Da qualche tempo si sente parlare di prodotti e alimenti a chilometri 0, molti giornali vi hanno dedicato ampi servizi e molteplici iniziative sono nate intorno a questa sorta di slogan, sempre più lanciato a diventare quasi un marchio di qualità.

18 marzo 2020 - 10:10

Il tutto ha avuto inizio nel 2007, a opera della Coldiretti che, a seguito dei record fatti registrare dal petrolio e il conseguente effetto impennata prezzi sull’intero sistema agroalimentare, dove i costi della logistica arrivano ad incidere per addirittura un terzo sul prezzo di frutta e verdura, considerato che l’80% dei trasporti italiani avviene su gomma.

Iniziò così una campagna mirata a convincere i consumatori a fare acquisti di prodotti a “chilometri zero” che non subiscono troppe intermediazioni e non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere sulle tavole subendo i rincari dei costi di trasporto e conseguentemente, locali e di stagione.

In questo modo si ottengono importanti e fondamentali vantaggi che si evidenziano, non solo in un prezzo di acquisto decisamente più contenuto, ma anche in un significativo contributo alla riduzione dell’inquinamento, grazie al risparmio di viaggi di migliaia di chilometri, percorsi su mezzi di trasporto inquinanti che liberano nell’aria gas ad effetto serra.

Si riduce anche in modo considerevole il costo degli imballi, sia in termini di inquinamento per produrli prima e smaltirli poi, che in termini di incidenza costi per il consumatore finale.

Questi sono gli argomenti che maggiormente si evidenziano ogniqualvolta si parla di km 0 e quindi di produzione “locale” ma ci sono altri e fondamentali aspetti che devono assolutamente essere messi in grandissima evidenza e che rendono assolutamente vincente la filosofia del km 0.

Il possibile ritorno, finalmente, dei sapori veri, in particolare per frutta e verdura che, provenendo da distanze di non oltre 120/150 km e con una durata media di conservazione di 8/10 giorni, compatibile con il ciclo di vita naturale del prodotto, non necessiteranno più di trattamenti con sostanze chimiche che ne alterino le caratteristiche naturali, come l’artificiale indurimento della buccia, al fine di rendere possibili lunghi viaggi a prova di impatto e sobbalzo.

sarà nemmeno più necessario raccogliere frutta e verdura a un grado di maturazione incompleto e non nel momento della maturazione ottimale, privando quindi il frutto del suo sapore e dei suoi principi nutritivi migliori.

Anche l’uso massiccio dei pesticidi finalizzato a fermare qualunque, seppur innocuo, parassita capace di innescare un inizio di processo che porterebbe alla marcitura del frutto, ancor prima che questo raggiunga i banchi del supermercato, dopo giorni e giorni passati sui camion e nei magazzini delle centrali di distribuzione per il successivo inoltro al supermercato o negozio di zona, potrà essere evitato.

Tutto questo vorrà dire poter riassaporare frutta e ortaggi che, raccolti nel momento della loro giusta maturazione e non trattati chimicamente, riacquisteranno le loro originarie qualità organolettiche, regalandoci nuovamente il piacere di mangiare un pomodoro che sappia di pomodoro, una mela che sappia di mela, un peperone che sappia di peperone.

Ma km 0 è anche occasione per valorizzare tutte le altre tipicità del territorio: vino, olio, salumi, formaggi, latte, prodotti alimentari che non producono inquinamenti da trasporto perché provenienti direttamente da aziende agricole limitrofe, o comunque molto vicine, al luogo di consumo.

Riportando così ai primordi del gusto prodotti tipici territoriali di rara bontà ma che, spesso, avevano smarrito i loro sapori più raffinati e caratteristici, fagocitati dal mercato globale che sugli scaffali con il nome: fontina, parmigiano reggiano, bresaola ecc. espone produzioni provenienti da Cile, Argentina, Germania ecc.

Insomma km 0, ambiente, gusto, camminano insieme ma su brevi percorsi!

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