Siti UNESCO: camminare nelle memorie del Tempo

19 marzo 2020 - 14:25

Camminare nei siti Patrimonio dell’Umanità: continua il nostro viaggio tra i siti Unesco che offrono la possibilità di camminare nelle memorie del tempo…

Da nord a sud, l’Italia è da sempre un’inesauribile miniera di bellezze paesaggistiche e artistiche da conoscere, tutelare e tramandare ai posteri. Non è certo un caso che la penisola sia in testa alla classifica delle nazioni con il maggior numero di siti Patrimonio dell’Umanità!

Noi di TREKKING&Outdoor abbiamo dedicato diversi articoli ai siti UNESCO, in particolare, in questo vogliamo proporvi tre diverse opportunità per camminare tra siti archeologici immersi in contesti naturalistici e paesaggistici da far invidia a tutto il mondo. A guidarci questa volta sono Alfonso Lucifredi, Domenico Cacioppo e Pietro Labate con tre servizi dedicati ad altrettante aree archeologiche: andiamo in Sicilia con Domenico Cacioppo per vedere da vicino la Valle dei Templi agrigentina, mentre Alfonso Lucifredi ci conduce in Sardegna in visita dell’imponente nuraghe di Barumini. Il nostro viaggio si conclude nel centro Italia, con le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia descritte da Pietro Labate

Sicilia: la Valle dei Templi, magica testimone della civiltà greca

La Valle dei Templi, situata a sud della città di Agrigento, rappresenta uno dei luoghi più affascinanti e visitati di tutta l’isola, in quanto offre una delle più importanti testimonianze della presenza degli antichi greci nell’Italia meridionale

In questa valle, intorno al V secolo a.C., furono eretti bellissimi templi in stile dorico, la cui visita è di sicuro interesse storico, architettonico e, soprattutto al tramonto, di notevole impatto emotivo. Da qui scorgiamo il mare a sud e i grandi palazzi della città a nord. Racchiuso nel mezzo vi è il parco archeologico, uno dei siti più rappresentativi della civiltà greca classica, inserito nel 1997 dall’UNESCO nell’elenco dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Sul terreno sono sparse migliaia di tonnellate di pietra, un tempo utilizzata per erigere templi ed edifici del centro di Akragas, zona di confine tra la Sicilia Greca e quella Cartaginese. Il territorio del Parco si sviluppa su circa 1300 ettari ed è attraversato dai fiumi Akragas, sul lato meridionale, e Hypsas, sul lato di occidente; a nord si staglia la Rupe Atenea, su cui sorge l’attuale Agrigento, mentre a sud, per un breve tratto, si scorge il Mediterraneo.

Il mandorlo e l’olivo prevalgono su seminativi e vigneti, mentre in prossimità dei fondovalle sono presenti giardini e orti con numerose specie da frutto tra cui agrumi, fico e melograno, che, per maestosità e portamento nonché per il contesto culturale e paesaggistico in cui si trovano, sono stati inseriti nell’elenco de “I grandi alberi di Sicilia”.

Sin dall’antichità, la vegetazione della Valle dei Templi ha affascinato gli scrittori classici come Diodoro Siculo (sec. I a.C.) e il geografo Al Idrisi (1138). Questa ricchezza di vegetazione, assieme alle magnifiche testimonianze dell’architettura greca, spinsero, tra il XVIII e il XIX secolo, viaggiatori di diversi Paesi europei a visitare la Sicilia, incantati, una volta sul posto, dal fascino di ogni elemento del paesaggio: i templi, il mare, i colori del cielo, la varietà di piante e i sapori dei prodotti della Valle. Più recentemente scrittori ed artisti, tra cui Pirandello, Lo Jacono e altri, hanno immortalato, attraverso racconti e immagini pittoresche, ambienti e paesaggi della Valle dei Templi, dove la natura e l’archeologia si fondono in un sistema dal valore ambientale, scientifico e culturale che merita di essere scoperto in prima persona.

Testo di Domenico Cacioppo / Foto di Domenico Cacioppo e Enrico Bottino

Il nostro itinerario

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Patrimonio dell’Umanità: L’AREA ARCHEOLOGICA DI AGRIGENTO

Anno di iscrizione: 1997 / Area di riconoscimento UNESCO: 1,869 ha / Area tampone: 934 ha

La colonia greca fondata nel VI secolo a.C. è divenuta una delle principali città del bacino mediterraneo. I resti dei magnifici templi dorici che dominano la città antica, una parte della quale è ancora sepolta e intatta sotto i moderni campi e frutteti, testimoniano la sua supremazia e fierezza. Una serie di accurati scavi nella zona ha fatto luce sulla città ellenistica e romana e sulle pratiche di sepoltura degli abitanti paleocristiani.

