L’inquinamento potrebbe facilitare la diffusione del Covid-19

Si sta studiando il legame tra le concentrazioni di polveri sottili e la diffusione del Covid-19

27 aprile 2020 - 13:56

Le Polveri sottili, e in particolare il c.d. PM-10 (sigla utilizzata per classificare particelle di particolato), potrebbero essere vettori di diffusione di virus e batteri, tra i quali anche il Coronavirus.

Questo studio spiegherebbe anche la maggiore virulenza e diffusione dell’epidemia nella Pianura Padana.

I ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), insieme a quelli dell’Università di Bologna e di Bari hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle Arpa, le Agenzie regionali per la protezione ambientale, raffrontandoli con le mappe di diffusione del contagio presenti sul sito della Protezione Civile.

Il confronto ha permesso di evidenziare un maggiore diffusione e virulenza del Covid-19 proprio nelle aree con maggiori concentrazioni di inquinanti nell’atmosfera. Lo studio si inserisce nel solco di altre ricerche che hanno accertato come le particelle inquinanti possano essere “portatrici” di virus.

I dati sull’inquinamento

I ricercatori hanno confrontato i dati sul superamento delle soglie di PM-10 nell’atmosfera nelle province italiane con i casi di contagio da COVID-19 pubblicati dalla Protezione Civile.

L’analisi ha mostrato una relazione tra le concentrazioni di PM10 nell’aria, nel periodo 10 e il 29 febbraio, e i casi di COVID-19 aggiornati al 3 marzo.

In Pianura padana si sono osservate curve anomale di crescita dei contagi, proprio in corrispondenza delle aree con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico.

Queste sostanze sembrano dare forte impulso alla diffusione virulenta dell’epidemi., Leonardo Setti dell’Università di Bologna afferma “Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura padana hanno prodotto un’accelerazione alla diffusione del Covid-19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”.

Potrebbe esserci una correlazione tra la concertazione di PM10 nell’aria e la diffusione del virus, come sostiene anche l’altro Ateneo coinvolto nello studio, l’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. E’ necessario ridurre al minimo le emissioni, sperando in una meteorologia favorevole”.

> Leggi anche: le misure di emergenze stanno abbattendo l’inquinamento.

Polveri sottili come “amplificatori” della virulenza

I ricercatori sanno che i virus possono collegarsi alle particelle inquinanti con un processo di coagulazione, e rimanere in atmosfera per ore, giorni o settimane, riuscendo a percorrere anche lunghe distanze.

In attesa del consolidarsi di evidenze a favore di questa ipotesi presentata nel nostro Position Paper, le concentrazioni di polveri sottili possono essere già considerate un possibile indicatore o ‘marker’ indiretto della virulenza dell’epidemia da Covid-19.” questo sostiene Alessandro Miani, presidente della Sima.

Inoltre, in base ai risultati dello studio, l’attuale distanza considerata di sicurezza potrebbe non essere sufficiente, soprattutto quando le concentrazioni di particolato atmosferico sono elevate.

I dati sulle altre infezioni

Queste ricerche sono iniziate molto tempo fa, molto prima della comparsa del Covid-19, infatti si era già riscontrato un incremento della diffusione dei virus in quelle aree del pianeta con alte concentrazioni di particolato nell’atmosfera. Già nel 2010 era stato scoperto che l’influenza aviaria poteva essere veicolata per lunghe distanze attraverso tempeste asiatiche di polveri.

Già nel 2016 gli studiosi hanno accertato una relazione tra la diffusione del virus respiratorio sinciziale umano nei bambini e le concentrazioni di particolato, un virus che causa polmoniti nei bambini e che attraverso le particelle di particolato veniva veicolato in profondità nei polmoni.

Le percentuale di PM10 e PM2.5 nell’atmosfera è stata anche la causa accertata dell’elevata diffusione giornaliera del virus del morbillo in Lanzhou (Cina).

> Leggi anche: il mondo si ferma e il pianeta torna a respirare.

La situazione oggi senza traffico

Se dovesse definitivamente provarsi il collegamento tra livelli di inquinamento e diffusione del Coronavirus, l’attuale abbassamento della cappa di inquinamento nella Pianura Padana, dovuto al blocco di attività, potrebbe essere un fattore positivo per rallentare la diffusione del virus.

Questo può essere vero in parte, i livelli di particolato nell’aria rimangono molto alti nonostante la riduzione delle emissioni. Infatti la Pianura Padana, per una questione orografica e di stagnazione dell’aria, fatica a “smaltire” i livelli di particolato nell’atmosfera, sarebbero necessari fenomeni atmosferici come piogge, temporali e vento.

 

La necessità di ridurre i livelli di inquinamento

I dati scientifici che legano la diffusione di infezioni virali ai livelli di particolato atmosferico, rendono ancora più urgenti interventi di contenimento dell’inquinamento e delle emissioni, i ricercatori hanno redatto un Position Paper sollecitando misure restrittive, un documento che viene presentato come: “Il frutto di uno studio no-profit che vede insieme ricercatori ed esperti provenienti da diversi gruppi di ricerca italiani ed è indirizzato in particolar modo ai decisori”.

Una volta terminata questa emergenza, sarà importante lavorare per prevenire altre situazioni di questo tipo. Ancora una volta proprio l’inquinamento e i conseguenti mutamenti climatici sembrano essere le principali cause di molte delle emergenze della nostra epoca.  Riusciremo a fare tesoro di questa esperienza per riuscire finalmente a porre rimedio a questi fenomeni?

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