Genova, trekking in città: creuse de ma

Ritagli di cielo, si aprono lassù, quando lo sguardo abbandona le linee verticali e buie delle case e si spinge oltre rivoli di muri, verso sprazzi di luce modulati da panni e lenzuoli svolazzanti, appesi ad asciugare su corde tese da una finestra e l’altra.

20 maggio 2019 - 12:05

È facile perdersi nei carruggi di Genova, il centro medioevale più grande d’Europa. Scoprire a piedi i suoi vicoli, stretti e bui, che ricordano certi budelli della medina di Marrakech, è la soluzione migliore e più suggestiva.

Genova è una città che si svela lentamente. Controversa, dalle forme insolite e dai colori abbaglianti. Affascinante, non smette mai di stupire anche chi ci vive da più di trent’anni.

Genova, vecchia ma ancora superba signora che si è scrollata dalle spalle la polvere che la ricopriva e celava appena la sua disarmante bellezza.

 

Il treno è il miglior approccio per avvicinare la Superba; in piazza Acquaverde, dove si affaccia la stazione Principe (la più antica di Genova, l’altra è Brignole) il primo incontro è con la statua di Cristoforo Colombo, scopritore delle Americhe.

Per entrare nel cuore dei carruggi basta scendere gli scalini, ripidi e veloci, di Salita S. Giovanni, che separano dalla Commenda di Prè, complesso religioso che secoli passati dava conforto e ospitalità ai pellegrini diretti in Terrasanta.

Via di Prè, tra sguardi di bottegai, cartomanti, ragazze di vita e genti di culture e religioni diverse, conduce all’ingresso di ponente della città: porta dei Vacca. Si percorre via del Campo e una canzone carica di emozione torna in mente: “nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi”.

Così cantava la sua città il cantautore genovese, Fabrizio De André.

Oltrepassata piazza Fossatello si prosegue in via San Luca. La luce si impadronisce brevemente delle prospettive in piazza Banchi: la chiesa di San Pietro pare sospesa sopra botteghe e laboratori di orafi.

Ai banchi di notai e cambiavalute, che nel medioevo favorivano le transazioni fra mercanti, fanno oggi riscontro quelli poveri ma vivaci degli ambulanti senegalesi, disposti proprio dinanzi a quello che un tempo rappresentava il fulcro delle attività commerciali della città: la Loggia dei Mercanti, sede nell’Ottocento della prima Borsa Valori italiana.

Proseguendo lungo via degli Orefici, fino a Campetto, dove i fabbri battevano il ferro finché, nel XVI secolo, la famiglia Imperiale decise di trasformare il sito in una piazza residenziale, si giunge nella vicina piazza Soziglia e allo storico Caffè Klainguti, meta abituale di Giuseppe Verdi, goloso di brioche, cittadino onorario di questa città dove trovò ispirazione per comporre una parte di Aida.

Dopo tanto camminare, è facile lasciarsi andare davanti alle vetrine colme di cioccolatini, dolciumi e sapori. Una nuova indecisione sopraggiunge, costretti a scegliere una delle vie parallele che raggiungono piazza Fontane Marose: Macelli di Soziglia o la più raffinata via Luccoli, tirata a lucido ultimamente.

Senza fare torto a nessuna delle due si prende per Vico Casana, dove sta la più antica tripperia di Genova, per poi sbucare in Via XXV Aprile e nel “salotto cittadino” di Galleria Mazzini, coperta e illuminata da quattro grandi lampadari in bronzo.

 

Parallela, via Roma – delimitata da palazzi neoclassici finemente decorati – sale verso piazza Corvetto, dove si erge al centro il monumento equestre di Vittorio Emanuele II e, poco distante, quello di Giuseppe Mazzini. Dalla piazza, trafficato crocevia della città, si scende lungo Salita Santa Caterina fino a piazza Fontane Marose.

Lungo via Garibaldi, strada che incantò Rubens, si trovano alcuni dei più bei palazzi aristocratici della città, che portano i nomi delle famiglie nobili di Genova.

Percorrendo via Lomellini, lasciato alle spalle palazzo Grimaldi della Meridiana, si raggiunge piazza della Annunziata, dove si affaccia la chiesa della Santissima Annunziata del Vastato, trionfo del barocco genovese.

Ultima salita, ultima meraviglia. È via Balbi, nome della potente famiglia di finanzieri e commercianti che nella prima metà del Settecento commissionò i maestosi palazzi ancora affacciati sulla via, oggetto di un recente quanto felice recupero.

Palazzo dell’Università, palazzo del Levante, palazzo Balbi-Senarega e, soprattutto, palazzo Reale, sede della Galleria Nazionale e custode di un magnifico giardino pensile, capace di regalare una veduta d’insieme sul porto Vecchio e la sottostante Via di Prè.

Ecco nuovamente piazza Acquaverde e Cristoforo Colombo. Ma non è finita qui, perché via Andrea Doria può riserbarvi ancora una sorpresa: Palazzo Doria del Principe, recentemente riportato all’antico splendore.

 

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