I cambiamenti climatici sono adesso: azioni concrete non sono più rimandabili

20 luglio 2020 - 17:26

Amiamo la natura, ci vantiamo dello straordinario patrimonio ambientale e paesaggistico dell’Italia e siamo felici che un nuovo modo di viaggiare, lento e sostenibile, si stia facendo largo nel nostro paese.

Nonostante questo, però sembra non interessarci della tutela di questo delicato ecosistema, a meno che non ci sorprendano, violenti e improvvisi, devastanti eventi naturali che nel giro di pochi minuti ci fanno capire l’urgenza di tutelare l’ambiente e contrastare i cambiamenti climatici.

Già negli anni ’60 si parlava dell’effetto serra, del riscaldamento globale e degli effetti che questi fenomeni avrebbero avuto sull’ecosistema nel quale viviamo.

Molti organismi internazionali si sono impegnati per promuovere cambiamenti, per esempio l’ONU nel 1995 ha istituito la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Nata a seguito dello storico Summit per la Terra che si è tenuti a Rio de Janeiro nel 1992

Gli stati aderenti a questa convenzione si sono impegnati ad organizzare delle conferenze annuali, le c.d. COP, durante le quali confrontarsi e adottare linee comuni di contrasto ai cambiamenti climatici.

La prima conferenza, la COP 1, si tenne a Berlino nel 1995. Fu raggiunto il primo importante passo di riconoscere l’urgenza del contrasto ai cambiamenti climatici e l’importanza di adottare azioni comuni di contrasto.

L’ultima COP, la 26, si sarebbe dovuta tenere nel maggio di quest’anno a Glasgow, ma a causa della pandemia è stata rimandata al Novembre 2021. In mezzo due conferenze molto importanti, la COP 3 di Kyoto, in esito alla quale gli stati aderenti firmarono un protocollo vincolante, il c.d. Protocollo di Kyoto, e la COP 21 di Parigi.

Nella capitale francese si celebrò una delle conferenze più importanti degli ultimi anni

Una delle conferenze più importanti è stata la COP 21 di Parigi, quell’anno al tavolo delle trattative sedevano anche i paesi responsabili delle maggiori emissioni di CO2 al mondo, ovvero la Cina e gli Stati Uniti, rappresentati dal Presidente Barack Obama.

Il presidente della conferenza, Laurent Fabius, durante la  di chiusura dell’incontro con le lacrime agli occhi annunciò che era stato trovato tra tutti e i 196 stati della conferenza “Un accordo giusto, duraturo e bilanciato”. Tutto le nazioni avevano riconosciuto i cambiamenti climatici, il fattore umano del fenomeno e la necessitò di porvi rimedio.

Purtroppo, però le cose cambiarono in fretta, Donald Trump venne eletto Presidente degli Stati Uniti e uno dei suoi primi atti è stato ritirare il suo paese dagli impegni presi durante la COP 21.

La politica, purtroppo, cambia idea molto in fretta senza pensare al futuro, i cambiamenti climatici invece no.

Infatti in questi ultimissimi anni si stanno concretizzando, perfino con più veemenza, le previsioni fatte dagli scienziati a Parigi: in assenza di azioni di contrasto in diverse aree del pianeta ci sarebbero stati fenomeni meteorologici distruttivi con sempre più frequenza e di intensità sempre maggiore.

 

Le previsioni si stanno avverando in Italia e nel resto del Mondo

È recente il nubifragio che ha colpito la città di Palermo, un evento improvviso e intenso che ha riversato sul capoluogo siciliano, nell’arco di due ore, la stessa quantità di pioggia che di solito cade in un anno.

Non è un fenomeno isolato, solo in questi primi mesi del 2020 in Italia si sono verificati ben 66 nubifragi con violente precipitazioni oppure con vere e proprie bombe d’acqua, con un aumento del 22% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

Questi i dati, più che allarmanti, di un’elaborazione condotta dalla Coldiretti sui dati dell’European Severe Weather Database (Eswd).

