18 marzo 2020 - 13:52

La morfologia del nostro territorio moltiplica di fatto gli ecosistemi: questo smisurato e delicato patrimonio richiama ad un senso civico di rispetto e conservazione che, purtroppo, non tutti posseggono. Le poche persone consapevoli di questa fragilità, hanno formato una sorta di “sottile linea verde” che dedica il suo tempo libero alla difesa e tutela di una ricchezza che va lentamente assottigliandosi.

Mentre passeggiamo lungo un sentiero ombreggiato di una faggeta appenninica, oppure camminiamo a piedi nudi su una spiaggia della bella costa adriatica non possiamo fare a meno di rimanere inorriditi quando, tra un cespuglio o nella sabbia, incappiamo in cartacce, lattine o, peggio ancora, in qualche oggetto di plastica, materiale indistruttibile e resistente a qualsiasi evento naturale. L’incuria che l’uomo dimostra verso ciò che lo rende sostanzialmente vivo è diventata inaccettabile.

L’opera devastatrice nei confronti della natura continua ogni giorno, il più delle volte in modo subdolo: è un’azione estirpatrice palpabile, respirabile, e sempre più sovente assistiamo impotenti alla scomparsa di intere aree verdi o all’invasione incontrollata di immondizia che annienta non solo gli ecosistemi, ma mette seriamente in pericolo la nostra salute. La domanda ricorrente nelle tavole rotonde pianificate dei responsabili del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è sempre la solita: possiamo fare qualcosa? Tra tanti quesiti e risposte non date, c’è qualcuno che già da diversi anni si è rimboccato le maniche cominciando a sanare, almeno in parte, le ferite che affliggono la flora e la fauna del nostro Paese.

Grandi e piccoli volontari per l’ambiente

In primo luogo definiamo volontariato ambientale una serie di azioni concrete, attuate sul territorio, dirette alla difesa, tutela e conservazione delle risorse naturali italiane. Inoltre, con lo sguardo proiettato verso un futuro migliore, l’associazionismo ambientalista promuove l’educazione ambientale affinché, soprattutto i più giovani, si convincano che ogni albero abbattuto o lattina abbandonata, danneggia la loro vita sotto molto punti di vista. Proprio i ragazzi formano la spina dorsale di queste associazioni che operano già da decenni in diverse regioni italiane: il loro lavoro si compie secondo diverse metodologie, ma soprattutto sfruttando il binomio lavoriamo/divertendoci.

Pulire un bosco, setacciare una spiaggia può trasformarsi, infatti, in un’occasione di distrazione e aggregazione, sempre con la consapevolezza che un piccolo gesto, sommato a tante altre simili iniziative, può contribuire a migliorare il mondo che ci circonda.

Il volontariato ambientale nasce nell’Italia degli anni Sessanta in pieno boom economico, quando l’economia industriale cominciava progressivamente a spodestare l’agricoltura. Le nostre città si tingevano di grigio e, per la prima volta, alcune isole verdi delle nostre regioni, venivano minacciate da torri d’acciaio fumanti e cemento armato.

Tra le associazioni veterane che operano da anni sul nostro territorio vi è la Federazione Pro-Natura, nata nel dopoguerra come Movimento Italiano Protezione della Natura: i pochi associati erano però maggiormente attratti dall’aspetto teorico che non da un’azione concreta sul campo. Era, infatti, un’unione forgiata sul modello dell’associazionismo scientifico Ottocentesco dove s’incontravano appassionati di scienza, zoologia, alpinismo: il moto che animava la società era lo studio, la lettura e il confronto sulla ricerca, ma nulla di realmente operativo.

Nel 1966 muoveva i suoi primi passi il WWF italiano, oggi una delle associazioni più importanti che annovera oltre 300 sedi periferiche e numerosi iscritti. L’obiettivo principale del WWF è sempre stato la salvaguardia di specie animali in via di estinzione e la protezione del loro habitat: su questa linea, la società ha sviluppato una rete di volontariato davvero importante che gestisce Oasi protette in tutta Italia e numerosi “Panda club”, rivolti alle scolaresche con iniziative di educazione ambientale. Malgrado l’impegno di queste persone il degrado ecologico sembrava inarrestabile e cresceva in modo esponenziale allo sviluppo industriale.

