Perù: sulle tracce dell’Impero del Sole – Parte uno

18 marzo 2020 - 12:40

La magia avvolge ancora le antiche pietre che gli Incas hanno lasciato, per l’eternità, tra gli scenari delle Alturas andine, a testimonianza delle grandezza di questo popolo sterminato dagli uomini venuti dal mare in nome di un dio avido soltanto di oro.

Il Perù è la culla dell’Impero del Sole, dei leggendari Incas e delle misteriose civiltà preincaiche; un susseguirsi ininterrotto e misterioso di tracce del passato, che riemergono con tenacia, sopravvivendo ai devastanti saccheggi e alle spietate distruzioni dei conquistadores spagnoli.

Una striscia di terra che corre lungo la costa, affacciandosi sull’Oceano Pacifico, fiancheggiata per tutta la sua estensione dalla Cordilliera de los Andes, uno dei maggiori e più affascinanti complessi montuosi del mondo. Un paese di rara varietà ambientale dove convivono la maggior parte degli ecosistemi del pianeta.

L’anima antica e fiera del Perù sopravvive, a stento, negli sguardi intensi dei quechua, diretti discendenti degli Incas, nei colori sgargianti dei mercati brulicanti di vita, nelle millenarie pietre di città e palazzi dell’Impero del Sole, nelle antiche tradizioni che scandiscono ancora la quotidianità degli indios,  affidando il loro destino alla Pachamama, la Madre Terra, e al dio Inti, il Sole. Un’anima profondamente ferita dai conquistadores, che non solo hanno saccheggiato e conquistato queste terre, ma hanno cercato di eliminare per sempre una cultura millenaria, estirpandone le redici.

Se si vuole percepire lo spirito antico degli Incas, intuire la grandiosità del loro impero, è necessario lasciare parlare le maestose e possenti pietre, che fiere e imperturbabili, restano saldamente radicate alla terra, preziose  testimonianze del passato che racchiudono antichi misteri, e attraverso il loro eterno silenzio, sanno raccontare storie millenarie di uomini e dei.

Arequipa – la “ciudad blanca” dei conquistadores

Il grande impero del Sole ebbe termine nel 1535 ad opera degli spagnoli, con la cattura dell’ultimo Inca Atahualpa. All’arrivo di Francisco  Pizzarro il regno era al culmine del suo splendore, ma dilaniato da una guerra fratricida per la successione tra i due Inca Huascar e Atahualpa.

Gli spagnoli, in un tempo incredibilmente breve, devastarono e annientarono per sempre l’Impero degli Incas (di Tawantìnsuyuq). Da quel momento i segni incisivi della colonizzazione spagnola travolsero tutto il paese: ovunque sorsero monumenti, chiese e città dei conquistadores.

Arequipa è il simbolo più evidente del colonialismo, fondata  nel 1540 e soprannominata la “ciudad blanca” per il colore dei suoi splendidi edifici costruiti  in pietra vulcanica bianca detta silar. Conserva l’impianto urbanistico tipico delle città spagnole con al centro la grande Plaza de Armas, vicoli stretti e abitazioni caratteristiche, chiese, conventi e monasteri che ricordano in modo inequivocabile il dominio del cattolicesimo su ogni cosa.

Non solo l’ architettura della città rappresenta il regno incontrastato dei conquistadores, anche gli abitanti sono e si sentono profondamente spagnoli, al punto che stanno chiedendo l’indipendenza dal Perù per divenire “repubblica autonoma”.

Orizzonti preincaici

Se Arequipa è la manifestazione più tangibile del colonialismo, e Lima è ormai una metropoli completamente occidentalizzata, lasciando le grandi città, è possibile raggiungere il cuore più antico del Perù, seguendo i sentieri reali e immaginari, fantasiosi e misteriosi, degli antichi popoli del Sole.

Il viaggio sulle tracce delle civiltà preinaiche ci porta tra i paesaggi desertici della penisola di Paracas, dove le dune modellate dal vento si susseguono fino alle scogliere a picco sul mare, conservando i segreti dell’antica cultura preincaica di Paracas. Qui, durante gli anni Cinquanta del secolo scorso, furono scoperte numerose tombe familiari dette cavernas, che nel loro insieme formano una misteriosa necropoli, segnata sulle pietre e sulla sabbia da un grande candelabro alto circa 50 metri che è rimasto, nel tempo, impresso nel deserto in modo perfettamente intatto.

Dalle cavernas furono rinvenute più di 400 mummie, alcune con evidenti segni di trapanazione del cranio, usanza di questo antico popolo. Da Paracas, percorrendo la Panamericana verso sud, si raggiungono i territori di un’altra importante cultura preincaica, quella di Nazca, che si sviluppò tra il 200 a.C. e il 600 d.C.

Il mistero più grande di questo popolo è costituito da un’ immensa rete di linee tracciate a mano sulla sabbia e sulla ghiaia del deserto, le linee di Nazca, un’opera grandiosa che a tutt’oggi costituisce uno degli enigmi più affascinanti della storia dell’archeologia.

Scoperti solo pochi decenni fa, perché visibili unicamente dall’alto, oggi è possibile ammirare questi giganteschi disegni che si snodano per un raggio di circa 500 Km², sorvolando la zona a bordo di un piccolo aereo ad elica, ma il mistero rimane: come fu possibile, nell’antichità, realizzare queste immense e perfette figure, senza poterle vedere se non sorvolando la zona?

Si susseguono disegni di animali come il condor, il colibrì, la balena, il cane, il pappagallo e il ragno. Piante dalle ampie ramificazioni, gigantesche figure geometriche e l’enigmatico astronauta. Numerose le interpretazioni di queste misteriose linee: un calendario cosmologico religioso usato dai sacerdoti Nazca, simboli rituali appartenenti al culto dell’acqua, elaborate piste di atterraggio, segnali per visitatori astrali…

Numerose le ipotesi e le interpretazioni, ma le linee restano ancora oggi un enigma.

Testo di Silvia Della Rocca, foto di Annalisa Natali, Federico Romussi, Vincenzo Moraldi, Silvia Della Rocca e Gianluca Pagnini.

Leggi anche le altre puntate del viaggio:

Perù: sulle tracce dell’Impero del Sole – Parte due

Perù: sulle tracce dell’Impero del Sole – Parte tre

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