Un errore comune, anzi un vero e proprio bias cognitivo, è pensare che gli effetti di questi cambiamenti in fondo riguardino solo i territori “sfortunati” che ne vengono colpiti e che gli effetti siano limitati a quelle aree.

Il cambiamento climatico sta modificando l’ecosistema in cui viviamo e, pertanto, influisce su tutti gli aspetti della nostra vita. L’Italia ha poi un territorio particolarmente fragile ed esposto agli effetti di questi eventi, nel corso del 2019 abbiamo assistito a numerosi fenomeni che hanno fatto scalpore ma sono presto caduti nel dimenticatoio.

Ci sono state violente mareggiate in Liguria e in Toscana, vere e proprie trombe d’aria in Trentino Alto Adige, alluvioni e allagamenti in Piemonte, Lombardia, Toscana.

Insomma la crisi climatica sta colpendo ogni anno con forza maggiore, dai dati della Società italiana di geologia ambientale risulta che negli ultimi anni ci sono stati ben 620.000 fenomeni franosi che hanno interessato un’area di 24.000 chilometri quadrati pari ad oltre il 7,9% del territorio nazionale.

Nelle aree a rischio idrogeologico e alluvionale vivono quasi 20 milioni di persone, questi fenomeni oltre a mettere a rischio le persone hanno effetti sulla rete viaria e di trasporto, basti pensare che su 7000 chilometri di rete autostradale ci sono oltre 700 punti critici franosi, sui 16.700 km di rete ferroviaria sono circa 2.000 i punti critici per un totale di ben 7.000 chilometri esposti a rischi idrogeologici.

La prova di questa fragilità ci viene data, purtroppo, ancora una volta dalla cronaca. Non sono passati molti mesi dalla caduta di un pezzo di viadotto autostradale sulla A6, l’autostrada Torino – Savona, dovuto proprio al cedimento franoso di una collina vicina all’autostrada.

Il discorso si fa ancora più delicato e importante se parliamo del settore agroalimentare, una delle punte di diamante del made in Italy.

Secondo uno studio dell’Agenzia europea per l’ambiente, l’area mediterranea è soggetta ha intensi effetti dei cambiamenti climatici, che si traducono in desertificazione, ondate di calore prolungate, siccità e dissesto idrogeologico.

In pratica fenomeni meteorologici che erano straordinari stanno diventando ordinari, questo si tradurrà in un inesorabile spostamento verso nord delle coltivazioni. Questo significa che l’Italia potrebbe perdere tra i 58 e i 120 miliardi di euro di valore delle terre agricole.

Nel resto del mondo la situazione non è migliore, anzi…

Il fenomeno è globale, l’aumento delle temperature sta provocando lo scioglimento dei ghiacci antartici su larga scala, con conseguente innalzamento dei mari; l’anidride carbonica emessa dai devastanti incendi australiani ha riversato nell’atmosfera tonnellate di polveri.

Nel 2019 ci sono stati picchi di caldo record in tutta Europa, compresi i paesi nordici, stesse temperature roventi anche in Siberia e Alaska, dove sono divampati anche violenti incendi.

Il fuoco ha bruciato ettari di foreste anche in sud America, in California e in Indonesia. Il costante riscaldamento dei mari ha modificato le correnti oceaniche, l’inquinamento delle acque sta aumentando l’acidificazione e diminuendo l’ossigenazione degli oceani, con impatti negativi sulla vita marina e su quella delle popolazioni costiere.

Inoltre, nel 2019, in crescita rispetto al 2018, in molte parti del mondo ci sono stati eventi meteorologici violenti senza precedenti.

La stagione dei monsoni ha proseguito oltre il suo termine normale in India, Nepal, Bangladesh, Myanmar, con inondazioni che hanno ucciso migliaia di persone e messo in ginocchio l’economia di larga parte di queste aree.