Nel 1980, periodo in cui le amministrazioni cominciarono a prendere coscienza del problema dell’inquinamento, nasceva Legambiente. Sorta come “corrente” ecologica dell’ARCI (Associazione del tempo libero e della ricreazione culturale e sportiva), Legambiente negli ultimi anni si è affermata come punta di diamante di tutte le attività di difesa ambientale nel nostro Paese.

Tra le sue principali iniziative di volontariato – oltre la popolare Goletta Verde che controlla annualmente lo stato di salute delle acque marine – c’è il progetto “Puliamo il mondo/Spiagge pulite” dove migliaia di persone dedicano una giornata alla raccolta di rifiuti e alla bonifica di zone specifiche che possono essere spiagge, parchi o piccoli giardini.

Dal 1994 poi, Legambiente ha aperto un Ufficio Ambiente e Legalità che svolge una continua sorveglianza sui reati ambientali commessi in Italia, come le attuali questioni relative all’ecomafia. Per coerenza tematica non ci dilungheremo sulle associazioni che agiscono prettamente in difesa degli animali – LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), della OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) o LAV (Lega Antivivisezione) – fermo restando che per ottenere risultati veramente efficaci, sia auspicabile una cooperazione tra le diverse realtà di volontariato. Vale la pena soffermarci invece su un altro gruppo che, dagli anni Ottanta, opera attivamente in quasi tutte le regioni d’Italia sia a protezione della fauna (attività antibracconaggio), sia a tutela dell’ambiente: le GEV-Guardie Ecologiche Volontarie.

 

Le Guardie Ecologiche Volontarie

Le GEV nascono negli anni Ottanta dall’iniziativa di tre regioni – Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna – le quali, per prime, istituirono e riconobbero legalmente il ruolo dei volontari ambientali. Il modello proposto dalle Guardie Ecologiche Volontarie, si sta diffondendo in diverse regioni le quali hanno dimostrato un crescente interesse verso l’operato di questi volenterosi.

La legislazione regionale ha poi ottimizzato lo status delle GEV affidandole compiti di Polizia amministrativa con larghi poteri di vigilanza ambientale. I componenti di queste squadre sono tutti volontari, nessuno percepisce stipendio se non qualche piccolo rimborso spese: le attrezzature, le divise e i mezzi di trasporto sono messi a disposizione dagli Enti pubblici.

Il fenomeno ha preso talmente piede che è stato necessario istituire un coordinamento nazionale denominato “FEDERGEV ITALIA” che sovrintende alle attività delle 10.000 sedi GEV sparse in tutta Italia. Per diventare una Guardia Ecologica è necessario superare un corso di formazione di 6 mesi dove il volontario acquista una preparazione di base sulle leggi che regolano la materia ambiente, le sanzioni, le conoscenze naturalistiche, e alcune nozioni circa la protezione civile, l’antincendio e il pronto soccorso. Una volta superato l’esame di ammissione la Guardia Ecologica è pronta ad indossare la divisa per entrare in servizio operativo (l’impegno richiesto è minimo, appena 8 ore mensili) e, in caso di necessità, rapportarsi con le Forze dell’Ordine o la Protezione Civile.

Tutti siamo volontari

Il comportamento nei confronti della natura non deve essere subordinato all’appartenenza a qualche associazione ambientalista: naturalmente tutti siamo volontari e tutti siamo tenuti all’educazione e al rispetto di ciò che ci circonda. È buona regola non lasciare traccia del nostro passaggio: dissetarsi, mangiare e riposarsi lungo un sentiero è un sacrosanto diritto, tuttavia non abbandonare rifiuti è un nostro preciso dovere. Il lavoro svolto dai volontari è certamente prezioso, ma una migliore educazione ambientale che si espleti non solo nei parchi, ma anche nelle città, colorerebbe di più le nostre giornate.

Testo di Paolo Palumbo / Foto di Pro Natura – FEDERGEV – Parco Nazionale dell’Abruzzo

 

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