Liguria: RIVIERA insolita

18 marzo 2020 - 16:27

La Riviera dei Fiori si presenta con due anime distinte, quella celebrata e mondana della costa, e quella inconsueta e magica dell’entroterra dove si scoprono paesi che ad ogni angolo, muro o portone, nascondono liete sorprese.

Il segreto del fascino della Riviera dei Fiori è difficile dall’essere svelato: i visitatori più attenti sono intrigati dalle particolari caratteristiche della zona, dove le antiche tradizioni liguri si fondono con un brillante tono cosmopolita. La Riviera dei Fiori e la Costa Azzurra, in un certo senso si compenetrano in virtù di fitti, costanti scambi culturali e sociali.

L’immagine più rappresentativa, comunemente, è quella costituita dai paesi della costa, dove i primi viaggiatori stranieri, dalla fine dell’Ottocento, accorrevano numerosi a crearsi un piccolo paradiso privato, e lungimiranti uomini d’affari costruivano grandi alberghi, spesso ancora oggi attivi. Ma alle spalle dell’animato prospetto costiero esistono paesi e frazioni dal fascino inconsueto, ognuno dei quali è celebre per una caratteristica peculiare, tutti luoghi dove i caratteri mediterranei e montani si fondono gradevolmente.

In questi luoghi, i pensieri si muovono leggeri, liberi di espandersi e mutarsi a proprio piacimento, senza per questo essere considerati dalla coscienza tempo speso male, tempo perso. Luoghi di silenzio introspettivo, appena compromesso dal rumore dei propri passi lenti, dove la vita frenetica, il frastuono ed il caos cittadino non possono arrivare. Luoghi così, esistono ancora, sono gli innumerevoli paesini che dominano la costa e le montagne alle spalle di Ventimiglia, Sanremo ed Arma di Taggia, andiamoli a scoprire…

Bussana Vecchia e il fascino partorito dal terremoto

E’ il mercoledì delle Ceneri del 1887 quando la messa viene interrotta da una scossa sismica e dall’urlo di don Lombardi “riparatevi sotto le arcate!”. Da allora sono rimasti solo i ruderi della chiesa ma il paese, raso al suolo dai capricci della natura, non è caduto in abbandono. I colori della Riviera e dei monti vicini hanno ispirato la creatività di artisti italiani e stranieri che tra le pietre dell’antico borgo medievale hanno aperto botteghe d’arte e artigianato. Ora l’abitato e le sue case, anche se non più illuminate a lume di candela, emanano un fascino particolare.

Per molto tempo il paese, o meglio quello che ne restava, rimase in completo abbandono, sino a quando, a cominciare dagli anni sessanta, un gruppo di artisti e di artigiani, innamorati del borgo e di quella luce così penetrante, pensò di sfidare il tempo e di ridar vita a quelle rovine, restaurando il nucleo diroccato e insediandovi le proprie botteghe e i propri laboratori.

Ritornarono pian piano l’acqua e l’energia elettrica, e cominciò un’intensa stagione di rinascita con la produzione, originale e apprezzata, di opere d’arte e di artigianato di qualità, grazie alla quale ogni anno Bussana Vecchia riceve quasi duecentomila visitatori. Come in un grande atelier all’aria aperta si possono ammirare e acquistare gioielli in oro e argento, biancheria ricamata, tomboli e pizzi, vasi e ceramiche, intagli di ulivo, quadri e sculture.

Seborga, magnifico luogo di principi

Bordighera, l’assolata “Città delle Palme” che stregò con la sua luce e i suoi colori il pittore Claude Monet, trova le sue radici storiche nella “Magnifica Comunità degli Otto Luoghi”, otto città (ville) che nel XVII secolo si affrancarono dal libero Comune di Ventimiglia per entrare poi con l’avvento napoleonico nella Repubblica Ligure. Sasso, Seborga, Negi, Vallebona, Vallecrosia, San Biagio della Cima, Soldano, Camporosso, e Borghetto San Nicolò, nome ancor oggi ricordato, perché da lì partirono le trentadue famiglie che nel 1470 diedero vita al primo nucleo fortificato dell’odierna Bordighera, nei pressi del promontorio di Sant’Ampelio.

Posto più in alto, in posizione panoramica a dominare la sottostante valle coltivata a mimose e ginestre, il piccolissimo principato di Seborga si distingue dagli altri “luoghi” per il suo affascinante passato. Tutto ebbe inizio alla fine del decimo secolo, allorché l’abate benedettino di Lerino (le isole di Lérins sono in territorio francese di fronte Cannes) acquistò dal conte Guido di Ventimiglia il feudo, fregiandosi del titolo di principe.

L’acquisto, all’epoca, non fu certo un gran affare: alture rocciose, qualche bosco di castagni e pini, un terreno coltivabile solo a prezzo di duro lavoro… ma gli abati di Lerino non si scoraggiarono e finirono per aprire una zecca battendo moneta, alcuni calchi di queste monete sono conservati nel Museo Bicknell di Bordighera.

