Diverso, estraneo, alieno. Un essere vivente che appartiene ad altri ambienti, ad una diversa realtà sociale, addirittura un qualsiasi individuo di provenienza esterna al pianeta Terra… In questo caso il termine “alieno” è riferito ad animali e piante che non appartengono al loro originario spazio vitale perché introdotti e diffusi volutamente o accidentalmente proprio dall’uomo. Specie che nulla avrebbero a che fare con le risorse e gli equilibri dell’ambiente dove si svolge la loro vita e che, peraltro, possono contribuire al suo degrado e distruzione. Non solo: le specie aliene oltre a minacciare la biodiversità del nostro Paese, possono avere un impatto negativo sulla salute e il benessere dell’uomo.
È quindi necessario che tutti i cittadini siano opportunamente informati sulle conseguenze di alcuni comportamenti a rischio, che potrebbero favorirne l’introduzione e la diffusione. Le aliene infatti sono in grado di causare ingenti danni economici alle attività produttive, possono contribuire alla diffusione di malattie e parassiti dannosi a tutti gli esseri viventi, uomo compreso.
A preoccupare la diffusione di una specie aliena non è il fenomeno in sé, che esiste da sempre (in fondo anche il pomodoro e la patata in Europa, così come il cipresso in Toscana, sono specie vegetali aliene), ma le proporzioni che ha assunto. Negli ultimi 30 anni le specie alloctone sono aumentate del 76 per cento.
Un ingresso così massiccio in un arco temporale ridotto determina un notevole impatto sugli ecosistemi, soprattutto là dove gli ambienti risultano già fortemente alterati per azione dell’uomo e dunque sono più vulnerabili.
La differenza sostanziale tra specie native e aliene è che queste ultime, per definizione, non si sono evolute insieme alla comunità di specie animali e vegetali che fan parte dell’ecosistema in cui sono state introdotte, per cui la loro presenza può causare squilibri più o meno seri in seno a tali comunità, e nei casi più gravi possono determinare la scomparsa delle specie più sensibili e vulnerabili, e in alcuni casi il collasso dell’intero ecosistema.
Un esempio recente è dato dal calabrone asiatico, predatore di api e capace di uccidere quantità enormi di insetti impollinatori, inclusi bombi e farfalle. Questo naturalmente può provocare gravi danni anche alle piante la cui sopravvivenza dipende dall’impollinazione degli insetti. Può inoltre rovinare i frutti di cui si nutre, danneggiando in tal modo i raccolti, facendo subentrare problemi di ordine alimentare nonché economici.
Sono soprattutto gli organismi di piccole dimensioni i più pericolosi per la biodivesità, quelli che più facilmente riescono a passare inosservati da un continente all’altro attraverso il trasporto di merci o di persone.
Il fenomeno delle invasioni biologiche può assumere contorni decisamente allarmanti negli ecosistemi insulari perché sono formati da un numero più ridotto di specie animali e vegetali e risultano dunque più fragili.
Nel nostro Paese da diversi anni sono in corso progetti per rimuovere ratti, conigli, capre, piante alloctone per tutelare la fauna e la flora spontanee. La rimozione del ratto, in particolare, ha avuto effetti molto positivi sulla riproduzione di uccelli marini, come le berte, che nidificano al suolo e che subiscono la predazione sui pulcini e sulle uova da parte di questi roditori introdotti dall’uomo ormai da tempo: all’isola di Montecristo ad esempio, dopo un piano di derattizzazione le berte minori sono tornate a nidificare (uova e pulli erano aggrediti e divorati dai ratti..).
In Italia non esistono studi esaustivi sull’impatto economico delle specie aliene, ma alcune stime possono fornire un’idea dell’ordine di grandezza dei danni associati a questo problema. Un esempio è quello della nutria, grosso roditore di origine sudamericana, responsabile di ingenti danni all’agricoltura e agli argini di canali e corsi d’acqua. Complessivamente, tra il 1995 e il 2000, l’impatto economico di questa specie è stato stimato in oltre 11 milioni di euro, senza contare i 2,8 milioni di euro necessari per il controllo delle sue popolazioni.
I numeri danno una mano a capire la gravità di un problema che preoccupa moltissimo biologi ed esperti di tutto il mondo. Ad esempio, secondo alcune ricerche, in 170 delle 680 estinzioni conosciute nel regno animale per le quali sono note le cause, ben il 54% include le specie aliene, e in 1 caso su 5 le specie aliene invasive sono addirittura l’unica causa riportata!
Nutrie, visoni, scoiattoli grigi, gamberi blu, piccoli insetti colorati e piante dai fiori meravigliosi, sono tante le specie che costano ogni anno 12 miliardi di euro in tutta Europa. Nella stima, quasi sicuramente al ribasso, sono inclusi i costi di eradicazione ma anche i danni all’agricoltura, alla pesca, alle foreste e alle infrastrutture.
