Trekking in città: Cefalù

20 maggio 2019 - 16:25

Sulla costa settentrionale della Sicilia c’è un angolo di mare da amare. Un paesaggio straordinario dove la mole della Cattedrale domina incontrastata su Cefalù, la cittadina incastonata tra l’imponente Rocca e l’azzurro del mare.

Due possenti torri campanarie con feritoie, monofore e bifore, sorvegliano il mare, imponenti e severe, quasi da far apparire la stupenda Cattedrale normanna di Cefalù una fortezza inespugnabile anziché la testimonianza della profonda devozione religiosa della popolazione locale. In verità la Rocca, quella vera, si staglia poco più in alto, in posizione dominante sul litorale che va da Capo d’Orlando a Palermo alle distanti vette del Parco delle Madonie.

All’apice della Rocca sorge il Castello, ormai privo della sua originaria funzione di avvistamento e difesa, quando il nemico sbarcava dal mare. Compatta, severa, affascinante, così appare Cefalù a tutti coloro che vi si avvicinano da est seguendo la linea di costa. Giunti in paese non resta che parcheggiare il mezzo motorizzato e, con il passo lento di chi sa apprezzare i dettagli, calarsi in quella atmosfera romantica e suggestiva che aleggia nel centro storico, contraddistinto da strade strette e pavimentate con i ciottoli della spiaggia e il calcare della Rocca.

Una passeggiata lungo questi pittoreschi vicoli sono un rito al quale nessuno può sottrarsi, soprattutto al crepuscolo, quando le calde luci del sole si riflettono sulle chiare case dai balconcini a ringhiera. Ancora pochi minuti e al sopraggiungere della notte le morbide luci dei lampioni risaltano i mosaici di pietra e ciottoli delle tante vie medioevali del centro storico.

È l’ora giusta! Giusta perché Cefalù dopo il tramonto si schiude, si racconta, si concede a tal punto che il turista si ritroverà, come per magia, calato nel Medioevo. Un esempio su tutti di questo viaggio nello spazio e nel tempo è l’antico lavatoio pubblico, chiamato dalla gente del posto “u ciumi”. Un luogo straordinario, soprattutto di sera quando la fioca luce delle lanterne si spinge timidamente sotto le basse volte del lavatoio medioevale, rischiarando le pietre inclinate che servivano un tempo per strofinare i panni, e le vasche alimentate dalle acque del Ceflico, un fiume sotterraneo che nasce dai monti delle Madonie. Un incantesimo, quasi a voler rafforzare la leggenda che vuole queste acque prodotte dal pianto incessante di una ninfa tradita.

Quattro passi a Cefalù

L’immagine di un pescatore che rammenda la rete rende giustizia a questo luogo più di ogni altro tentativo di descrizione turistica di Cefalù. Non basta però! Infatti, una volta superata la periferia dei nuovi edifici e messo piede nella parte antica della cittadina, non si può restare indifferenti a opere artistiche e monumentali uniche, amalgama di stili diversi e risultato della componente culturale araba, bizantina, latina e nordica.

Si può così iniziare dalla perfezione architettonica della Piazza della Cattedrale e dallo skyline di palme e alte torri campanarie che simboleggiano il trionfo delle linee verticali, circoscritte dai palazzi Piraino, Maria e Vescovile.

Corso Ruggero, invece, è la strada principale che taglia in due Cefalù, ossia lo “spartiacque” tra la parte più antica, con contorte viuzze, archi e stretti passaggi, e quella più recente, dal tracciato urbano regolare, con strade perpendicolari tra loro. Il materiale costruttivo resta il medesimo, la “lumachella”, una pietra calcarea locale lavorata e ricca di gusci calcarei e scaglie silicee, formatesi dal lento depositarsi dei sedimenti marini, fluviali e del plancton in un mare poco profondo.

In fondo a Corso Ruggero, voltando a sinistra, verso l’estremità nord del paese, si raggiunge Piazza Crispi, la Chiesa dell’Idria e il Belvedere del Bastione di Capo Marchiafava (sec. XVI). Presso il molo, da Piazza Marina, inizia invece Via Vittorio Emanuele che conserva, subito sulla destra, Porta Pescara, l’unica superstite delle quattro porte medioevali di accesso alla città. Oltre, il mare.

Sempre lungo Via Vittorio Emanuele s’incontra una inferriata e un breve vicolo dalla pavimentazione levigata dal tempo, che da accesso all’affascinante lavatoio di epoca saracena, di cui abbiamo già detto. Poco oltre si stacca la pittoresca Via Mandralisca che conduce all’omonimo Museo, dedicato a Enrico Piraino, barone di Mandralisca, filantropo e mecenate di grande cultura, vissuto nel XIX secolo, al quale si devono le preziose raccolte conservate nel Museo.

La Biblioteca custodisce cinquecentine, incunaboli e altri antichi testi, oltre a una raccolta numismatica ricchissima; singolare una collezione di oltre 20.000 conchiglie provenienti da tutto il mondo. Tra i reperti più spettacolari della ricca collezione archeologica vi è il Venditore di tonno, un cratere a campana a figure rosse del V secolo a.C. raffigurante un venditore di tonno, appunto, immagine simbolica della storia dell’antica Kefalè.

Nella Pinacoteca si ammira il Ritratto di Ignoto, capolavoro di Antonello da Messina (ca 1470), insieme ad altre opere che vanno dall’epoca bizantina al Settecento. Tornati su Via Mandralisca, verso Piazza della Cattedrale, la pavimentazione riproduce lo stemma di Cefalù con tre pesci d’argento ordinati in pergola e col capo rivolto ad una figura centrale, il pane, entrambi simboli cristiani e testimonianza della ricchezza e delle risorse economiche della città.

Nel vicolo opposto a Via Mandralisca si trova l’Osterio Magno (sec. XII e XIV), favoleggiata residenza di re Ruggero – di cui rimane una torre normanna dove si aprono bifore e trifore – oggi restaurato e adibito a spazio espositivo. Accompagnati dal mormorio del mare e dall’odore della salsedine, non resta che gustare i piatti tipici della cucina locale e regionale, in particolare le pietanze a base di pesce fresco e frutti di mare. E ristoranti e trattorie non mancano di certo, come anche pasticcerie e gelaterie.

Indagando a tavola l’armonia delle buone cose e godendosi l’atmosfera dell’ambiente circostante, è facile accorgersi che il gusto di piatti unici e tipici affonda le sue radici nella storia di Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi e Spagnoli: popoli con i quali i siciliani hanno saputo convivere per secoli, riuscendo a impossessarsi dei segreti di cucine vicine e lontane.

Testo e foto di Enrico Bottino

 

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