Novarese: nella terra tra due fiumi

19 marzo 2020 - 13:09

Il nostro Paese mette d’accordo tutti quando si parla di sapori. Un’interpretazione dell’Unità d’Italia fuori dagli schemi, dove gesta epiche, vittorie, cospirazioni ed esili di quegli anni fatidici lasciano spazio per una volta a un comprimario della storia dell’Ottocento, il gusto. Se però curiosiamo “dietro le quinte” ci accorgiamo che i nostri eroi del Risorgimento non erano solo semidei ma anche buone forchette. Il primo re d’Italia metteva in imbarazzo i commensali preferendo a piatti raffinati, cibi più rustici da bagnare con barolo e barbaresco.

Diplomatico abilissimo, anche Camillo Benso Conte di Cavour era appassionato di buona tavola oltre che di buona politica: scriveva il padre Michele alla moglie “Tuo figlio è un curioso originale (…). Ha pranzato onorevolmente: grossa scodella di zuppa, due belle e buone cotolette, bollito, (…), riso di Leri, patate, fagioli, uva abbondante (…)”.

Scendendo nell’ordine sociale scopriamo che ogni camicia rossa militante nelle truppe guidate da Giuseppe Garibaldi, o ispirate ai suoi ideali, non disdegnava un sorso di vino, rosso naturalmente. Lo stesso eroe dei due mondi è stato il più importante testimonial del Ghemme, oggi meglio conosciuto come Vino del Risorgimento. Bottiglie della vendemmia del 1861, anno della proclamazione dell’Unità d’Italia, sono state ritrovate integre e murate nelle pareti del Castello Cavenago presso Ghemme. Appartenevano ai proprietari di allora perché proprio nei loro vigneti si coltivavano le uve del nobile Ghemme.

Al vino più famoso del novarese sarebbe stato dedicato anche un celebre manifesto risorgimentale, in cui sotto il neonato vessillo tricolore la maschera di Milano, Meneghino, esterna a Gianduja, maschera di Torino, il desiderio di festeggiare la liberazione dagli Austriaci con un calice di Ghemme: “lumbard, adess Gianduja podaremm andà a bev in sul post el vin de Ghemm”.

Sono trascorsi più di 150 anni da allora e nella provincia di Novara la fratellanza del vino e del cibo perpetua una varietà di profumi e boutique di sapori antichi e unici. La piana irrigua novarese, caratterizzata e fortemente condizionata dalla risicoltura, trova tutti d’accordo quando ci si siede a tavola per saggiare formaggi come il gorgonzola dop, il fidighin e il salame della duja, i biscottini di Novara e altre leccornie accompagnate dal buon umore dei commensali dato da un bicchiere di Ghemme Docg.

Siamo ora consapevoli che Novara nella storia del Risorgimento non può essere ricordata solo per fatti d’armi, come la cocente sconfitta subita nel 1849 dall’esercito sabaudo, oppure per la Basilica di San Gaudenzio e la famosa cupola neoclassica a pinnacolo, 121 metri in mattoni scelti personalmente da Alessandro Antonelli, l’architetto della Mole di Torino. Novara risorgimentale ha trasformato una sconfitta militare in una vittoria turistica per tutto il territorio, lanciando le sue bellezze artistiche e architettoniche, i suoi paesaggi, i suoi vini e piatti tipici.

Outdoor: trekking, nordic walking 
e Vie Verdi

Mangiare è un piacere, il movimento però fa bene, allora abbandoniamo l’auto per fare quattro passi per conciliare il benessere fisico e il rispetto per l’ambiente, lungo il Sentiero Novara, 200 chilometri articolati in 19 tappe messe a punto dalle sezioni del CAI in collaborazione con Provincia e ATL di Novara.

E non sorprendiamoci nel trovarci immersi in vaste praterie e brughiere, in un paesaggio a tratti sorprendentemente somigliante alla savana africana: stiamo semplicemente camminando nell’ambiente dall’indubbio fascino della Riserva Naturale Orientata delle Baragge. In base all’intensità e difficoltà, le possibilità di scelta sono tante per praticare nordic walking. La rete di percorsi realizzati dall’ATL, con la collaborazione dei Comuni e della Provincia di Novara, consente di fare attività fisica lontani dal traffico delle strade ordinarie, con una varietà di itinerari per tutte le età, integrati con il trasporto pubblico e con l’ospitalità diffusa, dagli alberghi alle aziende agrituristiche.

Il novarese inoltre offre una valida alternativa al camminare: 56 chilometri di piste ciclabili lungo le alzaie di tre importanti canali irrigui che rappresentano l’asse portante della mobilità “dolce”. Queste vie d’acqua si insinuano nei larghi orizzonti della pianura del novarese per irrigarne le risaie.

Gli itinerari interessano le sponde dell’ottocentesco Canale Cavour per circa 27 chilometri da Recetto al Parco del Ticino di Galliate; il Canale Regina Elena per circa 12 chilometri (Novara, Cameri, Bellinzago) e il Diramatore Vigevano lungo i territori di Galliate, Romentino, Trecate e Cerano. La Regione ha peraltro in progetto la realizzazione dell’ampiamento della pista ciclabile che correrà lungo le sponde del Canale Cavour da Chivasso alle porte di Novara (vedi articolo)

Pedalare nella terra tra due fiumi, il Sesia e il Ticino, rappresenta un esercizio piacevole e sano, il modo ideale per scoprire gli aspetti di eccellenza del novarese e lanciare uno sguardo diverso sui beni artistici e monumentali degli anni risorgimentali, avvicinandosi per gradi alla città dove Carlo Alberto abdicò in favore di Vittorio Emanuele II dopo la grande sconfitta contro gli austriaci del 23 marzo 1849, dalle cui ceneri prese il via il Risorgimento.

Testo di Enrico Bottino

 

 

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