Sardegna: Su Nuraxi, viaggio nel cuore antico dell’Isola

Nell’entroterra remoto del Medio Campidano, nelle vicinanze di Barumini, è possibile entrare in contatto con la testimonianza archeologica di un imponente villaggio nuragico che ci proietta, con la mente e con le sensazioni, ad un mondo arcaico fatto di pietra e bronzo

La terra di Sardegna ha mille storie da raccontarci, ma tra le tante una è legata ad un passato lontano, lontanissimo, remoto sia nel tempo che nello spazio. Legata a doppio filo ad un’isola che ha sempre vissuto una storia a sé stante, la civiltà nuragica rappresenta un caso unico e isolato all’interno dell’intero bacino del Mediterraneo.

Questa cultura ebbe origine nell’Età del Bronzo, a partire da quasi 4000 anni fa, e popolò le terre sarde per un periodo di tempo durato oltre 15 secoli, fino al sopravvento dei Cartaginesi prima e dei Romani poi, che segnarono la sua progressiva scomparsa. Di questa civiltà remota non ci sono rimaste testimonianze che non fossero vestigia architettoniche o reperti in bronzo come statue e monili, al punto che per gli studiosi è stato problematico ricostruire gli eventi storici e gli aspetti sociali legati alle tribù del tempo. Ciononostante, l’isola è tuttora impregnata della memoria di quella cultura arcaica, come dimostra la presenza dei suoi monumenti megalitici, maestosi e di incomparabile fascino, che ancora oggi sono in grado di sorprendere con il loro aspetto inconfondibile: i nuraghes hanno una struttura massiccia, generalmente a tronco di cono, e sono costituiti da muri a secco di blocchi di roccia squadrati, grossi alla base e di dimensioni decrescenti verso l’alto, forse per facilitare il loro trasporto durante la costruzione.

Tra questi, il complesso nuragico di Barumini, noto come Su Nuraxi, è il più grande e meglio conservato di tutta la Sardegna. Le dimensioni maestose e la posizione sopraelevata, da cui domina la piana circostante, lo rendono riconoscibile anche da grandi distanze: cinque torri, di cui una centrale suddivisa in tre camere e alta quasi 20 metri, costituiscono la massiccia struttura del nuraghe principale, edificata circa 3500 anni orsono e più volte rimaneggiata nel corso dei secoli. Al suo interno è presente un cortile con pozzo tuttora funzionante, mentre intorno alla costruzione si nota una cerchia difensiva composta da sette torri unite da mura rettilinee. All’esterno si sviluppa un fitto villaggio di una cinquantina di capanne, ciascuna costituita da una singola camera circolare composta da pietre a secco, originariamente chiusa da un soffitto di legno, ormai disgregato da secoli di usura.

Nonostante l’incredibile stato di conservazione di tutto il complesso, gli interrogativi degli studiosi sulla sua reale funzione, così come quella degli altri 7000 nuraghes sparsi sul territorio sardo, sono ancora molti: si vaga nel campo delle ipotesi, e se tra queste le più accreditate si rifanno ad una fortezza militare o anche a un luogo di culto, in tempi recenti sempre più spesso si è parlato di costruzioni con funzioni multiple, tra cui quella di semplici abitazioni, come testimonierebbe nel caso di Su Nuraxi la presenza di un villaggio edificato tutt’intorno alla struttura principale, destinato a ospitare i cittadini, mentre il nuraghe stesso era forse riservato al capo tribù. Riportato completamente alla luce negli anni ‘50 del Novecento, il sito è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997, per rappresentare il genio creativo dell’uomo, per essere testimonianza di una civiltà scomparsa oltre che un prezioso esempio di architettura preistorica straordinariamente conservata.

Il fascino dell’area dove sorge il complesso nuragico di Barumini non è legato esclusivamente alla storia antica di Su Nuraxi , ma anche alle bellezze naturali: il sito UNESCO si trova infatti ai piedi dell’altopiano della Giara, un massiccio di 45 chilometri quadrati che si erge a circa 600 metri di quota, oggi tutelato dal Parco omonimo.

Testo di Alfonso Lucifredi / Foto di Archivio Fondazione Barumini

Il nostro itinerario

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Patrimonio dell’Umanità: VILLAGGIO NURAGICO DI BARUMINI

Anno di iscrizione: 1997 / Area di riconoscimento UNESCO: 2,33 ha / Area tampone: 3,92 ha

Verso la fine del secondo millennio a.C., in piena Età del Bronzo, una tipologia di architettura unica al mondo, il nuraghe, si sviluppò sul territorio della Sardegna. Questo tipo di costruzione consisteva in torri difensive di forma troncoconica, realizzate in pietra viva, con camere di varie dimensioni all’interno. Il complesso presente a Barumini, esteso e rinforzato nel corso del I millennio a.C. sotto la pressione dei Cartaginesi, è il più completo e meglio conservato di questo pregevole esempio di architettura preistorica.

