Viviamo giornate torride e notti particolarmente calde, quasi “tropicali”.
A quote elevate, queste condizioni meteorologiche possono rendere instabili rocce, ghiacciai e tratti innevati.
E questo aumenta il rischio di attraversare alcuni percorsi.
“Notti tropicali” è un termine utilizzato in climatologia per indicare le notti in cui la temperatura minima non scende al di sotto dei 20 °C.
Queste notti possono indebolire il manto nevoso e favorire fenomeni piovosi che accelerano la fusione della neve e causano pericolose infiltrazioni d’acqua tra le rocce.
Ph.: dalla pagina FB di Mario Ravello
L’instabilità può riguardare sia itinerari impegnativi sia percorsi più semplici su ghiacciaio, spesso affrontati da persone senza particolare esperienza.
Diventa quindi essenziale informarsi in modo specifico non solo sulla zona, ma anche sulle condizioni del percorso.
Vediamo i 7 consigli fondamentali di Mario Ravello, Guida Alpina della Valle d’Aosta e geologo, per ridurre al minimo questi pericoli.
A bassa quota l’innalzamento della temperatura non influisce più di tanto sulle condizioni ambientali.
Oltre i 3000, 3500 metri troviamo invece terreni innevati o ghiacciai dove il caldo può innescare una serie di processi di degrado connessi alla fusione del manto nevoso.
Il rischio: minare la stabilità dei pendii e della roccia.
Quando lo zero termico si attesta sui 4600-4800 metri come in questi giorni, il rigelo notturno è praticamente assente.
L’acqua entra nelle fessure della roccia provocando, a lungo andare, frane e crolli.
Gli itinerari cosiddetti “di misto”, dove si incontrano neve, roccia e ghiaccio vanno analizzati con molta attenzione.
Per affrontare queste vie devono esserci dei fattori minimi di percorribilità che sono rigelo notturno e neve dura.
Altrimenti si può incontrare un problema di tenuta sia della neve sia della roccia.
Le misure di protezione che normalmente si mettono in atto quando fai queste salite potrebbero non bastare.
Su itinerari poco battuti, magari esposti al sole, con rigelo scarso o assente diventa difficoltoso salire.
Questo perchè si affonda, la neve è inconsistente o molle perché non ha fatto in tempo a compattarsi e si deteriora anche in profondità.
Gli itinerari non sono affidabili ed è inutile, come fanno molti, cambiare semplicemente l’orario di partenza: se non rigela di notte, è inutile partire prima, l’instabilità permane.
L’acqua entra nelle fessure e provoca due effetti dirompenti.
In prima battuta penetrando nelle fratture provoca una sovrapressione che porta a destabilizzare gli ammassi rocciosi circostanti.
In seconda battuta l’acqua che penetra nelle fratture provoca il riscaldamento del ghiaccio, degenerando la sua funzione di “collante”.
Si innescano processi che nel lungo termine possono portare a frane anche di grosse dimensioni.
Parlo di acqua di fusione o anche di pioggia, che con temperature elevate cade anche in alta quota.
La frana rappresenta l’evento finale di un processo di degenerazione della stabilità della roccia, ma i problemi per l’alpinista si verificano molto prima, quando la fusione della neve inizia a destabilizzare l’ammasso roccioso, soprattutto dove questo è maggiormente fratturato.
Non ci sono enti o strutture che fanno bollettini sulla percorribilità delle vie.
L’unico sistema per regolarsi è valutare i bollettini meteo che indicano sempre dov’è lo zero termico.
Occorre informarsi bene molto bene sulle condizioni della zona, raccogliendo notizie specifiche sulla via che si vuole percorrere, in primis dalle guide alpine e i rifugisti locali, poi anche tramite i social.
Se non si trovano informazioni specifiche, meglio lasciar perdere perché l’unica certezza diventa il caldo anomalo che è un fattore di rischio.
Raccomanderei in particolare di non trascurare, in queste condizioni, le cosiddette banali camminate su ghiacciaio accessibili a chiunque, dove c’è magari una bella traccia che però risale a quando la tenuta della neve era buona.
Ph.: Gettyimages/LeonidKos
Se il manto nevoso è deteriorato da un caldo persistente, che permane anche di notte, i ponti di neve diventano sempre più fragili.
Quindi possono crollare anche al passaggio di un singolo individuo interessando zone molto ampie. In questi casi, essere legato in cordata può non bastare.
Sì, su ghiacciaio ad esempio, è importante trovare la traccia giusta e non seguire semplicemente la più diretta per essere più veloci.
Meglio controllare se c’è una traccia che aggira la zona crepacciata, anche se è più lunga.
Se non si è in grado di fare queste valutazioni, meglio affidarsi a professionisti come le guide alpine.