La Via degli Abati: da Bobbio a Pontremoli sulle tracce di San Colombano

Un antico cammino che ripercorre le orme di San Colombano, un monaco che dall’Irlanda pellegrinò fino a Roma. La Via degli Abati metteva in comunicazione la città di Bobbio con Pavia e Roma. Proprio Bobbio diventò la seconda casa di Colombano e tappa centrale di questo percorso

15 febbraio 2023 - 7:00

Colombano arrivava da una terra lontana, l’Irlanda, passando prima per la Francia in cui, con un gruppo di fedeli, si trattenne per un periodo praticando meditazione e una vita ritirata.

Fu dopo alcuni mesi passati oltralpe che decise di incamminarsi verso Roma, per ricevere la benedizione di Papa Bonifacio IV per la sua “Regola”, non una semplice fede ma una vera e propria legge monastica che imponeva meditazione, ascetismo e preghiera.

Il suo cammino attraverso la Francia aveva coinvolto molti fedeli, che abbracciarono i suoi insegnamenti e fondarono dei monasteri per professare il suo credo.

Arrivato in Italia iniziò a camminare lungo l’Appennino in direzione di Roma.

Dopo aver superato Pavia, e aver attraversato il piacentino, arrivò finalmente alle porte di Bobbio nell’autunno del 614 con il proprio discepolo Attala.

Arrivato in città Colombano si trovò dinanzi ad un borgo ormai abbandonato dalla fede, perfino l’unica chiesa del paese, quella di San Pietro, versava in stato di completo abbandono.

Il monaco non poté restare indifferente e decise di rimanere in città per dare inizio alla ricostruzione della chiesa, che si trovava nello spazio oggi occupato dal castello malaspiniano.

Non si accontentò di ridonare vigore alla vecchia struttura, decise di costruire altri stabili proprio intorno alla chiesa, che andarono a formare il primo nucleo dell’Abbazia di San Colombano.

L’abbazia, in breve tempo, si trasformò nel cuore pulsante della città attraendo viandanti, monaci, pellegrini e mercanti: di li a poco Bobbio sarebbe diventata un centro molto importante sia per i fedeli che per gli uomini di cultura.

Sempre grazie al monaco irlandese, l’abbazia di Bobbio venne infatti dotata di un importante scriptorium ove cominciarono a lavorare numerosi monaci copisti.

Le stanze dell’abbazia furono l’ultima dimora del monaco irlandese che scelse la pacifica Bobbio per trascorrere i giorni conclusivi della sua vita.

Il 23 novembre 615, dopo appena un anno di permanenza in paese, morì lasciando tutta la sua eredità spirituale e materiale ad Attala che divenne il suo successore.

Sia all’esterno che al suo interno la Basilica incute rispetto, non tanto per i suoi ornamenti, che rispecchiano la sobrietà e semplicità dello stile monastico, quanto per il suo significato.

La cripta, per quante essenziale e sobria nello stile, infonde riverenza e soggezione ai visitatori.

Al suo centro si trova il sarcofago che custodisce le spoglie del Santo, nello stesso spazio sono anche custodite le reliquie dei suoi successori: Sant’Attala, San Bertulfo e San Bobuleno.

Sul retro della cripta si trova, quasi nascosto, un capolavoro artistico di grande valore. Si tratta di un mosaico pavimentale che racconta la storia dei Maccabei e raffigura i segni zodiacali.

Bobbio, la porta d’ingresso al cammino

Dopo essere partiti da Pavia e aver toccato Colombarone e Camina, si arriva a Bobbio.

Per alcuni questo borgo rappresente il vero inizio della Via degli Abati, un lugo diventato la seconda casa di San Colombano.

La storia della città poggia e incrocia le sue radici con quelle del Santo che qui decide di stabilirsi dopo un lungo viaggio dalla lontana Irlanda.

Proprio l’influenza dei pellegrini e dei viandanti provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa ha influenzato la tradizione culturale e culinaria della città.

La tradizione conta molte specialità che vanno dai primi ai dolci che si tramandano da molti secoli sulle tavole dei bobbiesi.

Insomma un punto di sosta quasi obbligato per ogni viaggiatore, in cui respirare la storia secolare di San Colombano e gustare piatti come le lasagne alla bobbiese, lo stracotto oppure le tanto rinomate lumache bobbiesi, piatto che viene celebrato ogni anno con una sagra.

La posizione della città, nel cuore dei Colli Piacentini, è ideale per la produzione vinicola, il Gutturnio e il Trebbianino per esempio sono noti in tutta Italia per la loro qualità.

Dopo una sosta tra storia e sapori di Bobbio, si può riprendere il cammino, dall’Abbazia, attraversato il Ponte Gobbo, si prosegue nella Val Trebbia raggiungendo Nicelli.

Un borgo noto per il suo castello, oggi scomparso, che si dice fosse stato un “dono” che l’Imperatore Carlo Magno aveva deciso di fare ai potenti signori dell’alta Val Nure, i Nicelli appunto, per ringraziarli dei loro fedeli servigi.

Uscendo dal paese, dopo qualche chilometro si imbocca l’antica mulattiera che conduce a Groppazzolo, un piccolo borgo fortificato, in cui risiedeva l’omonima famiglia, l’ultimo paese che si incontra prima di giungere a Groppallo (Comune di Farini).