Violente inondazioni ci sono state in Sud america, in Iran in marzo-aprile e negli Stati Uniti con perdite economiche di decine di miliardi di dollari. In altre parti del mondo invece la siccità è stato il problema, enormi porzioni di territorio in Australia, Africa del Sud, Centro America hanno sofferto la mancanza d’acqua.

 

I cicloni tropicali nel 2019 sono saliti a 72 nell’emisfero nord e 27 nell’emisfero sud.

L’insieme di questi fenomeni sta mettendo a rischio l’agricoltura, la biodiversità e la salute di milioni di persone, anche nel continente europeo e nelle aree del mediterraneo.

I cambiamenti climatici impattano su tutti gli aspetti dell’economia e della vita delle persone.

Diffusione di malattie ed epidemie, il legame tra diffusione del Coronavirus e inquinamento è stato provato scientificamente, filiera agroalimentare, biodiversità, infrastrutture, trasporti, fenomeni migratori, benessere economico.

 

L’unica differenza la possiamo fare noi, cittadini. Diventando più consapevoli

Le azioni di contrasto ai cambiamenti climatici sono insufficienti, la colpa però non è degli stati o della classe politica ma dei cittadini.

La politica, oggi più di ieri, cerca di soddisfare ogni necessità e istanza che viene dalla popolazione, poco importa se questa sia importante, legittima o totalmente ininfluente sul benessere comune.

Alla politica, tutta la politica, interessa il consenso ed oggi il consenso si ottiene con un’attività quotidiana, con una marcatura a uomo di ogni bisogno o istinto espresso dai cittadini.

Non importa la natura di questo bisogno, potrebbe essere perfino autodistruttivo per la popolazione, ma soddisfarlo (o annunciare di farlo) fa guadagnare consenso e questa è l’unica moneta che interessa.

Ogni cittadino dovrebbe capire che la lotta al cambiamento climatico è la priorità del mondo, di ciascuno essere umano.

I fenomeni climatici distruttivi sono sempre più frequenti e violenti, oltre le previsioni degli scienziati, questo vuol dire che ciascuno di noi potrebbe esserne direttamente o indirettamente vittima.

Non fare niente vuol dire sfidare la sorte, o meglio ridere in faccia al pericolo, perché sono rischi attuali che conosciamo bene e li stiamo volontariamente ignorando.

Molti cittadini li considerano fattori secondari, salvo poi piangere quando queste tragedie accadono, improvvise ma prevedibili.

Il nostro futuro, l’economia di un paese come l’Italia, la sicurezza dei cittadini e perfino la salute pubblica sono legati a doppio filo con i cambiamenti climatici.

Milioni di persone rischiano di perdere il lavoro in settori che saranno travolti dai cambiamenti climatici. Le nostre eccellenze esistono grazie al nostro ecosistema: olio, vino, grano e tutti i prodotti della filiera agroalimentare sono in un equilibrio precario.

Possiamo fare qualcosa e lo possiamo fare con lo strumento che è il cuore della democrazia: il voto.

Dobbiamo iniziare a scegliere i partiti politici in base alla serietà e fattibilità del programma elettorale e solo se questo programma metterà al primo posto il contrasto ai cambiamenti climatici, potranno considerarsi seri.

Tutto il resto è secondario, o meglio, ne è dipendente. Una rivoluzione economica, sociale e politica che metta l’ambiente e l’ecosistema al centro avrà effetti positivi enormi per tutta la collettività.

Per questo la collettività non dovrà più accettare di votare rappresentanti che non abbiano un programma serio per tutelare tutti noi.

Nel preciso istante in cui l’ambiente diventerà una priorità di tutti i cittadini italiani allora, quasi per magia, si trasformerà anche nella priorità di tutti i partiti politici. Abbiamo noi le redini del nostro futuro, cambiamo direzione.

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