D’altra parte le eradicazioni, in un ambiente oramai privato dei naturali predatori, sono uno dei pochi interventi che garantisce risultati tangibili immediati nel campo della biologia della conservazione: un’analisi della lista rossa dell’IUCN ha mostrato che ben 11 specie di uccelli, 5 di mammiferi e una di anfibi hanno migliorato il loro stato di conservazione proprio a seguito dell’eradicazione di specie aliene invasive.
La prevenzione rappresenta certamente l’arma più efficace per affrontare questo serio problema e limitare i danni complessivi che esso comporta. Tra tutte le opzioni possibili è inoltre quella di gran lunga più economica, nonché quella eticamente meno problematica.
La prevenzione può essere effettuata attraverso due strade: attuando iniziative che riducano il rischio che nuove specie arrivino nel nostro Paese e migliorando lo stato di conservazione dei nostri ambienti naturali e agricoli: più un ecosistema è complesso e strutturato, più è difficile che una specie estranea possa insediarvisi con successo.
Poco tempo fa, grazie ad una speciale trappola, i ricercatori sono riusciti a scoprire che nel porto di Civitavecchia era arrivato anche un esemplare di scarabeo Ataenius, probabilmente dagli Stati Uniti. Era il primo in Europa. Il povero scarabeo non ha fatto a tempo a riprendersi dal jet-lag che è stato catturato. Tanti altri animali e piante invasive però godono di ottima salute, e lentamente, mettono in pericolo la fauna e la flora del nostro Paese.
In Italia il Regolamento UE 1143/2014 è applicato attraverso il Decreto Legislativo 230 del 15 dicembre 2017, che ha introdotto numerose prescrizioni per evitare che le specie siano introdotte accidentalmente o volontariamente, o che si diffondano ulteriormente. I cittadini che possiedono animali o piante appartenenti alle specie di cui la detenzione è vietata, devono farne denuncia entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo, e potranno poi detenerli fino alla loro morte naturale, purché non li facciano riprodurre, evitino rischi di fuga e non li rilascino nell’ambiente. Il Decreto Legislativo introduce anche specifiche sanzioni penali e amministrative. Ad esempio, l’allevamento, la vendita o il rilascio nell’ambiente di specie di rilevanza unionale è punita con l’arresto fino a tre anni o con l’ammenda da € 10.000 a € 150.000.
Sul numero 301 di TREKKING&Outdoor abbiamo approfondito l’argomento.
Un sentito ringraziamento al Museo di Storia Naturale “Giacomo Doria” di Genova per la consulenza scentifica e all’Associazione Culturale “Sagittaria” (http://www.sagittariarovigo.org) per la collaborazione.
In tabella è riportato l’elenco completo delle 49 specie presenti nella lista di rilevanza unionale. Le specie aliene invasive di rilevanza unionale sono quelle specie aliene invasive i cui effetti negativi sono talmente rilevanti da richiedere un intervento coordinato e uniforme a livello di Unione Europea.
PIANTE
PESCI
ANFIBI
RETTILI
UCCELLI
MAMMIFERI
Bibliografia:
Scalera R., Bevilacqua G., Carnevali L. e Genovesi P.
(a cura di) 2018. Le specie esotiche invasive: andamenti, impatti e possibili risposte. ISPRA. pp 1-121.
Da quando, nella casa dei nonni sull’Appennino Ligure, ancora bambino ebbi la fortuna di intravedere il mio primo lupo non ho più smesso di girovagare con una macchina fotografica al collo; quel lupo solitario accese in me un amore sproporzionato per la natura ed una passione sfrenata per la fotografia che neanche le più torride giornate passate in palude o le più fredde albe in attesa di un gallo cedrone sono riuscite, nonostante l’età, ad assopire. Da oltre 25 anni da quel incontro palpitante, mi dedico professionalmente alla fotografia naturalistica con particolare impegno nelle tematiche ambientali, Collaboro con diversi Enti Governativi sia italiani che stranieri ed agenzie fotogiornalistiche cercando di contagiare i più con la mia lucida “follia green”; i mie articoli e le immagini di natura sono pubblicate su numerose riviste internazionali di natura e viaggi.
Sono convinto che la natura abbia sempre e solo da insegnarci, basta solo ascoltarla. Penso che osservare un animale attraverso l’obiettivo senza essere visti e senza disturbarlo, sia la vera essenza del fotografo di natura.
Massimo Piacentino
Il palcoscenico è immenso, le sue comparse anche, Piacentino lo sa! C’è una gioia grande e la si percepisce, quando Massimo parla di natura. È bello averlo nel nostro team!
La redazione