Mongolia: un mondo oltre il nostro mondo

22 maggio 2020 - 14:00

Giorno 10 – da Ulan Bator a Genova

È tempo di rientrare. In tanti mi hanno chiesto: “Ma perché sei andata in Mongolia?? Che poi da vedere cosa c’è??”
Oltre ad avere un debole per la natura incontaminata, motivo e risposta sufficiente per intraprendere un viaggio in questo Paese di straordinaria bellezza paesaggistica, alla seconda domanda mi verrebbe da rispondere “NIENTE”. È che la Mongolia non è un posto da “vedere”, è un posto da vivere.

Considerare questa meta esclusivamente per i panorami mozzafiato sarebbe comunque un errore, perché la cultura mongola e la storia del suo impero, costruito dal leggendario Gengis Kan, meritano un approfondimento. Forse non tutti sanno che per il Washington Post è “l’uomo del millennio” e secondo una ricerca dell’American Journal of Human Genetics circa 17 milioni di persone nel mondo discendono direttamente da lui.

Ma c’è di più. Ho letto che “quando si torna da un viaggio in Mongolia si torna più completi, lucidi, consapevoli, spirituali. Non si ha più bisogno di ingannare nessuno, tanto meno se stessi. Con i suoi spazi e le sue gentili creature, è la purificazione del corpo e dell’anima” (F. Pistone, Il Ghepardo e lo sciamano).

È così. La Mongolia ti costringe a guardarti dentro. A ricordarti l’essenziale. A tornare al cuore delle cose. Ecco perché la Mongolia è un posto da vivere. E allora una domanda ve la faccio io: “perché non siete ancora andati in Mongolia?”

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