 

Groppallo e la chiesa dei Sassi Neri

Non possiamo sbagliarci, quando ci troviamo dinanzi una chiesa di sassi neri adagiata sul crinale a 1000 metri di altitudine sapremo di essere arrivati proprio a Groppallo.

Un borgo del Comune di Farini che oggi richiama molti viaggiatori che percorrono la Via degli Abati, oltre ai numerosi emigranti che ogni estate tornano, specialmente dalla Francia, dove si è concentrata in misura massiccia l’emigrazione da queste montagne nel primo e nel secondo dopoguerra.

Groppallo in epoca medievale, assieme a Centenaro, costituiva la parrocchia più popolosa dell’alta Val Nure.

In quel periodo le popolazioni della valle preferivano concentrarsi sulle alture, visto che il fondovalle non era un luogo sicuro, i briganti e le loro scorribande rappresentavano un pericolo troppo grande.

Ecco perché i borghi di Nure, Bettola e Ferriere furono fondati solo più tardi, quando la pericolosità in quelle terre era ormai passata.

Dopo aver superato Groppallo e averne ammirato le architetture medievali, il cammino prosegue in direzione Cerreto.

Dopo aver raggiunto e superato il centro storico di Cogno di Grezzo, dopo circa 3 chilometri, si arriva alla chiesa romanica di S. Siro, un punto di sosta quasi obbligato.

Infatti questa piccola struttura domina l’intera Valle del Ceno, uno dei punti più panoramici del cammino, da cui si intravede la fortezza di Bardi, prossima tappa del cammino.

La maestosa fortezza di Bardi

Bardi è davvero un castello da favola, inerpicato su uno sperone di diaspro rosso a picco sul torrente Ceno e domina su una valle tra le più spettacolari di questa parte di Appennino.

I Landi furono i signori di questo borgo dal XIII secolo riuscendo a trasformarla da formidabile fortezza difensiva medievale a patrizia dimora con affreschi e giardini nel Rinascimento.

 

 

Questo castello è avvolto da un alone di mistero tanto che un’equipe di ricercatori di parapsicologia di Bologna lo hanno studiato e hanno fotografato numerose entità che si aggirano nelle antiche sale.

Ad aumentare il mistero inoltre, di recente, è stato ritrovato un antico manoscritto che testimonia l’esistenza di un tesoro lì sepolto.

Lasciata alle spalle Bardi con i suoi misteri, si torna a mettere in fila una passo dietro alto sul crinale dell’Appennino fino a scendere a Rola e alla vicina chiesa medievale di S. Cristoforo, dalla quale si inizia a percorrere l’ultimo tratto di questa tappa che si concluderà a Borgo Val di Taro.

Borgo Val di Taro, regina della Valle

Borgo Val di Taro è il borgo più importante della Valle, da sempre in stretto collegamento con Bobbio e gli Abati che gestivano il monastero.

Infatti già nel IX secolo le oltre 85 famiglie coloniche che coltivavano le terre intorno a questo borgo destinavano la quarta parte dei loro raccolti proprio al Monastero.

La famiglia dei Platoni era feudataria del borgo tra il X e l’XI secolo, erano potenti livellari degli abati di Bobbio; successivamente, approfittando del declino del cenobio, si appropriarono delle terre che avevano in custodia.

Da quel momento in avanti il borgo fu protagonista di una storia travagliata, prima entrò nel dominio del Comune di Piacenza, successivamente dal Ducato di Parma e, infine, la mano dell’impero francese lo strinse fino all’Unità d’Italia.

Queste vicende storiche hanno lasciato un segno marcato nella storia e nell’architettura della città.

Nella parte più antica un tracciato viario, composto da tre lunghe vie parallele, probabilmente frutto di un piano urbanistico realizzato dal Comune di Piacenza per la creazione di un borgo franco.

Gli edifici del ‘500 e del ‘700 sono una delle caratteristiche architettoniche e storiche più interessanti della cittadina:

  • Palazzo Bertucci, costruzione a cinque livelli verso il Taro,
  • Palazzo Manara, sede della Biblioteca Manara che custodisce antichi manoscritti,
  • Palazzo Boveri, straordinario per la ricca decorazione a stucchi inframmezzata dagli stemmi Farnese, Borbone e delle famiglie locali.

Da Borgo Val di Taro riprendiamo il cammino per affrontare la parte finale del tracciato emiliano della Via degli Abati.

Dopo un ultimo tratto di salita valichiamo definitivamente la dorsale appenninica per scendere verso Pontremoli, punto nevralgico di passaggio per pellegrini e commercianti che da nord si dirigevano verso Roma.

Non è infatti solo la tappa finale della Via degli Abati, ma anche un passaggio fondamentale della Via Francigena, persino Sigerico, arcivescovo di Canterbury, nel 990 d.c. durante il suo viaggio per Roma dall’Inghilterra la menzionò nei suoi scritti.

Le tappe della Via degli Abati

  • Tappa 1: Pavia – Colombarone > 23 km
  • Tappa 2: Colombarone – Camina > 20 km
  • Tappa 3: Camina – Bobbio > 25 km
  • Tappa 4: Bobbio – Mareto > 22 km
  • Tappa 5: Mareto – Groppallo > 16,5 km
  • Tappa 6: Groppallo – Bardi > 21,2 km
  • Tappa 7: Bardi – Borgotaro > 33,3 km
  • Tappa 8: Borgotaro – Pontremoli > 33,9 km

 

Emilia Romagna Turismo: la Via degli Abati

Sito associazione La Via degli Abati

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