Avvelenamento di lupi e grifoni in Appennino: un atto illegale che minaccia l’ecosistema

Sei animali rinvenuti morti nel territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, si sospetta che si tratti di un episodio di avvelenamento, una pratica illegale e dannosa che minaccia la sopravvivenza di specie protette

9 maggio 2023 - 13:36

Il 5 maggio scorso, il personale di Rewilding Apennines, Salviamo l’Orso e alcuni volontari hanno scoperto le carcasse di due lupi e quattro grifoni nel territorio di Cocullo, nel parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Gli esperti, considerando la vicinanza delle carcasse, tutte rinvenute nel raggio di 300 metri, sospettano che si tratti di un episodio di avvelenamento, una pratica ancora diffusa nell’Appennino centrale.

Gli avvelenamenti si verificano spesso nel periodo precedente il pascolo del bestiame sulle alture, ma anche in concomitanza con le attività dei raccoglitori di tartufi e dei cacciatori.

A seguito della segnalazione si sono attivati i Carabinieri Forestali e un veterinario della ASL 1 L’Aquila-Sulmona-Avezzano che sono intervenuti per rimuovere gli animali morti.

Nei giorni successivi, i nuclei cinofili antiveleno del Parco Nazionale, hanno controllato l’area e hanno rinvenuto un’altra carcassa di lupo.

Solo due settimane prima, il team di Rewilding Apennines, aveva recuperato due grifoni morti ad Atina.

 

L’appello del parco e delle associazioni ambientaliste

Mario Cipollone, di Rewilding Apennines, ha espresso la sua amarezza per questi gesti crudeli e inutili che danneggiano l’ambiente e l’immagine delle comunità locali.

Cipollone chiede alle autorità competenti di prestare maggiore attenzione a questo problema, proponendo l’idea di vietare qualsiasi attività produttiva nelle aree soggette a episodi di avvelenamento, come avviene in caso di incendi.

Per i volontari coinvolti nelle operazioni di ricerca e rimozione delle carcasse, l’esperienza è stata emotivamente difficile.

Lola Ratouis, una volontaria francese, ha condiviso la sua tristezza per la perdita di queste vite essenziali per l’ecosistema abruzzese.

L’auspicio delle associazioni ambientaliste che operano nel territorio è che le comunità locali promuovano la cultura della coesistenza uomo-fauna, invece di perpetuare la cultura del veleno.

La convivenza pacifica tra uomo e natura porta benefici ecologici, sociali, economici e di benessere per tutti, mentre l’uso del veleno provoca danni ambientali, ostacola la promozione del territorio e limita le prospettive di sviluppo futuro.

Sull’episodio è intervenuto anche il direttore del parco nazionale, Luciano Sammarone, che ha dichiarato:

“Il criminale utilizzo di veleno resta la minaccia più grande per la fauna tra tutte quelle legate alle attività antropiche. Non avendo indicazioni precise è chiaro che non si può puntare il dito contro nessuno, ma essendo chiusa sia la caccia, sia la raccolta del tartufo, restano poche attività cui chiedere conto dell’episodio, peraltro in un’area estremamente delicata anche per la presenza dell’orso, purtroppo colpito in passato anche da queste pratiche maledette”.

Il lavoro svolto da Rewilding Apennines, Salviamo l’Orso e altri volontari è fondamentale per garantire la sopravvivenza delle specie a rischio e per preservare la ricchezza naturalistica dei territori appenninici.

La convivenza pacifica tra uomo e natura è possibile e necessaria, ma richiede l’impegno di tutti: istituzioni, associazioni, comunità locali e singoli individui.

Solo attraverso la collaborazione e la consapevolezza potremo garantire un futuro sostenibile per gli ecosistemi appenninici e le specie che li abitano.

 

 

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