 

Lazio: Cerveteri e Tarquinia, alla scoperta delle necropoli etrusche

Prima dell’avvento di Roma, gli Etruschi imposero per secoli il loro predominio sulle terre laziali, umbre e della bassa Toscana. Le necropoli di Cerveteri e Tarquinia fanno parte delle più importanti testimonianze archeologiche di questo
antico popolo e della loro splendida architettura funeraria

Per gli Etruschi la morte non costituiva la fine della vita, ma solo un passaggio. Per questo motivo i loro cimiteri erano vere e proprie “città dei morti” (necropoli deriva proprio da nekros “morto” e polis “città”), che ricalcavano spesso la struttura dei centri abitati dei vivi.

Le tombe erano quasi sempre sotterranee, segnalate in superficie dalla presenza di un tumulo a forma di collinetta, in certi casi anche di grandi dimensioni. Al loro interno riproducevano appunto le forme delle abitazioni reali e conservavano oggetti di vita quotidiana come stoviglie, armi o gioielli: questi reperti hanno fornito un prezioso aiuto a storici e archeologi per ricostruire gli usi e i costumi tipici della civiltà etrusca, le cui origini sono ancora avvolte nel mistero, trattandosi di un’entità culturale e linguistica unica in tutta l’area mediterranea. Nel 2004 l’UNESCO ha dichiarato le necropoli di Cerveteri e Tarquinia Patrimonio dell’Umanità, ed è stato il primo caso di siti archeologici etruschi a ottenere questo prestigioso riconoscimento. Le necropoli sono talmente conosciute e apprezzate da aver superato in notorietà persino le antiche aree urbane delle città a cui appartengono.

La necropoli dei Monterozzi, costituita da un gran numero di tombe a tumulom, è la più importante e meglio conservata di tutto il mondo etrusco. Gli affreschi all’interno delle camere ipogee – dai colori brillanti e vivaci e dagli evidenti richiami alla pittura greca ed ellenistica – mostrano scene a sfondo religioso con divinità e demoni, immagini di vita quotidiana, caccia, musica, danze e lotte. Alcune delle opere più preziose e delicate sono state rimosse e trasportate al Museo nazionale di Tarquinia, per essere protette dal deterioramento. Le tombe possono essere raggiunte tramite gli stretti corridoi scavati nella pietra, permettendo ai visitatori di osservare da vicino gli affreschi funerari creati tra il VI e il I secolo a.C.. Di particolare pregio sono la tomba delle Leonesse e quella della Caccia e della Pesca (sec. VI a.C.), così come la tomba Cardarelli e quella della Fustigazione. Il turista non può accedere a questi sepolcri per evitare il degrado degli affreschi, comunque ammirabili dalla soglia attraverso una porta a vetri; l’eccellente stato di conservazione di gran parte delle pitture è tale da giustificare appieno questa scelta.

A differenza di Monterozzi, l’aspetto caratteristico della necropoli della Banditaccia non sono gli affreschi funerari, ma l’architettura delle tombe a camera che ricalca le abitazioni dei vivi. La necropoli conta circa 20.000 tombe a camera, edificate sul colle tufaceo che si estende a nord dell’antica area urbana di Cerveteri. Suppellettili, coltelli, tazze e vasi, ma anche opere d’arte e gioielli ritrovati, costituiscono uno dei patrimoni archeologici più ricchi e meglio conservati di tutta la civiltà etrusca. Le tombe più evolute presentavano un corridoio scavato nella pietra chiamato dromos che conduceva ad un ampio atrio da cui si poteva accedere alle singole camere. Tra le numerose strutture presenti all’interno della necropoli, vanno sicuramente ricordate la tomba della Capanna e la tomba dei Capitelli (sec. VI a.C.), la tomba degli Animali Dipinti (sec. VII a.C.) e la tomba dei Rilievi (sec. IV a.C.), che ci mostrano in modo molto chiaro l’evoluzione non solo architettonica ma anche sociale di una civiltà che ci ha lasciato testimonianze forti della propria arte e del proprio misticismo, strettamente legato alla venerazione dei defunti.

Testo di Pietro Labate / Foto di Pietro Labate, Laboratorio del Camminare THESAN e Archivio Trekking&Outdoor

I nostri itinerari

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Patrimonio dell’Umanità: NECROPOLI ETRUSCHE DI CERVETERI E TARQUINIA

Anno di iscrizione: 2004 / Area di riconoscimento UNESCO: 21 ha / Area tampone: 5,786 ha

Questi antichi cimiteri testimoniano le differenti pratiche funerarie etrusche succedutesi dal IX fino al I secolo a.C., e ampie testimonianze dell’elevato livello culturale e artistico raggiunto da queste popolazioni, che in oltre nove secoli di storia svilupparono la prima autentica civiltà urbana nel Mediterraneo settentrionale. Tra le varie tipologie di sepolcri sono presenti anche tombe monumentali, in gran parte scavate nella roccia tufacea e sovrastate da colline artificiali denominati tumuli. Molte di esse presentano al loro interno incisioni, sculture e affreschi.

 

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