GROENLANDIA: L’Isola più estesa al mondo

18 marzo 2020 - 11:51

Il ghiaccio che si crepa e cade in acqua. E’ il fragore del tuono, minaccioso e improvviso. Nasce nel nulla e scompare nel nulla. E poi il silenzio assoluto, trafitto da un vento freddo e pungente.

Con lo sguardo si cerca il limite, e l’oltre. A piedi, salendo dalla costa, con racchette da neve se necessario, si raggiunge il deserto di ghiaccio a 1.000 m di altitudine, attraversando a passo lento, sulle rotte dei grandi esploratori, burroni, crepacci, ghiacciai, laghi glaciali e fiumi avvolti da una natura tanto suggestiva quanto minacciosa, imprevedibile, ostile.

Qui tutto è essenziale, senza spazio per il superfluo. Un paesaggio quasi lunare intervallato da lingue glaciali e dai “nunataks”, le spettacolari formazioni di roccia che si ergono all’interno delle calotte polari.

Sulle mappe l’Inlandis è il “Territorio Inesplorato”, uno dei luoghi più misteriosi e meno visitati del pianeta, uno sconfinato ghiacciaio che si estende per 2650 km da nord a sud e per 1000 km da est a ovest, che in certi punti raggiunge uno spessore di circa 3 km, artefice di uno schiacciamento al centro che scende a –360 m sotto il livello del mare e un innalzamento nel settore orientale fino a 3.700 m di altezza.

Suggestivi canaloni e profondi fiordi portano al mare lingue di ghiaccio, trasformate in enormi iceberg azzurro turchese galleggianti su uno dei mari più pescosi del mondo.

Ma per una manciata di settimane l’anno, da fine giugno a inizio settembre, aspettando il sole di mezzanotte nella breve estate artica, la terra più a nord del pianeta si ricopre di fiori e bacche, regalando colori inaspettati.

L’isola più estesa del mondo, ricoperta per l’85 % del territorio – quasi tutto compreso oltre il Circolo Polare Artico – da una coltre perenne di ghiaccio spessa anche alcuni chilometri, iniziata a formarsi 3 milioni di anni fa, fu il rifugio inospitale di Erik il Rosso, condottiero e navigatore normanno, latitante per omicidio, che nel 982 approdò lungo un fiordo vicino a Qaqortoq, percorrendo 300 km dall’Islanda con un gruppo di scandinavi, i Vichinghi, che la trovarono apparentemente disabitata.

La chiamò Grænland, terra verde, perché, diceva, “se questo luogo avesse avuto un nome positivo la gente ne sarebbe stata attratta”.

Oltre 4.000 scandinavi si stabilirono in Groenlandia senza mai adattarsi alla vita nelle sue condizioni più estreme. Nei fiordi costieri riparati i Vichinghi allevarono pecore e bovini, edificarono chiese e fattorie, barattando pelli di foca e avorio di tricheco con legname e ferro provenienti dall’Europa, resistendo per oltre quattro secoli.

Poi, com’erano arrivati, altrettanto improvvisamente, svanirono. I due figli di Erik il Rosso all’inizio del 1000 si spinsero ancora più ad ovest, arrivando a scoprire Terranova e la baia del fiume San Lorenzo in Canada, cioè a scoprire l’America cinque secoli prima di Colombo.

Nel 1200 sbarcarono dal Canada settentrionale gli Inuit, discendenti diretti dei groenlandesi, portando con sé le slitte trainate da cani, i kayak e altri strumenti essenziali per cacciare e pescare nell’Artico, sfruttando le risorse locali.

Il Sud della Groenlandia si sta riscaldando al doppio della velocità rispetto a gran parte del resto del mondo e la coltre di ghiaccio, che contiene circa il sette per cento dell’acqua dolce del pianeta, si sta riducendo di circa 200 chilometri cubi l’anno.

Ma lo scioglimento dei ghiacci artici ha già cominciato a facilitare l’accesso al petrolio, al gas e alle risorse minerarie che potrebbero offrire alla Groenlandia l’indipendenza finanziaria e politica a cui aspira la sua popolazione, appartenente al Regno di Danimarca, che ne controlla finanze, politica estera e difesa.

In aereo da Reykjavik si atterra a Narsarsuaq (“La grande piana”) in fondo ad un fiordo che sbocca nel Mare del Labrador, il più importante centro dell’isola ai tempi dei Vichinghi, e da qui si prosegue navigando su grossi gommoni con motore fuoribordo e chiglia rigida adatti ad un massimo di 14 persone, lungo il fiordo Tunulliarfik, adornato da iceberg frammenti della calotta polare, veri monumenti di ghiaccio che galleggiano nel mare calmo, alla deriva, levigati dalle onde e dal vento.

Testo e foto:
Laura Colognesi e Maurizio Levi

– I Viaggi di Maurizio Levi – www.viaggilevi.com –

Se ti è piaciuto il racconto di questa terra, leggi la seconda parte del reportage

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