omonimo castello. I successori del Conte Oliva
quando parlavano del loro primo castello, lo definirono “Antico”, e
quel nome rimase al castelluccio abbarbicato in un anfratto di una
ripiegatura boscosa del Monte Carpegna. Un castello munito e forte,
sempre tenuto caro dai padroni, perché sentinella avanzata sul
Marecchia, sulla strada tra Rimini a Roma. Il castello conserva una
grazia del tutto particolare, è infatti uno dei punti più romantici del
Montefeltro. Fino a poco tempo fa non c’era acqua, né una strada
percorribile, né energia elettrica. Grazie alla caparbietà
dell’Amministrazione comunale si sta riportando alla luce questo
prezioso bene architettonico. Infine, l’oratorio di San Rocco,
importante soprattutto per il valore affettivo che gli abitanti della
zona nutrono per esso; infatti, dopo la frana del 1700 i superstiti e i
loro discendenti sentirono la necessità di ritornare alla Rocca ogni
anno per venerare i luoghi sacri e i sepolcri delle vittime. Così, nel
1748, fu costruito un piccolo oratorio. E’ stata oggetto di restauro
nel 1971, e da quell’anno, rappresenta il punto sacro per eccellenza
della comunità maiolese, meta di pellegrinaggio nella giornata di
Ferragosto.

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