A partire dal 2008 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha cominciato a monitorare sistematicamente l’aria dei principali centri urbani del pianeta raccogliendo i dati per un numero crescente di località, circa 3000 città in 103 paesi nell’ultimo aggiornamento.
Il quadro che ne esce è abbastanza desolante. L’80% delle città monitorate ha un livello medio superiore al limite massimo di allarme.
Inoltre il 98% per cento delle città con più di 100 mila abitanti dei paesi in via di sviluppo non adotta le misure consigliate per ridurre l’inquinamento, percentuale che scende al 56% nei paesi sviluppati.
C’è però anche un dato positivo: più del 50% delle città monitorate nei paesi sviluppati e circa il 30% di quelle nei paesi in via di sviluppo hanno ridotto del 5% il livello di inquinamento.
In attesa degli ultimi aggiornamenti, queste che seguono sono le 10 città che in base a questi dati hanno il più alto livello medio annuale di PM 2,5 che supera da 10 a 20 volte il limite massimo di allerta indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Non è raro camminando per Delhi imbattersi in ragazzi che aggiungono un fazzoletto antismog alla perfetta divisa studentesca da eredità coloniale inglese.
Oggi, purtroppo, quel fazzoletto serve anche a proteggersi dal pericolo COVID19, che si è aggiunto a quello dello smog.
Trovarsi al decimo posto della classifica delle città più inquinate del pianeta non deve essere proprio un vanto, ma per l’antica capitale dell’impero Moghul lo è.
Delhi si trovava infatti nel 2015 al primo posto ed è riuscita negli anni ad abbandonare questo non invidiabile primato. Il traffico fuori controllo e l‘industria manifatturiera sono i principali fattori scatenanti la cappa di smog che spesso si addensa sulla città.
Qin Shi Huang, il primo imperatore della storia cinese, faticherebbe a riconoscere la sua città natale.
Probabilmente avrebbe problemi anche soltanto a scorgerla, in mezzo allo smog e ai fumi che nei momenti peggiori la rendono un inferno di aria irrespirabile.
Ogni giorno l’industria del carbone e dell’acciaio riversa sulla città una quantità di fumi che rende il sistema urbano di Haidan e Xingtai il più inquinato della Cina.
Non è un caso che a Haidan si trovi il quartier generale di HBIS, la più grande azienda produttrice di acciaio del paese.
A circa 350 km dalla capitale del Yaoundé è l’unica città africana in classifica.
Lo sviluppo sregolato e l’urbanizzazione selvaggia sono le ragioni che le hanno fatto guadagnare posizioni in questa non ambita classifica.
A pochi chilometri dalla città la natura riserva ancora angoli incontaminati, come il vulcano Oku e le cascate del fiume Menchum
In questa città indiana neanche prendere lo scooter sembra una buona idea per evitare il traffico.
Tra i maggiori centri indiani nella produzione di acciaio e parti automobilistiche oltreché che nell’uso di impianti a carbone, anche Raipur paga il suo tributo allo sviluppo.
L’amministrazione ha istituito un Osservatorio sull’inquinamento che però non sembra andare d’accordo con alcuni scienziati della locale università.
Mentre infatti l’Osservatorio ha addebitato gran parte dell’inquinamento al traffico, una ricerca della Ravi Shankar Shukla University ha indicato come altrettanto determinante l’inquinamento industriale.
Industria, eccessiva densità di popolazione e anche la confluenza di alcuni fiumi sacri ad alto tasso batterico fanno di questa città del Bihar un vero concentrato di tossicità.
I fumi delle industrie che bruciano carbone, gli scarichi del traffico incontrollato e il Gange considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un vettore di malattie infettive fanno di Patna un vero caso nazionale.
Purtroppo la situazione degenera da molti anni e non si sono ancora visti progressi.
Il cartellone nella foto dice tutto di questa città sul Golfo Persico.
La più importante azienda produttrice di alluminio del paese cerca lavoratori ad alta specializzazione, mentre i fumi delle sue ciminiere intossicano l’aria.
L‘industria dell’alluminio ha creato molti posti di lavoro ma anche molto inquinamento.
Il boom industriale della parte orientale dell’Arabia Saudita ha reso Al Jubail un centro strategico dell’economia saudita, ma anche la seconda città più inquinata del paese e la quinta del mondo.
L’inquinamento della capitale saudita ha un nome, un cognome e anche un odore che nei giorni peggiori gli abitanti hanno imparato a riconoscere: si tratta dell’anidride solforosa, principale responsabile dell’inquinamento dell’aria.
L’industria petrolifera non ha conosciuto sosta neppure negli ultimi anni.
Nonostante il crollo del prezzo del petrolio, i sauditi hanno continuato a pompare dal sottosuolo per erodere le quote di mercato dei rivali americani dello shale oil.
Ad Allahabad non è questione di individuare i giorni nei quali l’aria è inquinata, ma semmai quelli in cui non lo è.
In estate può tranquillamente capitare che per più del 90 per cento delle giornate i livelli di inquinamento dell’aria stiano ben sopra la soglia ritenuta minimamente accettabile dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Anche qui industria e i trasporti sono i principali responsabili.
E anche qui l’incrocio di fiumi sacri con il loro carico di batteri e impurità sono l’indesiderata ciliegina sulla torta.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha l’aria più inquinata tra le città indiane.
Come a Patna, anche qui le autorità locali come si legge in questo articolo del Times of India tendono a negare il problema o a minimizzarlo, sostenendo che non ci sono abbastanza dati o che la situazione non sarebbe così grave come si dice.
A Zabol le scuole non chiudono perché fa troppo caldo, troppo freddo o perché c’è una recrudescenza del contagio da coronavirus, come in altre parti del mondo.
Chiudono se l’aria è troppo inquinata.
E non capita di rado, considerato che l’aria di Zabol è considerata la più inquinata al mondo.
La città iraniana ha livelli medi annuali di PM 2.5 superiori di 20 volte alla soglia massima indicata dall’OMS come quella oltre la quale non vi sono più dubbi che si producano danni alla salute.
Il prosciugamento dei bacini d’acqua con conseguente innalzamento di livelli di polveri e di sabbia è indicato come una delle principali concause della situazione.