Escursioni con il caldo? Ecco le regole fondamentali per evitare problemi

Durante le escursioni estive, camminare con il caldo inteso può affaticare eccessivamente il copro e mettere in pericolo la salute. Scopriamo alcuni accorgimenti pratici per proteggersi e camminare in sicurezza

27 luglio 2025 - 10:00

Perché è importante gestire la fatica e proteggersi dal caldo

Affrontare un’escursione estiva può trasformarsi in un’esperienza faticosa o addirittura rischiosa se non si presta attenzione alla gestione del caldo e della fatica.

Le temperature elevate, l’esposizione prolungata al sole, la disidratazione e lo sforzo fisico prolungato mettono a dura prova l’organismo, specialmente in quota o lungo gli itinerari più esposti.

La fatica non è solo una questione di allenamento o di resistenza: è anche il segnale di un corpo che si surriscalda, perde sali minerali e consuma energie in fretta.

Saper riconoscere e affrontare i momenti critici sul sentiero, da una salita sotto il sole a una pausa in vetta senza riparo, è essenziale per vivere la montagna in sicurezza.

Vediamo alcune delle situazioni più comuni nelle quali il caldo può diventare un pericolo per l’organismo e alcuni consigli pratici per gestire al meglio l’escursione.

Salite ripide e caldo intenso: come evitare il collasso da sforzo

Uno dei momenti più critici durante un’escursione estiva è affrontare un tratto in salita nelle ore centrali della giornata, quando il sole è allo zenit e le temperature raggiungono il picco.

In questa condizione il corpo deve lavorare molto di più per raffreddarsi e il rischio di affaticamento, disidratazione, oppure la possibilità di subire un colpo di calore aumentano esponenzialmente.

Se il percorso lo consente, allora è preferibile pianificare le salite più impegnative nelle prime ore del mattino.

Se non è possibile, vanno adottate alcune precauzioni fondamentali: rallentare il passo, fare pause brevi ma frequenti all’ombra, e bere piccoli sorsi d’acqua ogni 10–15 minuti.

Un cappello a tesa larga, occhiali da sole e un maglietta traspirante sono indispensabili.

Meglio prestare attenzione anche ai segnali del corpo: testa pesante, nausea o eccessiva sudorazione possono essere campanelli d’allarme da non sottovalutare.

Esposizione al sole prolungata: strategie per proteggersi sui sentieri scoperti

Molti sentieri d’alta quota, creste, pascoli o traversate alpine obbligano a percorrere lunghi tratti privi di zone d’ombra.

Camminare per ore sotto il sole diretto aumenta lo stress termico e accelera l’insorgenza della fatica.

In queste situazioni, oltre all’abbigliamento tecnico traspirante, è cruciale adottare accorgimenti intelligenti: pianificare le pause in prossimità di fonti d’acqua o rifugi, coprirsi il collo con una bandana bagnata e usare la crema solare ad alta protezione.

Anche la scelta del ritmo è importante: mantenere un’andatura regolare evitando strappi aiuta a contenere la dispersione di energie.

In questi casi potrebbe essere utile portare con sé piccoli snack salati per assimilare i sali minerali persi con la sudorazione, e reintegrare i liquidi grazie anche a soluzioni idrosaline.

Soste senza riparo: il rischio invisibile della pausa al sole

Capita spesso di arrivare in vetta oppure in un punto panoramico e concedersi una pausa senza cercare dell’ombra.

Fermarsi al sole, però, soprattutto dopo uno sforzo intenso, può essere più pericoloso che continuare a camminare.

Il corpo, già affaticato, fatica a smaltire il calore accumulato, con il rischio di abbassamenti di pressione, capogiri e malessere.

In questi casi è preferibile trovare un sasso, un albero o anche solo un telo da escursionismo per creare una zona d’ombra.

Se non ci sono ripari allora conviene bagnarsi polsi, nuca e fronte per aiutare a riequilibrare la temperatura corporea.

Meglio evitare pause troppo lunghe in pieno sole, soprattutto se non c’è stato un reintegro adeguato di liquidi e zuccheri.

A quote elevate il rischio è amplificato anche dal vento secco, che disidrata senza farci sentire caldi: un inganno da non sottovalutare.

Affaticamento e disidratazione: come riconoscerli e intervenire in tempo

La fatica legata al caldo spesso non si presenta in modo improvviso, ma si accumula silenziosamente, fino a sfociare in una crisi vera e propria.

I primi segnali possono essere subdoli: rallentamento del passo, respiro più corto, mal di testa o irritabilità.

La disidratazione, in particolare, compromette la termoregolazione e il rendimento muscolare, rendendo più difficile anche il semplice atto di camminare.

È quindi essenziale iniziare l’escursione già ben idratati e portare con sé almeno 1,5/2 litri d’acqua, meglio se integrati con sali minerali.

Bere regolarmente, anche senza avvertire sete, è la regola d’oro. Chi soffre spesso di cali energetici può trovare beneficio portando con sé bustine di integratori in polvere o frutta secca, da assumere a intervalli regolari.

Se la fatica si fa opprimente, meglio fermarsi all’ombra e raffreddare il corpo con acqua fredda: si tratta della prima mossa da fare per evitare di peggiorare ulteriormente la situazione.

Ultimi chilometri sotto il sole: come evitare l’errore finale

Una delle situazioni più comuni e sottovalutate è l’affaticamento improvviso negli ultimi tratti del percorso, spesso su strade sterrate o sentieri esposti, quando la stanchezza mentale si somma a quella fisica.

Spesso, nella fretta di tornare a valle, si tende a sottovalutare la necessità di bere, rinfrescarsi o prendersi una pausa.

Il corpo però, dopo ore di cammino, è più vulnerabile: le riserve energetiche sono ridotte, e il caldo ha già fatto il suo lavoro. È importante risparmiare energie per il rientro, soprattutto se si affrontano tratti senza ombra.

Una strategia utile è fare una sosta rigenerante a mezz’itinerario, idratarsi con abbondanza e abbassare il ritmo nell’ultima ora.

Anche in questo caso, i piccoli gesti fanno la differenza: un cappello umido, una maglia di ricambio, o semplicemente un posto all’ombra dove sedersi possono cambiare l’esito della giornata.

Come affrontare le notti estive in rifugio o bivacco

Chi deve affrontare trekking di più giorni e pernotta in bivacchi o tende in alta quota può trovarsi esposto a un’insolita combinazione: serate caratterizzate da aria secca e temperature ancora elevate all’interno dei ricoveri esposti al sole.

In assenza di ventilazione, il corpo potrebbe non riuscire a smaltire l’accumulo termico della giornata, rendendo difficile il sonno e favorendo il senso di spossatezza al risveglio.

In questi casi è utile aprire tutte le prese d’aria disponibili, usare un sacco a pelo leggero in materiale traspirante e bere abbondantemente prima di coricarsi.

È importante anche alimentarsi correttamente: pasti troppo pesanti o troppo salati possono interferire sia con la termoregolazione che con il riposo.

Se si ha accesso a un corso d’acqua o a una fontana, allora conviene bagnarsi piedi e polsi prima di dormire: è un gesto semplice, ma altamente efficace.

 

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