Hikers walk to Everest Base Camp during Everest Base Camp trekking in Nepal. - Foto Getty Images
In Nepal la situazione pandemica nelle ultime settimane è andata fuori controllo, nel paese la curva dei contagi è cresciuta in modo esponenziale e ha travolto il fragile sistema sanitario nazionale.
I posti in terapia intensiva sono esauriti, anche i posti letto negli ospedali sono quasi terminati, mancano farmaci e soprattutto l’ossigeno, essenziale per trattare i pazienti Covid.
In queste stesse settimane nel paese stanno arrivando numerose spedizioni internazionali con alpinisti che puntano a salire sulla vetta dell’Everest. Per affrontare questa scalata è necessario avere l’aiuto dell’ossigeno, per poter camminare e respirare nell’atmosfera rarefatta degli 8 mila metri.
Proprio alla luce della grave situazione sanitaria, la National Mountaineering Association ha fatto un appello a tutte le spedizioni affinché portino le bombole di ossigeno vuote a valle e le consegnino alle autorità.
Queste bombole sono più piccole e con caratteristiche diverse rispetto a quelle utilizzate negli ospedali, ma la scarsità di materiale medico e di posti letto le rende essenziali per le terapie domiciliari.
Dopo che l’anno scorso il Nepal aveva sospeso la stagione alpinistica, quest’anno il Governo ha deciso di aprire agli arrivi internazionali, ponendo però alcune regole: quarantena obbligatoria all’arrivo o la dimostrazione di essere stati vaccinati.
La situazione nel paese fino a qualche giorno fa era sotto controllo, a marzo i contagi erano ancora bassi e la situazione sanitaria era migliore rispetto a molti altri paesi.
L’esplosione dell’epidemia in India, che condivide con il Nepal un confine piuttosto aperto, ha provocato un’impennata nei casi anche nel paese.
L’economia nepalese dipende in buona parte dal turismo alpinistico e outdoor, per questo le autorità hanno deciso di tenere aperte le frontiere per gli arrivi internazionali.
Peraltro il problema è principalmente interno, buona parte degli alpinisti che arrivano dall’America e dall’Europa sono già vaccinati, mentre le dosi di farmaco arrivate in Nepal sono ancora scarse e la popolazione è esposta all’infezione.
Il moltiplicarsi dei focolai ha rapidamente saturato il fragile sistema ospedaliero e oggi il paese chiede aiuto anche ai viaggiatori che arrivano dall’estero.
Serve ossigeno, non si trovano bombole per le terapie intensive e nemmeno per curare i pazienti a casa. Per questo diventano preziose anche quelle utilizzate dagli alpinisti in alta quota.
Le leggi nazionali vietano di abbandonare rifiuti sulle montagne, comprese le bombole di ossigeno, ma ancora oggi questa pratica è diffusa tra gli alpinisti che per affrontare la discesa cercano di liberarsi di tutto il superfluo.
Quelle bombole adesso possono fare la differenza, infatti possono essere riempite e destinate ai malati che si trovano a casa.
Il Nepal è un paese povero che dipende dal turismo, ora però è inammissibile vedere migliaia di bombole andare in alta quota per assistere ricchi alpinisti occidentali in cerca del brivido della vetta mentre nelle città nepalesi non si trova ossigeno per far respirare i malati.
Le autorità hanno stimato che in queste settimane siano oltre 4 mila le bombole già impiegate sull’Everest, un numero che potrebbe fare la differenza.
Molte società di spedizione si sono però già impegnate a riportare a valle il materiale, intanto la vicina Cina ha promesso di inviare nel paese 20 mila bombole per uso medico e 100 ventilatori per la terapia intensiva.
In attesa che il numero dei vaccinati cresca e che l’epidemia torni sotto controllo le spedizioni non si fermano, il COVID è arrivato anche al campo base per l’Everest.
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