In breve tempo Seborga, piccola oasi arroccata fra pini marittimi, fece gola a molti: volevano acquistarla la Marchesa di Montespan, favorita del re di Francia, il Principe di Monaco e il marchese Doria di Genova. Dimenticato dal Congresso di Vienna del 1815, oggi il Principato continua la secolare battaglia per l’indipendenza grazie alla tenace volontà dei suoi abitanti e del suo Principato che ha suoi ministri e ambasciatori, emette francobolli e passaporti, ed intende avere di nuovo una sua moneta, il “luigino”.

Un passato glorioso, un futuro che si prospetta esaltante per questo antico borgo che si concentra attorno alla parrocchiale di San Martino e al palazzo dei Monaci con loggiato, in una trama di vicoli oscuri, portici bassi, rozzi acciottolati.

Le porte dipinte di Valloria attraverso la Valle del Prino

Il Prino non è certo uno dei corsi d’acqua più importanti della Riviera di Ponente ma, incuneato com’è fra le valli Impero e Argentina e a pochi chilometri da Imperia, ha pur tuttavia avuto una sua importanza economica in quanto, approfittando delle sue acque, gli abitanti della valle vi hanno sviluppato una fiorente attività frantoiana, abbandonando le pendici più alte dei monti Faudo e Moro, prima abitate, per sfuggire alle frequenti incursioni saracene.

Con la diffusione della coltivazione dell’ulivo ivi portata dai monaci benedettini provenienti dall’isola di Lerino a seguito della cessione a loro favore della chiesa di San Tommaso (1103) e con la conseguente rivoluzione agricola e paesaggistica, il richiamo dei corsi d’acqua di fondo valle si è fatto pressante in epoca medioevale e fortemente condizionante di tutta l’attività economica territoriale.

Le poche case che si ammassano intorno alla chiesa parrocchiale di San Tommaso del capoluogo di Piazza (75 m.), si disperdono subito nelle campagne e nelle innumerevoli borgate sparse sulla collina e anche sulle balze più alte della montagna, ben oltre i 500 metri. Alla confluenza dei torrenti Rio dei Boschi e Prino, quindi, proprio al centro di Dolcedo, non distante da dove sorgeva un fiorente mercato di olio e di vino, sorge ancora il Ponte dei Cavalieri di Malta che unisce le due parti del paese e che reca ancora oggi l’iscrizione con la data della sua costruzione, 1292 “Die 3 Juli”.

Per queste sue caratteristiche legate alla produzione dell’olio, Dolcedo conobbe, a partire dal Medioevo, un’era di benessere e ciò le fece attribuire, a partire dal Trecento, l’appellativo di Conca d’Oro, dalla cui versione latina Vallis Aurea deriverebbe il toponimo Valloria attribuito alla vicina località nota per le famose “porte dipinte”. Ogni anno, in estate, artisti affermati dipingono le porte del borgo come altrettante tele: oggi si contano così più di settanta opere d’arte a cielo aperto e Valloria è entrata a buon diritto nel circuito dei paesi dipinti d’Italia.

Badalucco, dove trovi l’arte camminando

Si prenda un tipico borgo medievale dell’entroterra della Riviera dei Fiori; lo si immagini con le tipiche case di pietra affacciate su stretti vicoli e a passaggi coperti, con un castello, con un paio di ponti tardomedievali e naturalmente una bella chiesa.

Niente di strano, si dirà. Ma se questo borgo è posto nella media valle Argentina e si chiama Badalucco allora una simile descrizione è sì giusta, ma incompleta. Perché dal 1993 i muri dei suoi vicoli ospitano uno spaccato della più interessante cultura figurativa italiana di fine Novecento. Si tratta di una vera e propria galleria di opere d’arte a cielo aperto, ma forse sarebbe più corretto dire a “borgo aperto”, una mostra permanente disseminata lungo gli anfratti del cuore antico di Badalucco, sempre visitabile.

Murales, graffiti, opere di ceramica, sculture e dipinti animano il centro storico, creando una sorta di effetto “matrioska”, dove queste opere d’arte contemporanee sono perfettamente integrate, e allo stesso tempo stimolatrici di un’inevitabile dialettica estetica, con la medievalità dell’architettura del borgo ligure.

In più, a questa galleria d’arte all’aperto rappresentata dall’intero paese, si affianca un’affascinante galleria al chiuso ricavata nei suggestivi spazi dei seminterrati del palazzo municipale, dove eventi espositivi si susseguono con continuità cadenzata. E sono proprio queste sale che ospitano ormai da qualche anno il Badalucco Art Festival, nel quale si raccolgono opere e creazioni di artisti contemporanei di tutta Italia.

 

Testo e foto di Enrico Bottino

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